Ad 11
milioni di SI' una proposta coerente
Unità
dei lavoratori
Autonomia
dai liberali
Per
un'alternativa di società e di potere
di
Marco Ferrando
L'appello
nazionale contro un accordo di governo tra Prc e Ulivo (v. pag. 3) e per la
salvaguardia di un'opposizione comunista è al centro della nostra azione. Non
è una battaglia "privata" di una componente di partito, ma è parte
della battaglia generale per l'indipendenza di classe del movimento operaio
nella sua lotta contro Berlusconi.
Pertanto
non è una battaglia confinata nelle sole strutture del Prc, dove pure, com'è
naturale, si manifesta prioritariamente: ma è una battaglia rivolta, per sua
stessa natura, all'intera avanguardia della classe operaia, alle organizzazioni
di massa, ai movimenti di lotta di questi anni.
Dopo
il 15 giugno, infatti, una domanda è d'obbligo per decine di migliaia di
militanti del movimento operaio, della Cgil, del movimento noglobal: quale
prospettiva politica e d'azione proponiamo a quegli 11 milioni di lavoratori, di
lavoratrici, di giovani che hanno chiesto col SI' al referendum una svolta
sociale e politica in Italia?
Questo
è l'interrogativo centrale: tanto più a fronte del poderoso rilancio, su ogni
terreno, dell'offensiva reazionaria di Berlusconi e Confindustria, mirata a
realizzare un salto drammatico nella destrutturazione dei rapporti sociali e
contrattuali.
L'offensiva
del governo su lavoro e pensioni mira al cuore del movimento operaio e delle
giovani generazioni. A milioni di giovani si offre per l'oggi la precarietà
permanente e l'abbattimento verticale delle tutele sociali e sindacali, e per il
domani una pensione dimezzata dopo una vita di lavoro (precario) estesa oltre la
vecchia età pensionabile (alla faccia dei disoccupati). Il fine del governo è
di offrire a Confindustria la contropartita del suo prezioso sostegno;
ingrassare il capitale finanziario e il vasto sottobosco di quel capitale
malavitoso che è parte integrante del blocco sociale dominante; risparmiare
sulla pelle dei giovani le risorse necessarie per finanziare le grandi opere dei
costruttori e soprattutto per ampliare le spese militari: anche a supporto delle
missioni coloniali che dall'Irak all'Afghanistan vedono le truppe italiane in
prima fila.
In
più il governo accompagna questa controffensiva sociale ad un'escalation
reazionaria sul terreno politico istituzionale in risposta alle difficoltà
giudiziarie di Berlusconi ma anche all'incipiente crisi di consenso in settori
popolari della sua base elettorale. Berlusconi sceglie l'affondo plebiscitario,
l'appello al popolo contro la persecuzione "comunista", il tentativo
di catalizzare un'identificazione salvifica ("non lasciano governare l'uomo
della Provvidenza") presso masse arretrate e confuse. Con un obiettivo
strategico trasparente: fare dell'Italia una repubblica presidenziale alla
francese, con un Berlusconi presidente eletto dal popolo e al tempo stesso capo
del governo.
Di
fronte a un combinato disposto di tale gravità esiste un'opposizione del centro
liberale dell'Ulivo? La risposta è nei fatti dei due ultimi mesi. Il centro
liberale dell'Ulivo si è schierato con Berlusconi e Confindustria contro
l'estensione dei diritti. Ha votato con Berlusconi la spedizione militare in
Irak. Ha rivendicato al fianco di Berlusconi l'ampliamento delle spese militari
per la prossima legge finanziaria. Ha solidarizzato con Fazio sull'esigenza di
una controriforma delle pensioni. E in fatto di decreto sul lavoro ha dichiarato
autorevolmente con Tiziano Treu che le misure del governo "non aggiungono
nulla di quanto già introdotto da Prodi" salvo non essere coperte dalla
concertazione e quindi essere a "rischio di conflitti". Infine, sullo
stesso terreno democratico, il centro liberale ha coperto l'operazione di
Berlusconi sul caso Corriere con una soluzione bipartizan benedetta da
Ciampi e dal banchiere Bazoli, mentre non solo ha rinunciato a qualsiasi
ostruzionismo contro il Lodo Maccanico, ma ha rivendicato la propria
disponibilità a negoziarlo come legge costituzionale. E' possibile immaginare
in soli due mesi una capitolazione più squallida delle forze borghesi liberali
a un governo reazionario?
Non
si tratta per parte nostra di chiedere loro "più opposizione". Ma di
capire la radice di classe indistruttibile della politica liberale.
Il
centro liberale sogna di sostituirsi a Berlusconi non nel nome dei lavoratori ma
nel nome dell'interesse generale del grande capitale, della sua logica
concertativa sul piano sociale, della sua cultura bipartizan sul terreno
istituzionale. Tutta la sua politica consiste nel denunciare l'incapacità di
Berlusconi come "governante borghese", non la sua politica
antioperaia. Nel denunciare il "rischio di un conflitto sociale", non
nel promuoverlo. E in tutti gli atti di Berlusconi che intercettino l'interesse
generale del capitale vedono non una ragione di opposizione ma un pericolo per
la propria alternanza (borghese) di governo.
Tanto
più allora c'è bisogno di chiarezza tra i lavoratori e nella loro avanguardia.
Il movimento operaio può e deve candidarsi a sviluppare contro Berlusconi
l'opposizione che i liberali borghesi non possono e non vogliono fargli.
Raggruppando attorno a sé, su un programma generale indipendente e di lotta la
domanda dei milioni di SI' all'estensione dei diritti, la domanda
antimilitarista delle mille bandiere dell'opposizione alla guerra, la stessa
domanda democratica dell'opposizione popolare girotondina: in una lotta a
oltranza che unifichi tutte le ragioni, sociali e politiche di due anni di
movimenti, che superi ogni frammentazione e dispersione delle forze, che miri a
cacciare Berlusconi con un'esplosione sociale dal basso, concentrata, radicale.
Perché solo così Berlusconi potrà essere rimpiazzato da un'alternativa dei
lavoratori e non dall'alternanza dei banchieri e del loro personale politico
ulivista.
Ma
il movimento operaio e tutti i movimenti potranno farsi carico di questa
necessità ad una sola condizione: la propria piena autonomia dalle forze
borghesi liberali del centro dell'Ulivo. Senza questa autonomia non c'è né
l'opposizione a Berlusconi oggi, né l'alternativa vera a Berlusconi domani. C'è
solo il rassegnarsi a fare da sgabello dell'ennesimo ricambio di centrosinistra
al prezzo della propria sconfitta sociale.
Per
questo l'autonomia politica del Prc dal centrosinistra, la salvaguardia in ogni
caso dell'opposizione comunista sia al centrodestra che al centrosinistra, non
sono dunque solo atti dovuti all'identità comunista. Sono al servizio di
milioni di lavoratori e di giovani per un'alternativa di società e di potere.
17
giugno 2003