La “riforma” dell’Università di Moratti e De Maio

Un altro attacco agli studenti proletari

 

di Giuseppe Fenu

 

L’attacco ai diritti dei lavoratori da parte del governo reazionario delle destre non tarda ad arrivare per quanto riguarda la formazione universitaria, ma anche questa volta il governo Berlusconi-Fini-Bossi non deve fare niente più che porsi sul solco già tracciato dai precedenti governi di Centrosinistra. L’obiettivo è sempre lo stesso: canalizzare il sistema formativo italiano. I vari governi borghesi, sia di centrodestra che di centrosinistra, sono infatti notevolmente infastiditi dal fatto che, se pur con enormi difficoltà, i figli dei lavoratori possano oggi provare ancora ad arrivare ai più alti livelli di istruzione. Gli sforzi degli ultimi ministri dell’istruzione si sono concentrati per impedire che questo possa avvenire anche domani.

Per quanto riguarda l’istruzione superiore, ci ha provato il Centrosinistra con le proposte di legge Berlinguer-De Mauro, ci è riuscito il Centrodestra con il ministro Moratti, che ha fatto proprie molte delle idee dei predecessori, rendendone esplicito il carattere apertamente borghese. In conseguenza di ciò, nelle scuole medie inferiori e superiori si tornerà presto ad un sistema simile a quello del famigerato avviamento professionale.

Il diritto ad una formazione universitaria per tutti, già ulteriormente limitato dalla controriforma Zecchino, è oggi nuovamente minacciato dalla controriforma Moratti. L’esponente della grande industria italiana, non a caso messa a capo di un dicastero chiave come quello dell’istruzione, ha incaricato De Maio, rettore di una grande Università privata italiana (la LUISS), di formulare una proposta che rafforzasse gli elementi di canalizzazione già presenti nella riforma del Centrosinistra. Il fatto che il governo reazionario di Berlusconi abbia scelto questa strada per colpire il diritto allo studio ci dice molto sulla natura del precedente provvedimento.

Contro gli studenti proletari, che in questi ultimi anni stanno iniziando a pagare il prezzo imposto loro dal provvedimento di Zecchino e soci, si prepara dunque un nuovo attacco. I rettori delle università italiane, in questi anni, si sono impegnati ad applicare al massimo delle loro possibilità il restringimento del diritto allo studio. Il potere conferitogli dall’autonomia universitaria è stato utilizzato per scardinare il sistema universitario italiano di massa. In quest’ottica si devono leggere il costante ricorso al numero chiuso, l’aumento della tasse universitarie soprattutto per le fasce sociali più deboli, con ulteriori incrementi per le lauree specialistiche. A questo si aggiungono gli sbarramenti chirurgici per colpire gli studenti figli di lavoratori e la diminuzione dei fondi per borse di studio.

Tutto questo sta per essere, se possibile, modificato in peggio. Gli studenti che, riuscendo a sfuggire all’obbligo della formazione professionale sin dalle superiori, arrivino all’Università, sappiano che la laurea di primo livello non deve più “assicurare allo studente un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l'acquisizione di specifiche conoscenze professionali”, ma bensì l’una cosa o l’altra. Possiamo facilmente immaginare a quale classe sociale andrà l’acquisizione dei saperi e a quale la formazione professionale. Cosa si voglia intendere per formazione professionale nelle università lo si comprende da altre modifiche proposte da De Maio. Si propone, infatti, di abolire il limite delle ore del percorso universitario da dedicare allo studio individuale, prima fissato nella metà almeno delle ore complessive. Questo, lungi dal voler essere un limite all’obbligo di frequenza, vuole aprire la strada ad un altro dei punti centrali: l’introduzione del lavoro gratuito prestato dagli universitari. Si introduce infatti l’utilizzo di stage in aziende del settore privato e pubblico, come sostituto anche totale dell’attività didattica. La formazione in questo caso è non solo professionalizzante: si tratta di una vera e propria formazione alla precarietà. Gli studenti universitari farebbero così il loro primo ingresso nei luoghi di lavoro collocati come “altro” rispetto ai lavoratori assunti a tempo indeterminato e questo “altro” si dovranno abituare a rimanere per il resto della vita.

Il fatto che in questo modo si acquisiscano esclusivamente nozioni adatte ad un lavoro specifico e non saperi e conoscenze utilizzabili in ogni ambito è una delle priorità di qualsiasi controriforma borghese dell’istruzione di ogni ordine e grado, ma oggi questo obiettivo è ricercato sempre più esplicitamente. La creazione stessa dei corsi di laurea andrà esclusivamente subordinata alle esigenze dell’impresa e poco importa se le professionalità inculcate dopo qualche tempo non serviranno più: gli studenti potranno sempre andare ad ingrossare le file della disoccupazione e della sottoccupazione, mentre i padroni avranno sempre manodopera fresca di formazione universitaria (un vero e proprio apprendistato) da utilizzare fintanto che ce ne sarà bisogno. L’accesso a conoscenze pari a quelle della classe dirigente attuale dovrà essere limitato a coloro che a quella classe già appartengono, con tutto ciò che questo comporta: l’esclusione per le fasce sociali più deboli da tutte le occupazioni intellettuali, comprese quelle, come l’insegnamento nella scuola media, fino ad oggi in buona parte riservate a loro.

