Napoli:
le lotte contro la privatizzazione dell’acqua
Fermiamo
gli espropriatori
di Cristiana Boscarelli e Luca Scafoglio
Pochi giorni fa Montezemolo ha ricordato all’assemblea
della Confindustria che la piena “liberalizzazione” dei servizi costituisce
la nuova frontiera della modernizzazione italiana: vale a dire, un campo da
consegnare definitivamente e completamente agli speculatori e alla legge del
profitto. È una battaglia che si gioca principalmente a livello locale. Qui le
amministrazioni, indifferentemente di centrodestra o di centrosinistra,
archiviata la stagione delle municipalizzate, si affidano a S.p.a. destinate,
dopo una più o meno breve fase di partecipazione pubblica, alla piena
privatizzazione. Oggi, in Campania, è la volta dell’acqua.
I progetti di svendita del
settore idrico
Lo scorso 23 novembre, il consorzio dell’Ato 2 ha
avviato la privatizzazione del Servizio idrico integrato (Sii) nelle province di
Napoli-Nord e Caserta. L’assemblea ha approvato la costituzione di una S.p.a.,
con un ingresso iniziale dei privati al 40%, per poi arrivare nel giro di due
anni alla cessione del rimanente 60%. Che cosa sono gli Ato? Alla metà degli
anni Novanta, la Legge Galli ha inteso unificare i servizi idrici dei comuni di
un medesimo territorio negli Ato (Ambiti territoriali ottimali): una
razionalizzazione del tutto preliminare, come si è visto in seguito, alla
privatizzazione delle risorse idriche. In Campania, l’Ato 2, il più grande
d’Italia, comprende 136 comuni, presenti in assemblea con i loro delegati.
Quanto accade oggi viene da lontano e costituisce solo il
punto di arrivo di una scellerata politica di privatizzazione del settore-acqua,
cioè di sorgenti e acquedotti. Già un anno fa, lo scorso maggio, il Cda.
dell’Ato 2 rendeva noto, in un convegno pubblico, il progetto di svendita,
senza che si levasse alcuna opposizione. Ciò rispondeva, del resto, a
specifiche delibere di indirizzo, approvate dalla Regione Campania nel periodo
2002-2003, e aveva luogo dopo la privatizzazione dell’Ato3 (Napoli-Sud),
avvenuta, anche questa, nel silenzio più generale. Un’operazione, quella
della conquista degli Ato da parte dei padroni, resa più appetibile dalla
prospettiva di accaparramento dei Fondi europei di Agenda 2000. Non cambia la
logica delle privatizzazioni: accaparramento di risorse pubbliche,
privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite (i debiti attuali
che rimarranno ai Comuni).
Ma non sono solo gli Ato (quindi i servizi idrici
comunali) in gioco. La stessa Regione, ancora, si è resa responsabile, con una
delibera del dicembre 2003, della cessione dell’Acquedotto Campano a Eni-Acqua,
una controllata del gruppo Eni (dunque dal Ministero del Tesoro). Eni-Acqua, a
sua volta, è poco più di un paravento, dietro il quale si nasconde un nuovo
affare per i padroni: trasformatasi in Acqua-Campania, già si prepara
all’ingresso di privati, a partire dallo stesso Caltagirone, presente nell’Ato
3, e socio dell’Acea, la S.p.a. multiservizi del Lazio. La stessa
Acqua-Campania, poi, è tra i candidati più agguerriti all’acquisizione
dell’Ato 2.
Si prospetta, dunque, la formazione di un nuovo monopolio.
Col pretesto di ridurre gli sprechi, l’acqua diviene occasione di profitto per
gli speculatori che stanno entrando nell’affare, mentre a farne le spese
saranno, come sempre, le classi popolari - che dovranno sopportare i prevedibili
aumenti delle bollette - e i lavoratori del settore, che stanno già andando
incontro alla precarizzazione dei rapporti di lavoro, con esternalizzazioni e
smembramenti.
