L’Argentinazo all’Università di Buenos Aires

Intervista a Santiago Gima, dirigente dell’organizzazione giovanile del PO (UJS) e presidente della FUBA (Federazione degli Universitari di Buenos Aires)

 

di Alberto Airoldi e Fabiana Stefanoni

 

Ci descrivi le principali caratteristiche della politica della borghesia in Argentina in relazione all’istruzione pubblica? La politica del capitalismo negli ultimi anni si è basata sulla restrizione della spesa pubblica, con la conseguente accelerazione dei processi di privatizzazione. L’Argentina è stata la culla del “movimento per la riforma” dell’università che, a partire dal 1918 dalla città universitaria di Cordoba, si è poi estesa in tutta l’America Latina. Molti partiti politici comunisti si sono formati in questo movimento di riforma. Il tema della riforma è stato molto presente nei movimenti di rivendicazione. Menem e De La Rua hanno cercato di introdurre tasse universitarie che prima in Argentina non esistevano, ma il tentativo è fallito. Il governo Menem nella sua tappa finale ha tentato un affondo per tagliare del 50% il bilancio universitario. Ciò ha provocato una grande reazione studentesca, con occupazioni delle facoltà e mobilitazioni di massa. Il governo è stato costretto a ritirare il progetto. È stato un duro colpo per Menem, tanto che in Argentina si dice che proprio in questa occasione il governo “ha perso la governabilità” (intesa come capacità di strappare conquiste per la borghesia alle masse). Per quanto riguarda il governo De La Rua, occorre anzitutto precisare che in quel periodo in Argentina l’egemonia nelle organizzazioni studentesche era detenuta dalla cosiddetta Franja Morada, un’organizzazione legata ai radicali di De La Rua: nata per difendere le conquiste del movimento per la riforma, è diventata la punta di diamante della privatizzazione dell’università. Lopez Murphy, il ministro dell’economia del governo De La Rua e uomo legato all’alta finanza, ha proposto direttamente per l’università il taglio del bilancio e l’introduzione delle tasse. La reazione è stata ancora più forte che con Menem.  

Quali sono i rapporti delle mobilitazioni studentesche con il movimento piquetero? Gli attacchi del governo De La Rua all’istruzione pubblica avvenivano pressoché contemporaneamente alla repressione da parte dello stesso governo del movimento piquetero, con alcuni compagni in carcere o ammazzati. Quando un compagno è stato ammazzato, il PO ha lanciato la convocazione di un’assemblea nazionale dei lavoratori. Il movimento studentesco è confluito in questo processo. Dato che il problema centrale era la bancarotta del sistema capitalistico nel suo complesso, tutti i settori scendevano in campo contro i tagli, dalla sanità alla scuola: centrale era l’unificazione delle lotte. Gli studenti hanno partecipato in massa all’assemblea nazionale piquetera. Inoltre, il modello dei piqueteros è stato preso come modello da riprodurre e generalizzare, come evidenziava la diffusione e l’ampia partecipazione ai blocchi stradali.

