L'amianto alla Nexans

Una lotta operaia

 

 

di Cesare Castellani (*)

 

Nel 1963 a Borgo Piave di Latina nasce la Fulgorcavi, una fabbrica di proprietà di un imprenditore genovese il quale cessa l’attività a Genova. Navalcavi era il nome della fabbrica e si trasferisce a Latina.

La Fulgorcavi si colloca su sessanta ettari di terra, produce cavi elettrici e telefonici. Nelle sue lavorazioni trasforma le materie prime in prodotto finito, tant'è che si ritrova al suo interno la fonderia per la fusione del rame, il laminatoio per la trafilazione, il reparto mescole per la trasformazione delle materie prime in isolanti e guaine (gomma, resine, pvc) poi macchinari per la costruzione di cavi finiti.

L’ambizione dell’allora proprietà era quello di fare divenire il complesso una unità che avrebbe dovuto dare lavoro a circa 4500 lavoratori, ridottosi poi a 1200 per  la nascita di altre fabbriche gemelle nel Mezzogiorno (da Pagani a Scafati nel salernitano, una in Sicilia, ad Alessandria, ecc.). Un impero.

Di notevole importanza nel futuro della Fulgorcavi le lotte operaie del 1969 in cui, in sintesi, nel corso delle lotte per il rinnovo del Ccnl, la proprietà rompeva il fronte padronale di cui faceva parte (Assogomma) insieme a Pirelli, Ceat, Manuli, ecc. e a fronte di una grande richiesta di cavi da parte dell'Enel, della Sip e delle Ferrovie (tutte aziende a capitale pubblico) concludeva un accordo con il sindacato riconoscendo ai lavoratori il 5% in più di integrazione salariale di quello che sarebbe stato corrisposto con il rinnovo del Ccnl, e inoltre una riduzione dell'orario di lavoro da 48 a 42 ore. Ciò causò delle considerevoli acquisizioni di commesse pubbliche a discapito delle altre aziende sopra citate.

Per tutti gli anni Settanta si è lavorato a pieno regime ma agli inizi degli anni Ottanta matura la crisi. Una crisi finanziaria dovuta alla cattiva conduzione di molte altre fabbriche del gruppo che fa accumulare grosse perdite economiche le quali trascinavano anche la Fulgorcavi all'amministrazione controllata. Quindi si arriva all'intervento pubblico della Gepi (finanziaria pubblica) la quale dopo pochi mesi che gestiva la fabbrica denuncia su tutti i mass media profitti considerevoli sfatando di fatto quel luogo comune che vedeva la stessa fallimentare in tutti quei siti industriali dove metteva piede.

Il periodo che rimase nella gestione della fabbrica fu di cinque anni e venne impedita una proroga di altri 4 anni per il carattere pubblico della stessa. Quindi la cessione alla Manuli la quale con una operazione speculativa la cedeva all’Alcatelcavi.

Sul periodo di gestione della Gepi si possono fare alcune considerazioni favorevoli per i lavoratori. Intanto il salario che nella fase precedente era stato notevolmente ridotto viene recuperato in modo sostanziale, in quella fase di transizione la stessa Gepi fa forti investimenti su nuove produzioni: installa un prototipo di macchina che servirà per la costruzione di cavi di alta tensione, adibisce un intero reparto per la formazione di fibre ottiche, rinnova completamente il reparto mescole e quindi bonifica interamente la copertura di un capannone dall’amianto e da ultimo trova un accordo al Ministero del Lavoro con tutte le parti sociali che stabilizza il numero dei lavoratori all’interno della fabbrica in 763 unità -numero storico che verrà poi totalmente disatteso (si concluderà dopo varie ristrutturazioni fatte poi con l'Alcatelcavi in circa 250 unità).

Nel 1993 si ha l'accordo sindacale che tramuta il salario collettivo in salario individuale riducendo così il salario delle giovani generazioni in modo sostanziale (350mila lire), premio di produzione , nocività ,ecc. Passavano prima dell'assunzione delle nuove generazioni in una tantum ad personam e da lì quindi l’espulsione dei lavoratori anziani poi di seguito la perdita di produzioni importanti come la telefonia tutta in ultimo le fibre ottiche e da lì il cambio del nome della fabbrica in Nexans spa.

Quale ruolo in questo lungo periodo ha tenuto il sindacato? Solo una parola ci viene da dire: concertazione! Una lunga storia di arretramenti della classe operaia che in questi ultimi decenni ha visto ridimensionare la sua composizione quantitativa e l’egemonia politica e sindacale che in passato aveva espresso in fabbrica. Un arretramento che va ricercato nella costante collaborazione di classe delle burocrazie sindacali e politiche che sulla pelle degli operai hanno consumato innumerevoli accordi con il padronato. La fabbrica, la ricchezza prodotta da enormi sacrifici dei lavoratori dovrebbero essere di proprietà dei produttori e non di imprenditori che, incuranti persino delle più elementari norme di tutela della salute, hanno realizzato ingenti profitti attaccando costantemente la classe operaia anche nella sua integrità fisica.

Per concludere va messa in risalto la nascita e l'autorganizzazione di un comitato di operai che hanno intrapreso anche una azione giudiziaria per farsi riconoscere un risarcimento contributivo così come prevede la legge per l’esposizione all’amianto. Una vertenza che acquista, tanto più oggi, un importante contenuto per la nuova generazione operaia, per il rilancio di un protagonismo dei lavoratori che vogliono riprendere in mano il loro futuro. Un sentito ringraziamento al compagno avvocato Ruggero Mantovani, dirigente di Progetto Comunista, per l’impegno e la determinazione nell'aver portato avanti insieme a noi questa battaglia, sia in termini politici che legali.

 

(*) operaio della Nexans Spa