Nero su nero

Ovvero le miserie delle amministrative in Sicilia

 

 

di Giacomo Di Leo, Vito Giunta, Fulvio Potenza (*)

 

I dati elettorali delle ultime amministrative svoltesi in Sicilia parlano chiaro: sia sul futuro dei lavoratori e dei cittadini della nostra isola, sia sullo stato attuale del Prc che di quel futuro dovrebbe essere protagonista attivo ed incisivo per il cambiamento del corso politico e sociale del nostro territorio.

Il centrodestra vince nei comuni più importanti del messinese, a partire da Milazzo, vince soprattutto a Catania ed in alcuni comuni del palermitano. A Messina si aggiudica l’Amministrazione di Milazzo, importante centro di insediamenti industriali; la vittoria in questo comune è determinata da una combinazione di fattori che si potenziano gli uni con gli altri: il forte potere clientelare del centrodestra e la debolezza della sinistra.

Il Prc di Milazzo, nonostante il sacrificio e la generosità dei militanti del circolo, perde consensi elettorali attestandosi all’ 1,86% dei suffragi pari a 399 voti. Nonostante la conferma del Consigliere comunale a Limina non si può non aprire una riflessione autocritica nella maggioranza del Partito.

Il Prc è assente in molti comuni della nostra provincia, e la cosa su cui riflettere è che subisce contraccolpi elettorali, laddove siamo presenti, a causa della mancanza di radicamento sul territorio e, in particolare, nei luoghi di lavoro.

Sarebbe ora di passare dalla declamazione puramente teorica delle strutture organizzative ad una loro applicazione; per tutelare l’ immagine del partito da eventuali campagne denigratorie dei nostri avversari, è necessario che la segreteria ed il segretario della Federazione di Messina chiariscano qual è la loro posizione rispetto alla nuova Amministrazione di Raccuia; chiediamo per la seconda volta (la prima richiesta di chiarimento l’abbiamo fatta nell’ultimo Cpf prima delle amministrative) se rispondano al vero le persistenti notizie diffuse dagli organi di stampa, secondo le quali il nostro Consigliere comunale (e futuro Presidente dello stesso Consiglio) entrerà in una maggioranza con esponenti del centrodestra capeggiata dal Sindaco Cono Damiano Salpietro, vicino all’Udc; ci auguriamo, per l’integrità del Partito, che la situazione politica di Raccuia possa essere chiarita.

A Enna, invece, vince un’alleanza di centrosinistra (in cui spiccano il diessino Crisafulli e il senatore della Margherita Lauria) più Rifondazione Comunista che, a dire della stessa stampa di sinistra, anticuffariana, ha fatto del trasversalismo il suo punto di forza.

Una campagna elettorale a base di salsicciate e di inciuci in salsa ennese e palermitana: si potrebbe ipotizzare che Totò non sia dispiaciuto del risultato elettorale?

Il candidato locale dell’ Udc, stranamente, non è stato supportato dai big nazionali e regionali nella sua campagna elettorale; il Polo era frantumato e, pertanto, il centrosinistra è riuscito a farcela, ottenendo buonissimi risultati: la giunta Agnello si avvarrà di ben dieci Consiglieri dei Ds, del partito del Vice-Presidente all’ARS Vladimiro Crisafulli, che ha ottenuto un grosso successo passando da 7 a 10 Consiglieri, e della Margherita che passa da 7 a 8 Consiglieri.

Come a dire: la maggioranza del Prc di Enna ha lavorato bene... per la Margherita e i Ds di Crisafulli.

I dati parlano chiaro: il Prc ennese non ottiene il consigliere comunale, raggiunge l’ 1,9% -pari a 381 voti- perde, quindi, consensi e nelle future giunte “pasticciate” perderà le proprie ragioni di classe.

A Catania si è vissuta una vera e propria disfatta.

Il Prc si è autodistrutto cedendo, come ampiamente annunciato, persino al PdCI che lo supera di circa mezzo punto percentuale (più di 600 voti di distacco). Grande rammarico provoca la presenza di circa 14 mila schede bianche e nulle, che testimoniano come i ben sette candidati a sindaco di destra (Bianco compreso) non raccolgano il disagio sociale né, tantomeno, il consenso di sinistra espresso alle ultime europee o anche alle precedenti amministrative e politiche.

Ma le cause della clamorosa sconfitta (il Prc scende dai 3.020 voti -1,9%- delle amministrative 2000, dai 4.670 -2,5%- delle politiche 2001 e dai 4.905 -3,5%- delle europee 2004, ai 2.143 -1,2%- delle amministrative 2005) sono da ricercare nella assoluta incapacità della dirigenza del Prc ad interpretare le esigenze delle classi sociali di riferimento.

