Marxismo rivoluzionario n. 3 - archivi / dal "che fare?" (1902)
COSCIENZA
SPONTANEA E COSCIENZA SOCIALISTA
di
Vladimir Ilic Lenin
Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario.
Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un periodo in cui la
predicazione opportunistica venuta di moda è accompagnata dall’esaltazione
delle forme più anguste di azione pratica. Ma per la socialdemocrazia russa, in
particolare, la teoria acquista un’importanza ancora maggiore… Innanzi
tutto, il nostro partito è ancora in via di formazione, sta ancora definendo la
sua fisionomia ed è ben lungi dall’aver saldato i conti con le altre correnti
del pensiero rivoluzionario, che minacciano di far deviare il movimento dalla
giusta via. Anzi, proprio in questi ultimi anni… ci troviamo di fronte ad una
reviviscenza delle tendenze rivoluzionarie non socialdemocratiche. In siffatte
condizioni, un errore, che a prima vista sembra “senza importanza”, può
avere le più deplorevoli conseguenze; e bisogna essere ben miopi per giudicare
inopportune e superflue le discussioni di frazione e la rigorosa definizione
delle varie tendenze. Dal consolidarsi dell’una piuttosto che dell’altra
“tendenza” può dipendere per lunghi anni l’avvenire della
socialdemocrazia russa… Ricordiamo le osservazioni di Engels (1874)
sull’importanza della teoria nel movimento socialdemocratico. Secondo
Engels, esistono non due forme della grande lotta socialdemocratica
(politica ed economica) — come si pensa abitualmente fra noi —, ma tre,
ponendosi accanto a queste anche la lotta teorica. […]
L’esperienza
rivoluzionaria e la capacità organizzativa sono cose che si acquistano. Basta
voler sviluppare in sé le qualità necessarie! Basta aver coscienza dei propri
errori, coscienza che, nelle questioni rivoluzionarie, equivale già ad una
mezza correzione! Ma il mezzo male diventa un male effettivo quando questa
coscienza comincia ad oscurarsi… quando c’è della gente… che è pronta a
presentare le deficienze come virtù e persino a tentare di giustificare teoricamente
la propria sottomissione servile alla spontaneità. E’ tempo di fare il
bilancio di questa tendenza, molto inesattamente definita col termine di “economismo”,
che è troppo ristretto per esprimerne tutto il contenuto. […]
Ogni
sottomissione del movimento operaio alla spontaneità, ogni menomazione
della funzione dell’“elemento cosciente”, della funzione della socialdemocrazia
significa di per sé — non importa lo si voglia o no — un
rafforzamento dell’influenza dell’ideologia borghese sugli operai.
Tutti coloro che parlano di “sopravvalutazione della ideologia”, di
esagerazione della funzione dell’elemento cosciente, ecc., immaginano che il
movimento puramente operaio sia di per sé in grado di elaborare — ed elabori
in realtà — una ideologia indipendente; che ciò che più conta sia che gli
operai “strappino dalle mani dei dirigenti le loro sorti”. Ma questo è un
profondo errore…
Per
completare quanto abbiamo detto sopra, riportiamo anche le seguenti parole di K.
Kautsky, profondamente giuste e importanti… “La coscienza socialista è
quindi un elemento importato nella lotta di classe del proletariato
dall’esterno [von aussen hineingetragenes], e non qualche cosa che ne
sorge spontaneamente [urwüchsig]. Il vecchio programma… diceva dunque
molto giustamente che il compito della socialdemocrazia è di introdurre nel
proletariato [letteralmente: di permeare il proletariato] la coscienza della sua
situazione e della sua missione. Non occorrerebbe far questo se la coscienza
emanasse da sé dalla lotta di classe”…
Dal
momento che non si può parlare di una ideologia indipendente, elaborata dalle
stesse masse operaie nel corso stesso del loro movimento, la questione si può
porre solamente cosí: o ideologia borghese o ideologia socialista. Non
c’è via di mezzo (poiché l’umanità non ha creato una “terza”
ideologia, e, d’altronde, in una società dilaniata dagli antagonismi di
classe, non potrebbe mai esistere una ideologia al di fuori o al di sopra delle
classi). Ecco perché ogni menomazione dell’ideologia socialista,
ogni allontanamento da essa implica necessariamente un rafforzamento
dell’ideologia borghese. Si parla della spontaneità; ma lo sviluppo spontaneo
del movimento operaio fa sí che esso si subordini all’ideologia borghese…
perché il movimento operaio spontaneo è il tradunionismo, la Nur-Gewerkschaftlerei
[puro economicismo], e il tradunionismo è l’asservimento ideologico degli
operai alla borghesia. Perciò il nostro compito, il compito della
socialdemocrazia, consiste nel combattere la spontaneità, nell’allontanare il
movimento operaio dalla tendenza spontanea del tradunionismo a rifugiarsi sotto
l’ala della borghesia; il nostro compito consiste nell’attirare il movimento
operaio sotto l’ala della socialdemocrazia rivoluzionaria. […]
La
coscienza della classe operaia non può diventare vera coscienza politica se gli
operai non si abituano a reagire contro ogni abuso, contro ogni manifestazione
dell’arbitrio e dell’oppressione, della violenza e della soperchieria,
qualunque sia la classe che ne è colpita, e a reagire da un punto di vista
socialdemocratico e non da un punto di vista qualsiasi. La coscienza delle masse
operaie non può essere una vera coscienza di classe se gli operai non imparano
a osservare, sulla base dei fatti e degli avvenimenti politici concreti e
attuali, ognuna delle altre classi sociali in tutte le manifestazioni della vita
intellettuale, morale e politica; se non imparano ad applicare in pratica
l’analisi e il criterio materialistico a tutte le forme d’attività e
di vita di tutte le classi, strati e gruppi della popolazione. Chi induce
la classe operaia a rivolgere la sua attenzione, il suo spirito di osservazione
e la sua coscienza esclusivamente, o anche principalmente, su se stessa, non è
un socialdemocratico, perché per la classe operaia la conoscenza di se stessa
è indissolubilmente legata alla conoscenza esatta dei rapporti reciproci di tutte
le classi della società contemporanea, e conoscenza non solo teorica, anzi, non
tanto teorica, quanto ottenuta attraverso l’esperienza della vita politica.
Ecco perché la predicazione dei nostri economisti, i quali sostengono che la
lotta economica è il mezzo più largamente applicabile per trascinare le masse
nel movimento politico, è cosí profondamente reazionaria nei risultati
pratici. […]
La
coscienza politica di classe può essere portata all’operaio solo
dall’esterno, cioè dall’esterno della lotta economica, dall’esterno
della sfera dei rapporti tra operai e padroni. Il solo campo dal quale è
possibile attingere questa coscienza è il campo dei rapporti di tutte le
classi e di tutti gli strati della popolazione con lo Stato e con il governo, il
campo dei rapporti reciproci di tutte le classi.
[da
Vladimir I. Lenin, Che fare?, Editori riuniti, Roma 1974, pp. 55, 61, 71,
74, 105-106, 115-116]