Per
un polo di classe anticapitalista in Grecia
Intervista
a Savas Michael Matsas, dirigente dell’Eek
di
Alberto Airoldi e Fabiana Stefanoni
Dopo
vari anni di governo socialista, in Grecia ora governa la destra. Quali
cambiamenti credi possa portare il nuovo quadro politico? Lo
scorso governo dei socialisti del Pasok era ormai politicamente allo sbando,
anche per l’impatto della crisi capitalistica e le pressioni dell’UE. Le
politiche reazionarie del governo hanno prodotto la rabbia della popolazione che
ha quindi cominciato a guardare con favore alla destra. Questo fa sì che il
nuovo governo delle destre sia “debole”, nel senso che basa la propria
vittoria elettorale essenzialmente sullo scontento della popolazione.
Attualmente il governo cerca di stabilizzare se stesso e di mantenere un profilo
basso, senza accelerazioni delle politiche reazionarie. Ma la situazione
oggettiva non rende possibile un’operazione del genere. Emblematico da questo
punto di vista è il fatto che è stata invitata la Nato per la sicurezza in
occasione dei giochi olimpici, con la conseguente militarizzazione. Il punto più
dolente per il governo è quello che concerne la riforma delle pensioni. In
conseguenza della grave crisi fiscale si è prodotto un grande deficit. Il
governo ha intrapreso una politica d’austerità e nel 2001 c’è stato il
primo tentativo di riforma delle pensioni, che è stato contrastato con un
grande sciopero generale. Ora la destra è obbligata dall’UE a ritentare la
riforma. Ciò provocherà esplosioni sociali. Un secondo elemento di
destabilizzazione è rappresentato dalla guerra in medioriente. Il 22 aprile
c’è stata una grande manifestazione: l’80% della popolazione è contraria
alla guerra. Significativo è il fatto che il piano Onu su Cipro, sostenuto
anche da Partito della Sinistra Europea, trova la contrarietà dell80% dei
Ciprioti e della maggioranza di Greci e Turchi. Cipro diventerebbe una sorta di
protettorato come la Bosnia, con basi militari Usa e inglesi. È questa
combinazione tra crisi mediorientale e crisi economica -con i connessi processi
di privatizzazione e l’attacco alle pensioni- che rende estremamente instabile
l’attuale governo delle destre.
Qual
è l’attuale politica del Kke? Per
avere un’idea di come sia questo partito basta ricordare il fatto che
pubblicano sulla prima pagina del loro giornale la pubblicizzazione della
raccolta completa delle opere di Stalin; non solo: hanno dedicato ben quattro
pagine in onore a Stalin in occasione dell’anniversario della sua nascita…
Attualmente hanno il 6% delle preferenze: sono stabili, non crescono né
diminuiscono. Questo partito è una combinazione di settarismo e opportunismo.
Il loro settarismo si esprime anzitutto nel fatto che rifiutano ogni politica di
fronte comune con altri gruppi del movimento contro la guerra (anarchici,
pacifisti ecc): organizzano marce indipendenti, indicono da soli manifestazioni
anche contrapposte a quelle del movimento. Per quanto riguarda il loro
opportunismo, il Kke è ufficialmente per il fronte popolare, ma non trova un
partito borghese con cui allearsi. Esplicitamente rivendicano un “programma
riformista” e sono privi di una piattaforma anticapitalistica. Inoltre, la
loro posizione è essenzialmente nazionalista. Hanno fatto leva sull’antimperialismo
diffuso nella popolazione greca (già evidente in occasione della guerra in
Kossovo e riconfermato con la guerra in Iraq) ma poi trafficano con chi supporta
e sostiene l’imperialismo americano (Zuganov).