Ci descrivi l’evoluzione politica del movimento studentesco -che ha visto una crescente radicalizzazione in senso anticapitalistico- fino all’Argentinazo? La Franja Morada ha subito un crollo parallelo alla crisi del governo De La Rua, ma il processo è stato accelerato dalla corruzione interna: gli studenti della classe medio-alta, legati al governo, rubavano i soldi dei piani sociali che venivano dati in gestione all’organizzazione. Questo avveniva nel momento in cui il movimento studentesco si legava alle altre mobilitazioni contro De La Rua: ciò ha innescato una dinamica esplosiva e mortale per la Franja Morada. La vita nelle università e nelle scuole è stata scandita da assemblee permanenti, con la partecipazione anche della gran parte dei docenti. I dirigenti di quelle assemblee oggi sono i dirigenti dei “centri studenteschi” (un “centro studentesco” è una sorta di sindacato degli studenti che si è costituito ai tempi del “movimento per la riforma”: la FUBA è la federazione di questi centri a Buenos Aires). Ma allora i centri studenteschi, insieme alla Franja Morada, boicottavano la lotta. Il movimento ha deciso per l’autonomia, con la creazione di un coordinamento interfacoltà. Le assemblee vedevano la partecipazione in media di 3000 studenti con blocchi stradali molto frequenti; in piazza scendevano più di 20000 studenti in mobilitazione. Per questo il governo è stato costretto a tornare indietro e ha liberato i compagni arrestati, con le dimissioni del ministro dell’economia. Alla fine dell’anno ci sono state le elezioni universitarie: la Franja Morada è passata dall’80% al 10% mentre i compagni hanno ottenuto la maggioranza. Tutto ciò accadeva poco prima dell’Argentinazo, ma la tendenza al cosiddetto cacerolazo si era già manifestata in precedenza nelle facoltà: a psicologia hanno inventato il “ruidazos” (“far rumore”), con cortei interni all’università e assemblee di massa. Il PO ha vinto le elezioni universitarie ed ha la maggioranza nella FUBA, in un fronte con alcuni gruppi ultrasinistri e i “negriani” (quest’ultimi sono un gruppo “movimentista” che ha partecipato all’Argentinazo ma ora si trovano in una crisi profonda anche per il rifiuto pregiudiziale di utilizzare le organizzazioni studentesche nella lotta: emblematico è il fatto che ora perlopiù si limitano a organizzare feste e i settori più “postmoderni” addirittura sostengono il governo Kirchner!).

Qual è la situazione odierna all’Università di Buenos Aires? Duhalde e Kirchner hanno abbandonato il metodo basato sul tentativo di privatizzare dall’esterno l’università: hanno cercato di utilizzare le autorità universitarie all’interno. Si porta avanti quello che si votò nel 1995 (Leggi sull’istruzione superiore) ai tempi di Menem. Le autorità universitarie, che allora dicevano di opporsi a quelle leggi, oggi sono quelle che le stanno applicando. Il pretesto che il governo utilizza per portare avanti questo attacco all’istruzione pubblica è la mancanza di soldi nel bilancio: si tratta di fatto di una forma di ricatto. In Argentina i finanziamenti all’università sono estremamente bassi: basta pensare che il bilancio di tutte le università dell’Argentina è pari a quello dell’università di S. Paolo. Si utilizza il pretesto dei problemi di bilancio per agevolare le privatizzazioni. Sono state introdotte tasse sui certificati universitari e tasse di iscrizione per alcune facoltà, come per esempio economia (che a Buenos Aires ha ben 30.000 iscritti). È tipico dell’imperialismo considerare l’educazione l’affare del secolo. Nel 2000 c’è stato in Argentina un seminario organizzato dal FMI in cui si pronosticava che nel 2010 ci saranno circa due milioni di studenti in Argentina: i capitalisti fiutavano un affare di 10000 milioni di dollari.

Quali sono nello specifico le misure adottate di recente? Esistono forme di alternanza scuola-lavoro? Secondo questa logica basata sul profitto, è stato introdotto il modello 2 + 2 + 2: i corsi sono passati da 5 a 6 anni, con due anni di base, due professionalizzanti e infine due di perfezionamento. Prima gli anni di università erano cinque: il quinto anno è stato privatizzato, nonostante i corsi e i professori fossero gli stessi. I quattro anni precedenti sono stati divisi in due (2 + 2). Inoltre, è stata introdotta l’attività di tirocinio. La Telecom argentina aveva 4000 stagisti, sottopagati e senza gli stessi diritti dei lavoratori dipendenti: un evidente mezzo per favorire la concorrenza coi lavoratori e abbassare i salari. Ma questa manovra si è rivelata un boomerang. La radicalizzazione del movimento studentesco in quel momento ha coinvolto gli stagisti che hanno occupato la Telecom e hanno ottenuto il contratto collettivo di lavoro. Questo ha dato forza anche agli altri dipendenti delle compagnie telefoniche, col conseguente aumento dei salari. Fino ad ora, una parte della retribuzione degli stagisti restava all’università (una sorta di tassa sul lavoro, addirittura superiore a quella che si paga nelle università private. Oggi chi ha più tirocinanti sottopagati è proprio lo stato. Il governo ha il progetto di far diventare il tirocinio obbligatorio senza paga e di far diventare le facoltà luoghi ove si smerciano i servizi (farebbero consulenze a pagamento). Si è poi intensificato il legame tra le università e le imprese: la Roche s’intromette nella facoltà di Farmacia, la Ford in quella d’Economia, la Monsanto collabora con Agraria, i gruppi immobiliari con la facoltà di Architettura ecc. Questa forma di “collaborazione” è molto conveniente per le imprese perché non devono pagare personale. Ci sono invece alcuni corsi di laurea che non sono redditizi per il padronato. In questi casi, la politica è quella d’introdurre misure per espellere gli studenti. Ultimamente è stato introdotto il numero chiuso (si boccia l’80-90% dei candidati) e sono state rese più rigide le condizioni per rimanere in corso.