Ai catanesi è stata manifestata la volontà dei dirigenti di trasformare Rifondazione in un Partito qualunque: ciò si è evidenziato con la gara per il “posto” di consigliere comunale, con l’ ambizione di strappare “l’assessore” a Bianco.

Se al tutto aggiungiamo un Bertinotti che ha sostenuto -nella sede della Cgil e davanti ai precari in lotta- l’ emendabilità della Legge 30 e non la sua abrogazione...

Quando si parla ai compagni elettori bisognerebbe avere il coraggio di proporre, e attuare, politiche severe e perseveranti di lotta alla Mafia, sia politica che, soprattutto, economica; offrire l’ esempio di assoluto distacco dai poteri forti e dai loro rappresentanti (Bianco, Latteri, Pistorio, Garofalo,...); garantire l’incorruttibilità del partito, oltre a quella personale dei singoli candidati e collettivamente dell’intera lista, nonché la prevalenza assoluta delle ragioni di classe su qualunque strategia utilitaristica.

A Catania tutto ciò non è avvenuto e la disfatta, ampiamente annunciata, è sotto gli occhi di tutti, anche di chi manifesta una gravemente colpevole sorpresa.

Quindi, tirando le conclusioni di questa tornata elettorale, si evince che il Prc si è scelto alle amministrative degli alleati, come la Margherita e i DS in particolare, poco riconoscenti dei “favori” avuti a Catania ed Enna. Ciò risulta anche dal mancato sostegno al Referendum per non confermare la soglia di sbarramento elettorale al 5% per l’ entrata in Assemblea Regionale; la consultazione referendaria che si è svolta in Sicilia il 15 maggio ha sancito, con la prevalenza dei SI, la conferma della Legge elettorale siciliana a suo tempo varata da un’ampia coalizione trasversale di cui hanno fatto parte proprio i Ds e la Margherita; ipocritamente i maggiori azionisti del centrosinistra hanno aderito al Comitato per il NO “senza muovere foglia”; difatti, con questo risultato, che ha visto prevalere la conferma della Legge elettorale, e che ha segnato anche una bassissima partecipazione popolare alla consultazione (circa il 16% di votanti), si è stabilito un ulteriore ridimensionamento del partito a livello istituzionale.

D’ora innanzi il Prc dovrà pregare gli “amici” DS e Margherita di fargli un “posticino”, un piccolo spazio istituzionale(come ha già fatto il dirigente Francesco Forgione): la subalternità già esistente ai maggiorenti dell’ Unione si trasformerà in una vera e propria resa politica a questi signori che, ancora una volta, hanno confermato di essere complici del sistema di potere dominante in Sicilia.

Progetto Comunista contesta la linea istituzionalista della maggioranza del Prc che perde di vista le ragioni di classe che hanno portato alla nascita del partito.

Non esiste un "caso Messina" o un "caso Sicilia", come spesso si dice: esiste un capitalismo dominante, una borghesia dominante, che in Sicilia percorre una via mafiosa per l’ accumulazione dei profitti; il “mancato sviluppo economico” della Sicilia è il suo sviluppo: ”Vuolsi così colà dove si puote”.

Progetto Comunista, sinistra interna del Prc, sostiene la priorità delle lotte sociali, come dovrebbe essere naturale per un partito che si definisce comunista, a partire, nella nostra isola, dalla Fiat di Termini Imerese e dal suo indotto, come ci rivelano drammaticamente le cronache di questi giorni. Fuori da qualsiasi dimensione provincialistica, bisogna pertanto creare nella nostra isola un blocco sociale anticapitalistico che unifichi il movimento dei lavoratori con precari e disoccupati, con tutti gli altri movimenti di lotta che difendono i bisogni sociali, come ad esempio il movimento no-global, i movimenti per la difesa dell’ ambiente, che si sono posti in evidenza con la vittoria delle lotte di Scanzano, i movimenti che difendono i proletari immigrati ed i diritti delle donne, oppresse dalla struttura sociale e culturale del neocapitalismo e del clericalismo (vedi leggi sulla procreazione assistita).

Solo in questa prospettiva la rappresentanza istituzionale, intesa come mezzo e non come fine, degli interessi autonomi e indipendenti (da qualsiasi schieramento politico borghese) del movimento dei lavoratori, ha una valenza politica alternativa al sistema dominante.

 

(*) dirigenti del Prc a Messina e Catania

 

(27 maggio 2005)