La lotta nei musei civici di Venezia

Cooperative e lotta di classe

 

di Enrico Pellegrini (*)

 

Il mondo della cooperazione, che affonda le sue radici italiane addirittura ai primi decenni dell'800 per poi svilupparsi all'interno del filone mazziniano, soffre oramai da lungo tempo di un "male" che denota nel profondo quelle che sono e restano le sue finalità all'interno del sistema di produzione capitalistico: la ricerca del profitto.

Paventando, in effetti sulla carta, obiettivi di natura mutualistica, nei vari ambiti nei quali opera (produzione, servizi sociali, tutela ambientale ecc.), di fatto di quegli obiettivi è rimasto ben poco.

Oggi le varie e più disparate società cooperative hanno subito una profonda involuzione sia formale che strutturale. Quelle condizioni, che in un lontano passato, fungevano da riferimento interno (buone condizioni di lavoro, tutela della figura del socio-lavoratore, ecc.) oggi vengono considerate come semplice variabile dipendente di ben altri obiettivi esterni (raggiungimento degli utili, sopravvivenza nel mercato, estrema competitività ecc.).

Un mondo, dunque, quello delle cooperative, che se alle sue origini poneva la ricerca di un sistema alternativo di produzione (associazionismo cooperativo), ha subito una lenta ma dolorosa torsione, finendo per rappresentare una vera "scorciatoia" per capitali che usufruiscono di agevolazioni fiscali, normative e incentivi contributivi (legge 602). Tutto questo, in estrema sintesi, a scapito di fattori considerati un tempo centrali all'interno del settore, primo tra tutti la democrazia interna, intesa come reale partecipazione decisionale dei soci, spartizione effettiva degli utili e tutela integrale dello status del singolo cooperatore, esprimibile in ogni momento di vita della società stessa.

Un fattore questo, del deficit di democrazia interna, chiaramente evidenziato da una parte del Direttivo Nazionale della Lega delle Cooperative (una delle maggiori confederazioni nazionali) in occasione dell'ultimo congresso, il quale tra l'altro sanciva il percorso estremamente degenerativo che la dirigenza della suddetta Lega aveva ormai intrapreso. Il completo assenso, da parte della Lega, al famigerato "Patto per l'Italia" (ora legge 30/2003, le deleghe governative che accentuano la precarietà del mercato del lavoro) ne rappresenta soltanto l'ultimo atto.

Una vera e propria realtà imprenditoriale dunque con dinamiche di crescita continue (circa sei miliardi di euro nel solo settore turistico nel 2002 come fatturato complessivo in Lega Coop) e con buone capacità di espansione occupazionali "agevolate" di recente dalla controriforma, mediante la legge 30/2003, della legge 142/2001 la quale perlomeno arginava episodi di estremo sfruttamento e problemi di ambigua natura normativa.

La politica di esternalizzazione e decentralizzazione dei vari Enti pubblici ha provocato negli ultimi anni un vero e proprio boom di crescita di questo tipo di aziende (più 30% dal 1998 al 2001), aziende cooperative che, come si poteva prevedere, si sono tuffate in massa in quell'immensa e fruttuosa torta rappresentata dai vari appalti di gestione e fornitura.

Tutto questo a vantaggio degli equilibri dei vari bilanci degli Enti in questione e delle tasche di una burocrazia parassitaria dirigenziale in seno alle suddette società cooperative e a scapito delle varie centinaia di migliaia di lavoratori che pagano il conto di tutto questo, in termini di tenute normative e bassi salari calcolati su istanze di comodo dei vari statuti interni.

A Venezia, esempio di città d'arte unica al mondo, l'appalto dei vari servizi civici museali (guardiania, Book-shop, ristorazione ecc.) scade il 31 luglio prossimo. E' un appalto questo in cui, proporzionalmente, gli utili sono secondi solo a quelli del Casinò municipale di recente realizzazione. Benché in tale settore, proprio per il tipo di rapporti di lavoro, è presente spesso tra i lavoratori una profonda sfiducia e rassegnazione molto aspre sono state in questi mesi le tensioni sindacali tra presidenze cooperative e lavoratori, i quali, tra l'altro, sono stati ben rappresentati dalla Filcams-Cgil provinciale. Una situazione insostenibile fatta di straordinari mai riconosciuti, malattie mai retribuite, indennità inesistenti e licenziamenti arbitrari; principalmente queste condizioni di lavoro sono state i temi discussi nelle decine di infuocate assemblee generali. Questo succede in un Comune, quello di Venezia, nella cui giunta di governo è presente il Prc, il quale, detto di passata, si è fatto sentire male e poco a difesa dei lavoratori.

L'ultimo accordo integrativo, siglato di recente (3 aprile 2003) dalla RSA, ha visto ricevere una sonora bocciatura da parte dei lavoratori (circa 60% di voti contrari all'accordo), seguendo, in questo caso, le indicazioni di uno dei delegati di riferimento, chi scrive, che aveva denunciato come, attraverso un fatidico premio di produzione, di elargizioni minime di salario e diritti, si andava a coprire anni e anni di continue ruberie e sfruttamenti tra i più impensati.

I lavoratori hanno detto no, attraverso quel voto, all'umiliante condizione di restare ancorati a quella tanto decantata e mitizzata figura di "soci lavoratori", i quali essendo sulla carta interamente gestori della propria posizione lavorativa, di fatto subiscono quotidianamente le conseguenze di funeste decisioni presi in altri ambiti.

L'effetto mediatico di tale rifiuto ha contribuito a far accendere "robusti" riflettori sull'intera vicenda, né hanno parlato per giorni i giornali locali, tanto che oggi lo stesso Comune, che in passato considerava velleitaria la proposta sindacale di un contratto diverso (multiservice) da quello attuale (cinematografia) da applicare alla parte più cospicua dei lavoratori, l'ha posto come condizione per accedere all'assegnazione di quel determinato tipo di servizio nel prossimo appalto.

La lotta di questi lavoratori non termina comunque qui, bisognerà vigilare con cura sulla totale applicazione di questo contratto fermo restando che esso, se pur più dignitoso, non risolve il male endemico di tutti questi prestatori di forza-lavoro: il "pseudo" status di socio-lavoratore. Status ormai svuotato della sua profonda ed essenziale natura mutualistico-sociale.

 

(*) RSA Musei Civici Veneziani, Filcams - Direttivo regionale Cgil Veneto