Congresso Cgil

Per un documento alternativo

Per lo sviluppo di una coerente battaglia classista

 

di Franco Grisolia

 

Lo scorso 28 aprile una riunione nazionale di sindacalisti della Cgil  ha discusso l’ipotesi di un documento alternativo per il prossimo congresso (che dovrebbe svilupparsi tra l’autunno e i primi mesi del 2006) dando vita ad un coordinamento, per il momento non strutturato, che ha assunto il nome di “Rete 28 aprile (per l'indipendenza e la democrazia sindacale)”. Sulla base di un primo testo elaborato da cinque membri del Direttivo  della Cgil  (primo firmatario Giorgio Cremaschi) si stanno realizzando assemblee locali o regionali. Tutto ciò dovrebbe avere un suo passaggio centrale una assemblea nazionale nel mese di luglio, in cui affrontare appunto la prospettiva, su cui permangono, al momento, incertezze tra gli stessi 5. I militanti di Progetto Comunista sono in prima fila nella lotta per costruire una opposizione alla burocrazia dirigente della Cgil attorno ad un documento alternativo. Abbiamo presentato una mozione su questo tema allo scorso congresso nazionale del Prc (la dichiarazione di voto contraria fu fatta da un delegato della mozione 4, la cosiddetta “Sinistra critica”).

 

L’azione dei marxisti rivoluzionari nei sindacati riformisti

La nostra posizione di opposizione aperta alla burocrazia è in effetti una linea di principio, conforme al senso della battaglia dei marxisti rivoluzionari nei sindacati riformisti burocratizzati. Tale linea è stata elaborata in particolare da Lenin e dalla terza internazionale delle origini (su questo si possono consultare utilmente “l'estremismo, malattia infantile del comunismo” in particolare il capitolo “devono i rivoluzionari lavorare nei sindacati reazionari ?” e le “Tesi sull’azione comunista nel movimento sindacale” del IV congresso dell’Internazionale comunista; per quanto riguarda l'elaborazione della nostra organizzazione a partire da tali basi si può vedere “Proposta” n°8 maggio 1995 ). La concezione leninista indica per i rivoluzionari il compito di contestare la direzione delle organizzazioni sindacali ai riformisti, cercando di porsi come direzione alternativa e di costruire in questa battaglia centrale e nell'azione concreta nella lotta la coscienza di classe dei lavoratori, che è il compito fondamentale dei marxisti e la condizione per lo sviluppo dell’egemonia rivoluzionaria nel proletariato.

Per questo motivo, senza assolutamente disdegnare l'intervento nelle più piccole organizzazioni sindacali d'avanguardia (compagni di Progetto Comunista sono presenti nelle strutture dirigenti nazionali sia della Cub che della Confederazione Cobas che del Sincobas) il principale terreno di intervento sindacale è la Cgil, in quanto maggiore organizzazione della classe operaia italiana.

La prova del nostro atteggiamento la abbiamo data chiaramente allo scorso congresso confederale della Cgil nel 2002 quando il nostro compagno Bruno Manganaro, oggi segretario della Fiom di Genova, allora della Cgil Liguria, fu l'unico delegato a pronunciarsi contro l'ordine del giorno finale concordato tra le due mozioni che si erano confrontate tra gli iscritti, la maggioranza e la sinistra di “Lavoro e società”. D’altra parte trovammo non solo i leaders di “Lavoro e società”, ma anche la grande maggioranza di coloro che oggi partecipano alle riunioni di discussione sull’ipotesi di un documento alternativo, da Cremaschi a Danini, ai cosidetti “delegati del coordinamento delle RSU”, ai sostenitori di Erre (oggi mozione 4 - Sinistra critica- del Prc).

Le argomentazioni del voto contrario del compagno Manganaro erano centrate in particolare su due concetti: i limiti enormi della mobilitazione della Cgil contro il governo (gli “sciopericchi”) senza alcuna reale piattaforma unificante e l’individuazione della disponibilità di Cofferati a riaprire il terreno della concertazione con lo stesso governo Berlusconi sull’esempio di quanto fatto in Spagna dal sindacato a tradizionale direzione comunista “Comisiones Obreras” con Aznar.

 

La politica della Cgil oggi e la deriva di “Lavoro e società-Cambiare rotta”

Tale in effetti il bilancio vero di Cofferati come segretario della Cgil. La sua dipartita da tale incarico ha portato ad un lieve “spostamento a sinistra” sotto la guida di Guglielmo Epifani (in particolare col voto favorevole nel referendum sull’art 18, contro l’opinione dei dirigenti Cgil fassiniani e cofferatiani). Le ragioni sono sostanzialmente oggettive. Ogni ipotesi concertativa con Berlusconi si è rivelata impossibile, come ha dovuto riconoscere la stessa Cisl. Ma ciò non ha certo portato la Cgil ha rinunciare alla prospettiva della “concertazione”, ma solamente a spostarla su terreno del rapporto con la “nuova Confindustria” di Luca di Montezemolo e, un domani, con un nuovo governo di centrosinistra. La firma di contratti-bidone in varie categorie è una riprova di ciò; ultimo quello del pubblico impiego, rispetto al quale si è visto che la moderazione burocratica della Cgil fa premio anche sulla sua ostilità rispetto al governo Berlusconi.

