Accordo
del pubblico impiego
Ancora
una volta un passo indietro per i lavoratori
di Antonino Marceca
Nella notte del 27-28 maggio dodici sigle sindacali - tra
cui Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Cisal, Confsal ed altri - hanno firmato con il Governo
un accordo che segna un grave arretramento per i lavoratori pubblici. In termini
salariali il “protocollo d’intesa” siglato prevede incrementi retributivi
a regime del 5,01% per ciascun comparto di contrattazione, assolutamente
insufficienti al recupero del potere d’acquisto dei salari. Si tratta di
incrementi peraltro differenziati per comparto in funzione del livello
retributivo. Gli incrementi lordi medi saranno di 120 € per il Parastato, 104
per la scuola, 100 per i ministeriali, 97 per la sanità, 90 per gli enti
locali. Di questi, lo 0,5% sarà destinato alla incentivazione della produttività
e quindi estrapolato dagli aumenti di base e distribuito come salario
accessorio, quota salariale sempre più utilizzata dai dirigenti di struttura
come strumento di potere discrezionale e clientelare. L’aumento medio netto in
busta paga si aggira intorno a 55 € e questo dopo 18 mesi di attesa di
recupero salariale.
A fronte di questo irrisorio recupero salariale le
contropartite sul piano dei diritti segnano un punto di non ritorno. Si dà via
libera da parte delle Ooss firmatarie ad una ulteriore riduzione degli organici
di almeno 60 mila dipendenti nei prossimi due anni attraverso il blocco del turn
over, infine si apre alla mobilità. Un quadro che Savino Pezzotta, segretario
generale della Cisl, è disponibile ad aggravare attraverso una “revisione dei
modelli contrattuali”, come previsto dal “Patto per l’Italia”. Luigi
Angeletti, segretario generale della Uil, da parte sua rassicura il presidente
della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, sulla tenuta del bilancio
dello Stato lasciando aperta la strada al taglio dell’Irap (che, detto di
passata, copre il bilancio della sanità), infine annuncia la revoca degli
scioperi. Dopo la firma del “protocollo d’intesa”, a differenza di quanto
sostiene Carlo Podda, segretario della Fp-Cgil, i metalmeccanici sono più soli
nella lotta contro Federmeccanica per il rinnovo contrattuale e nella lotta
contro i processi di delocalizzazione e di mobilità che investono le fabbriche.
Paolo Ferrero, della segreteria del Prc, appiattito sulla
maggioranza di Epifani in Cgil e sull’Unione di centrosinistra, giudica
l’accordo come una “sconfitta di Confindustria e di Berlusconi”. In realtà,
il Governo in cambio di 50 € ottiene l’apertura sulla mobilità e una
drastica riduzione del personale, chiude ogni possibilità di stabilizzazione
lavorativa per gli oltre 350.000 precari presenti nella pubblica
amministrazione, rende più flessibile e precario il lavoro nelle strutture
pubbliche. Non c’è dubbio che ad un aggravio delle condizioni del lavoratori
pubblici segue una riduzione della quantità e della qualità dei servizi
offerti alla cittadinanza. Saranno ancora una volta gli utenti lavoratori e le
masse popolari a subirne le conseguenze. E’ necessario si svolga, su richiesta
dei lavoratori e sotto il controllo dei delegati, il referendum di convalida del
“protocollo d’intesa”: occorre respingere nelle assemblee questo accordo,
chiedendo il ritiro della firma della Fp-Cgil e indicando in una vertenza
generale unificante di tutto il lavoro salariato, sostenuta dallo sciopero
generale prolungato, la strada per conquistare un reale recupero salariale, la
salvaguardia dei diritti, la difesa della previdenza, della scuola e della sanità
pubblica.
31.05.’05