Qual
è stato l’impatto dell’ingresso della Grecia nell’UE sulle condizioni di
vita e di lavoro della classe operaia? L’entrata
nell’UE s’inserisce nel quadro più ampio della strategia della borghesia in
seguito al collasso della dittatura nel 1974. La strategia ufficiale di tutto il
fronte borghese è stata proprio caratterizzata dalla volontà di entrare a far
parte dell’UE. Il supporto dell’UE era molto importante per la borghesia, al
fine di stabilizzare politicamente il Paese dopo il crollo della dittatura: si
era infatti delineata una situazione potenzialmente esplosiva dal punto di vista
sociale. Inoltre, sul piano economico aderire all’UE significava avere
l’appoggio del capitalismo internazionale. Per quanto riguarda le ricadute di
questa scelta sul resto della popolazione, l’UE ha favorito inizialmente
l’arricchimento della classe media, ma a questa prima fase è seguita una
grave crisi, che ha investito anzitutto il settore agricolo. Inoltre, nonostante
l’UE richiedesse alla Grecia di ridurre il tasso di disoccupazione dal 18% al
5%, nei fatti il problema della disoccupazione ha subito un ulteriore drastico
peggioramento. Uno degli aspetti più evidenti della condizione della classe
lavoratrice è dato dalla flessibilità del lavoro (part-time, contratti di
collaborazione ecc), che ha ovviamente aggravato lo stato della popolazione
greca. L’introduzione dell’euro, con la connessa inflazione, è stato
devastante: lo stipendio medio di un operaio in Grecia è di 500 euro, un
affitto non è inferiore ai 300 euro, un medicinale costa almeno 5 euro.
Parallelamente all’adesione alle politiche europee, in Grecia si è assistito
ad un inasprimento della repressione e dello stato di polizia, soprattutto per
l’influenza dell’imperialismo americano nella strumentalizzazione del
fenomeno terroristico. In generale, il conflitto tra Europa e Usa è molto
sentito in Grecia. La maggioranza della borghesia greca è pro UE (in sintonia
con la politica svolta dal precedente governo). La minoranza pro Usa non si
trova però nella destra, ma nello stesso Pasoak, che col suo nuovo
dirigente, figlio del leader storico Papandreu, ha avviato una svolta
pro Usa. La sconfessione della linea tradizionale del partito in politica
estera, unita al neoliberismo delle scelte di politica economica, espongono il
Pasok al rischio di una vera e propria disgregazione.
Vedi
potenzialità di sviluppo per la sinistra rivoluzionaria in Grecia? Il
movimento dei lavoratori conosce anche in Grecia una crisi di direzione
politica. La sinistra che dice di opporsi al liberismo ha un’articolazione
composita. Oltre a noi e agli stalinisti del Kke, c’è la cosiddetta
“coalizione delle sinistre” (Synaspismos) che, analogamente a Bertinotti, ha
esaltato il movimento noglobal come mero trampolino elettorale. E’ la forza
attualmente maggioritaria nel Greek Social Forum, composto anche da alcuni
gruppi maoisti, pseudo-trotskisti ed ex trotskisti che, complessivamente, hanno
il 3% dei consensi elettorali (il Kke ha il 6%). Coltivano l’utopia
dell’“Europa sociale”, con lo scopo di riorganizzare un nuovo governo di
centrosinistra. Nel 1999 abbiamo dato vita a un fronte elettorale delle sinistre
radicali, che comprendeva oltre al nostro partito anche il Nar
(una scissione del Kke) e alcuni gruppi maoisti. Non si trattava solo di
un blocco elettorale: avevamo un programma comune, basato sul progetto di
costituzione di un polo di classe anticapitalistico e sull’opposizione
all’imperialismo. Ponevamo inoltre la questione del potere operaio -di contro
ai fronti popolari- in opposizione agli accordi di governo e chiedevamo
l’unificazione socialista dei Balcani e dell’Europa, contrapponendoci
all’UE. In occasione della manifestazione di Salonicco -che era composta da
tre blocchi: uno del partito comunista, uno del Social Forum e il nostro-
il fronte delle sinistre radicali ha portato in piazza 12000 compagni. A
questa capacità di mobilitazione di militanti oggi non corrisponde un risultato
elettorale proporzionato, ma siamo in crescita. La nostra organizzazione è una
forza indipendente: pubblichiamo il giornale ogni due settimane (ma stiamo
tentando di arrivare al settimanale), abbiamo un’organizzazione rivoluzionaria
dei giovani del partito e siamo forti nei sindacati della sanità, della scuola
e della metropolitana.