LOTTARE
SI PUO’ , VINCERE SI DEVE
La
vertenza della Sala Borsa bolognese
Dopo alcuni anni di conflitto “a bassa intensità” e
un’accelerazione della lotta negli ultimi mesi, la vertenza Sala Borsa delle
lavoratrici e dei lavoratori della cooperativa Working titolare dell’appalto
per i servizi al pubblico della biblioteca centrale di Bologna
si è conclusa con un accordo migliorativo. Momento di svolta della
vertenza probabilmente è stato l’ultimo sabato di gennaio, quando le
lavoratrici e i lavoratori hanno scioperato dopo aver dato alcuni giorni di
preavviso e sono stati sostituite/i in massa dalla cooperativa : questa forma di
crumiraggio non solo è stata ampiamente stigmatizzata dalla stampa locale, ma
ha anche legittimato ( e obbligato ) le lavoratrici e i lavoratori ad adottare
la pratica di lotta dello sciopero “a sorpresa”, una pratica che poteva
rendere ingestibile il servizio, accelerando così la “moral suasion” del
Comune di Bologna nei confronti delle parti
a trovare un accordo al tavolo di trattativa.
L’accordo raggiunto prevede in quest’ultimo anno
d’appalto non solo una progressione economica ma soprattutto l’applicazione
della parte normativa del contratto (diritti come le maggiorazioni per
straordinario, i permessi studio ecc…)
e il riconoscimento dei diritti sindacali.
Questi due ultimi risultati hanno portato l’associazione
datoriale Confcooperative a non firmare l’accordo, dal momento che la legge 30
non prevede l’applicazione della parte normativa dei contratti per i soci
lavoratori di cooperative e la legge 142 demanda la regolazione dell’esercizio
dei diritti sindacali ad un accordo tra le parti che (guarda caso) le
associazioni datoriali stanno affondando.
Lo stato di “ minorità” nei diritti è il vero
problema dei soci lavoratori di cooperativa a Bologna (e presumo non solo a
Bologna) che lavorano nell’ambito di servizi pubblici esternalizzati. Ma così
come il capitolato d’appalto della biblioteca Sala Borsa, prevede una norma (
frutto della vertenza dei lavoratori) che obbliga i vincitori dell’appalto ad
applicare i contratti in tutte le sue parti, allo stesso modo è necessaria una
lotta, vuoi politica, vuoi sindacale, per avere un sistema di regole certe negli
appalti pubblici, per fare in modo che il ribasso negli appalti non sia un
ribasso sui salari e sui diritti dei lavoratori.
Queste regole dovrebbero prevedere: 1) la continuità del
lavoro in caso di cambio d’appalto; 2) come già detto, l’applicazione
integrale dei contratti; 3) last but not least
andrebbe imposta l’applicazione di contratti “congrui”, ovvero che
c’entrino qualcosa con i lavori svolti, mentre guarda caso negli appalti
vengono sempre applicati o il contratto Multiservizi (ex pulizie) o il contratto
del Commercio, ovvero i contratti economicamente più “poveri”.
Lottare per ottenere questi diritti è un piccolo ma
importante pezzo di quelle lotte contro la precarietà e per la stabilizzazione
delle lavoratrici e dei lavoratori che i comunisti devono promuovere in questi
anni.
Un decennio fa i padroni credevano nella teoria del
“prato verde”, ovvero nella precarizzazione del lavoro in luoghi che
presumevano non conflittuali come Melfi, o nei confronti di generazioni che
presumevano depoliticizzate o desindacalizzate.
La vittoria di Melfi e la nascita di lotte contro la
precarietà dimostrano che la compressione dei salari e dei diritti può portare
ad una rinascita delle lotte, l’esatto opposto dei desideri dei padroni.
E allora, come si diceva un tempo
Al lavoro e alla lotta, compagni !
Manfredi
Storaci, delegato Rsa Sala Borsa