Centrosinistra e Prc: un
bilancio delle responsabilità
Tutto ciò avviene sotto la regia del centrosinistra
campano, che governa Comune e Provincia di Napoli e ha in mano lo stesso governo
regionale con Bassolino, il cui sistema di potere è sempre più punto di
raccordo tra interessi forti, in una sostanziale sintonia con le forze di
centrodestra - a conferma del fatto che la logica dell’alternanza è tutta
interna alla rappresentanza organica del padronato.
Non sorprende, in questo contesto, la linea tenuta dal Prc,
preoccupato, ancora una volta, di non disturbare il manovratore. Dopo il
colpevole silenzio tenuto per tutti questi anni - in cui la privatizzazione è
proceduta con l’avallo, di fatto, del gruppo dirigente provinciale e regionale
- una volta che proteste spontanee hanno sollevato il caso, ci si è limitati,
sotto la pressione della base, ad agitare la questione durante la recente
campagna elettorale, senza mai fare della lotta alle privatizzazioni una reale
discriminante politica, e dunque chiudendo al tempo stesso un nuovo accordo con
Bassolino ed entrando nuovamente nella sua Giunta, nella subalternità più
totale. Ci si è dimenticati, evidentemente, tra l’altro, della ferita aperta
costituita dalla costruzione dell’inceneritore di Acerra - imposta dal patto
d’acciaio di Bassolino con Fibe-Fiat - e portata avanti con la
militarizzazione del territorio, culminata nella repressione di massa dello
scorso 29 agosto, una linea già costata l’allontanamento di significativi
settori di proletariato dal Partito. Ci si rifiuta, ancora, di operare un serio
bilancio delle politiche della formazione e del lavoro, persino ora che il bluff
dei centri dell’impiego, istituiti e gestiti in modo aziendalistico e privi di
una reale capacità di contrasto alla disoccupazione, è sotto gli occhi di
tutti.
L’intervento di Progetto
Comunista
Il Prc si limita, così, a rinviare la soluzione della
questione acqua ad una ipotetica legge regionale, che, a cose già fatte,
dovrebbe garantire un ritorno al pubblico. È l’ennesimo specchietto per le
allodole: aspettare che la privatizzazione si compia, per poi proporre, a quelle
stesse forze del centronistra che hanno portato avanti l’intera operazione,
una legge di senso opposto! Si tratta di una proposta quantomeno fuorviante,
dato che le delibere su Ato 2 ed Eni devono essere ancora attuate ed è dunque
possibile e necessario lottare per il loro immediato ritiro. Quest’ultima, del
resto, è la piattaforma su cui si stanno raccogliendo le istanze di movimento,
che, dopo una prima fase di propaganda sulla questione, si preparano alle
mobilitazioni decisive in vista del 30 giugno, giorno dell’avvio del bando di
gara, con l’apertura delle buste.
I “Comitati Civici per la difesa dell’acqua”, dalla
composizione estremamente eterogenea, hanno avuto l’indubbio merito di
denunciare l’ennesimo esproprio di un servizio pubblico, in una fase in cui
tutte le forze politiche istituzionali erano interessate a mantenere, sulla
questione, il più assoluto silenzio. Oggi si impone, però un salto di qualità.
Di fronte all’arroganza dei padroni e delle istituzioni al loro servizio è
necessario andare ad un pieno coinvolgimento dei movimenti di lotta napoletani e
della regione. Insieme con altri nuclei della sinistra di classe, con militanti
di base del Prc, soprattutto lavoratori del settore, ma nella totale assenza del
Partito stesso, l’Amr Progetto comunista di Napoli, attiva nei Comitati sin
dall’inizio, lotta per una opposizione reale e di massa alla privatizzazione
dei servizi idrici, e la costruzione, nei movimenti, di una posizione
anticapitalista e di classe, che non si limiti ad evocare la costituzione di una
S.p.a. totalmente partecipata da enti pubblici, ma ponga l’obiettivo del
ritiro delle delibere in questione nel quadro di una reale ripubblicizzazione,
sotto controllo dei lavoratori, del settore-acqua, così come degli altri
servizi privatizzati negli scorsi anni.
Napoli, 29/05/2005