In questo quadro generale si sta consumando l’esperienza del gruppo sindacale che vede in Giampaolo Patta il suo riferimento e che dirige Lavoro e Società. È un gruppo che ha al suo attivo il fatto di aver dato vita 21 anni fa, con la partecipazione dei più anziani tra i nostri compagni, alla prima area organizzata di opposizione in Cgil dal 1948, che aveva il nome di Democrazia Consiliare. Da allora è stato una progressiva marcia verso destra, cui si è opposta sempre e unicamente l’area dei compagni della Amr e delle organizzazioni che l’hanno preceduta, come dimostrano le nostre costanti prese di posizioni e documenti critici. L’unico momento di zig-zag a sinistra si è avuto rispetto al primo governo Prodi, quando quella che allora si denominava Alternativa Sindacale si espresse contro le varie “finanziarie lacrime e sangue”, pacchetto Treu etc, votate anche dal Prc mentre il settore bertinottiano, organizzato come “area programmatica dei comunisti in Cgil”, approvava quelle scelte. Oggi la deriva dell’area pattiana si esprime nella sua disponibilità ad un testo comune con la maggioranza confederale, bypassando i problemi reali: la concertazione e il rapporto col probabile nuovo governo di centrosinistra.

 

Le posizioni della “Rete 28 aprile”.

Tra coloro che oggi criticano questa scelta ci sono molti che per spirito di servizio a Bertinotti accettarono le sue scelte antioperaie negli anni ’90. Ma resta il fatto che le necessità di una battaglia congressuale quale si ipotizza pongono inevitabilmente a chi la sviluppa la necessità di demarcarsi dal centrosinistra. Espressione di ciò il primo testo prodotto dal gruppo dirigente della “Rete 28 aprile”. Citiamo solo alcune frasi:

“Lotta alla precarietà significa non solo abolire la legge 30 (…). Occorre rimettere in discussione tutti i processi di precarizzazione realizzati col pacchetto Treu”

“Non si tratta solo di abolire la legge Bossi-Fini.Si tratta di cambiare la logica della stessa legislazione del centrosinistra, a partire dall’abolizione di strumenti odiosi di repressione, quali i Cpt”

“Non si tratta quindi solo di cambiare politica rispetto alle scelte dell’attuale governo di destra, ma anche rispetto a quelle dei governi di centrosinistra”.

Si potrebbe continuare. In ogni caso quello che è chiaro è che ciò che caratterizza l’ipotesi di mozione alternativa è il basarsi su due assi: la lotta alla concertazione, vecchia e nuova, e l’indipendenza politica rispetto ad un futuro governo di centrosinistra. Ciò che si scontra con la linea bertinottiana. Ed infatti la maggioranza del partito, nonostante una storica aspra ostilità verso Patta e la sua area, si oppone, alle scelte di Cremaschi etc che, nei fatti, contrastano con il sostegno dato da questi compagni alle tesi bertinottiane nel recente congresso del partito.

 

Per una prospettiva classista e rivoluzionaria nella Cgil

Naturalmente, non si deve dare a queste posizioni un valore diverso da quello che hanno. Non si tratta di posizioni compiutamente classiste. La strategia proposta è quella di una indipendenza di classe sì, ma finalizzata a un “diverso modello di sviluppo” con un utopistico progetto di riforme radicali e sul terreno della lotta sindacale la rivendicazione di una coerenza di difesa dei lavoratori contro l’offensiva padronale e sul terreno contrattuale. Manca sia la concezione di un progetto anticapitalistico, sia l’indicazione degli strumenti di ricomposizione della classe e della sua battaglia, come la vertenza generale per il recupero salariale, l’abolizione delle flessibilità, il salario ai disoccupati, etc e sulle forme di lotta lo sciopero prolungato e l’occupazione delle aziende che licenziano. Tematiche che sono state al centro delle nostre proposte in tutta la vita della sinistra Cgil.

In un altro quadro di rapporti di forza e anche di regole congressuali (che impongono per la presentazione il sostegno di almeno 5 componenti del direttivo nazionale o di 75.000 iscritti) logica vorrebbe che su tali basi si desse vita ad una componente classista indipendente, che poi potrebbe allearsi in fronte unico con i sindacalisti riformisti radicali come Cremaschi. Ma questa prospettiva non è oggi matura. Per questo è importante la partecipazione dei militanti classisti e rivoluzionari al tentativo di costruzione del documento alternativo e di strutturazione intorno ad esso di una nuova sinistra sindacale e il loro impegno contro la possibilità, ancora presente, di una marcia indietro dei cinque (non tanto Cremaschi, che appare piuttosto deciso, quanto alcuni degli altri). A condizione naturalmente di comprendere che essi devono vedere nell’aggregazione un terreno di lotta per le proprie specifiche posizioni, ponendosi fin dall’inizio sul terreno della battaglia per l’egemonia politica e in funzione delle proprie prospettive generali, che sono l’unica garanzia non solo per il futuro della classe, ma anche per realizzare al meglio la difesa delle sue conquiste e dei suoi bisogni immediati.