Il personale docente, ci pare di capire, ha spesso sostenuto le mobilitazioni degli studenti ma, allo stesso tempo è stato strumento della ristrutturazione. Come spieghi questo fenomeno? Come ho detto i fondi per l’università sono esigui, tanto più dopo la caduta del valore del pesos. Le università argentine hanno tra i salari più bassi: la retribuzione mensile di un docente è estremamente bassa, pari a circa 100 pesos (l’equivalente di 35 euro, n.d.r.). più di 20000 docenti svolgono attività didattica gratuitamente, per ragioni di curriculum. L’attività del docente universitario di fatto è un hobby più che un lavoro. La Banca Mondiale ha dato il via a una politica cosciente di differenziazione sociale tra i docenti: solo il 5-6%, reclutato tramite ‘’concorso’’ viene pagato 1200 pesos (400 dollari) e un’ora di lezione nei master finanziati coi fondi della Banca Mondiale è pagata da 50 a 100 pesos (!). Questo induce i professori ad andare a insegnare nei master privati, a scapito dell’università pubblica. Per questo i docenti che prima volevano opporsi a Menem oggi sono la punta di diamante del processo di smantellamento dell’università pubblica. Le banche hanno un ruolo attivo in questi processi, in tutta l’America Latina. Le banche in Cile, ad esempio, danno i cosiddetti prestiti d’onore agli studenti, con l’obbligo di restituirli con interesse. Questo meccanismo è attivo anche per i master. La banca della Creditcoop, legata al Partito comunista e a Isquierda Unida, è inserita in questo processo: fa crediti di 5000 dollari per finanziare i master, organizza propri master privati e trattiene almeno i 50% delle entrate.

Quale ruolo hanno le rivendicazioni democratiche nelle mobilitazioni contro le privatizzazioni? Qual è stato il ruolo del PO? Le rivendicazioni “democratiche” sono state al centro della mobilitazione. I consigli di facoltà, in base a una legge che risale alla dittatura militare, sono costituiti in maggioranza da docenti (la metà circa), da ¼ di studenti e ¼ di laureati. Tra l’altro, non tutti i docenti hanno diritto di voto ma solo gli ordinari, sulla base di un meccanismo baronale molto ristretto. Sono quelli che hanno gli stipendi più alti e anche i più compromessi con la corruzione. Dopo l’Argentinazo questo meccanismo è stato messo in discussione, come articolazione della resistenza di classe da parte di studenti e docenti di fronte alle privatizzazioni. La rivendicazione era puramente formale: che tutti i docenti potessero votare e l’inclusione nei consigli di rappresentanti del personale non docente. Questa lotta continua tuttora e oggi molte facoltà sono occupate. È una lotta per la democratizzazione, ma allo stesso tempo è espressione delle rivendicazioni sociali negli ultimi anni: è la traduzione dell’Argentinazo sul piano universitario. Per quanto riguarda il PO e la nostra organizzazione giovanile, il nostro partito dirige il sindacato dei docenti a Buenos Aires e sta per guadagnare quello nazionale. Quattrocento militanti del PO sono attivi nelle mobilitazioni studentesche e un centinaio rivestono ruoli di direzione nelle strutture e nei comitati universitari: io sono dirigente della FUBA, altri compagni del PO sono presidenti dei consigli degli studenti di varie facoltà: Scienze Sociali, Psicologia, ecc. (compagni del PO sono comunque presenti nelle dirigenze dei consigli studenteschi di tutte le altre facoltà).