Per accedere alla laurea specialistica, che sarà chiamata “Laurea Magistralis”, è previsto un vero e proprio percorso ad esclusione. Alle già presenti difficoltà, si aggiunge la possibilità per gli atenei di stabilire quali siano le “modalità” di accesso alla laurea di secondo livello. L’aumento delle tasse attuato già in molte sedi universitarie ci dice molto riguardo a chi potrà usufruire di questa formazione. A questo è da sommare il ricorso sempre maggiore a criteri esclusivamente meritocratici, che non privilegiano certo chi deve lavorare per mantenersi agli studi.

Le modifiche del ministero alla Zecchino non si limitano tuttavia a questo, ma c’è un'altra importante esplicitazione: l’invito formale e inequivocabile alle università a costituirsi come atenei di serie A e di serie B. L’istituzione dei corsi di laurea dovrà essere subordinata ai possibili sbocchi professionali locali. Non c’è niente da immaginare per capire che, in conseguenza di ciò, nelle aree più depresse del paese alle università verrà richiesto, da parte del governo, di eliminare i corsi di laurea che sono ancora oggi presenti, per limitarsi all’istituzione di una vera e propria formazione professionale. In quelle aree, la formazione universitaria di livello superiore potrà essere acquisita esclusivamente da coloro che potranno permettersi di trasferirsi in un’altra sede universitaria. Per quanto riguarda coloro che non potranno permettersi questo trasferimento, che non provino nemmeno a lavorare durante gli studi per mantenersi da fuorisede! le modalità di selezione per l’accesso alla laurea di secondo livello, improntate esclusivamente alla meritocrazia, non permetteranno loro di proseguire gli studi.

Per ottenere la completa canalizzazione del sistema formativo, dalle scuole medie sino all’Università, al governo delle destre è bastato, dunque, mettere a punto quelle che erano le idee dei governi che lo hanno preceduto. Ma questo è pur sempre il governo delle destre. Per questo esclusivo motivo nell’autunno prossimo compariranno tante forze quali Udu, Sinistra Giovanile e le varie realtà locali che in questi soggetti si riconoscono che avranno la pretesa di essere oppositori alla proposta Moratti sull’Università e che chiederanno agli studenti di difendere la riforma Zecchino.

E’ importante un impegno per evitare che si possa compiere questa falsificazione che vuole negare l’impronta antipopolare di entrambe le proposte di Università, di quella “Moratti” come di quella “Zecchino”. La lotta degli studenti nelle università può essere molto importante, ma a precise condizioni. La prima è quella di far uscire la lotta dalle sole facoltà: la specificità delle questioni universitarie, la presunta appartenenza al ceto degli universitari, diversa dall’appartenenza di classe, è solo una menzogna. Ogni studente universitario sa che quello che subisce ogni giorno all’Università come sul luogo di lavoro è dovuto all’ appartenenza di classe. È per queste ragioni indispensabile che la lotta degli universitari, come dei medi, si congiunga a quella dei lavoratori. Questo è l’unico modo per opporsi all’Università voluta da Zecchino e da Moratti. Altra condizione è la prospettiva chiara e univoca che questa lotta deve assumere: quella di rivendicare un’istruzione gratuita e accessibile a tutti fino ai livelli superiori di istruzione, e non il ritorno ad una situazione precedente a Moratti e a Zecchino, situazione che era ben distante da riconoscere il diritto allo studio effettivo. Solo con queste parole d’ordine la questione universitaria potrà inserirsi all’interno delle lotte alle politiche di questo governo che attacca i lavoratori.

Se non nascerà una grande opposizione popolare a tutto questo, ci troveremmo con un sistema formativo molto diverso da quello che conosciamo. Lo studente che fra qualche anno si troverà ad entrare alle scuole superiori si scontrerà con un sistema che farà di tutto per spingerlo nella formazione professionale, subalterna alle logiche padronali; se riuscirà a evitare questa prima trappola e vorrà iscriversi all’Università si troverà davanti al numero chiuso o alla chiusura delle principali facoltà nella sua città, se vive in aree depresse del meridione; se supererà anche questo ostacolo e riuscirà ad ottenere una laurea di primo livello, con sempre meno valore legale ma ad un prezzo economico e materiale sempre più alto, si troverà ulteriormente ostacolato, in tutti i modi, dal proseguire gli studi per conseguire la laurea specialistica, che corrisponde semplicemente alla laurea a ciclo unico di qualche anno fa. Per impedire tutto questo è indispensabile che gli studenti si impegnino per costruire quel grande movimento di opposizione alle politiche borghesi del governo. Movimento che potrà ottenere i risultati che rivendica solo nell’unità con il movimento dei lavoratori