Marxismo rivoluzionario n. 3 - libri

 

BRASILE, UN FRONTE POPOLARE IN EDIZIONE AGGIORNATA

“Governo Lula, dall’illusione alla realtà”: pubblichiamo l’“Introduzione”

 

 

di Osvaldo Coggiola

 

La vittoria elettorale del Partito dei lavoratori (Partido dos Trabalhadores, PT) e di Luiz Inácio Lula da Silva nell’ottobre e nel novembre 2002, il successivo insediamento del nuovo governo del Brasile, nel gennaio 2003, hanno prodotto un avvenimento complesso e di proporzioni mondiali. La vittoria del PT alle presidenziali, giunta al quarto tentativo di Lula, ha coronato una lunga aspirazione del popolo brasiliano. Al tempo stesso, ha consentito che al governo del paese più importante dell’America latina accedesse il simbolo della corrente internazionale più o meno organizzata nel Forum sociale mondiale e del cosiddetto movimento antiglobalizzazione, o noglobal. Il centro organizzativo e politico di questo movimento era stato proprio il Brasile, in particolare la città su cui da più tempo governava il PT, Porto Alegre. Il governo di Lula funge oggi, come allora, da test universale per quella corrente che “Le Monde diplomatique” ha denominato “internazionale ribelle”. Eppure, a un anno circa di distanza, la constatazione espressa da un giornalista americano trova ormai tutti concordi: “Da Silva ha sorpreso molti osservatori con il suo sbilanciamento politico verso il centro, assegnando a moderati, e addirittura a conservatori, i posti chiave dell’economia, impegnandosi a pagare il colossale debito estero del Brasile, e favorendo un boom della Borsa che ha fatto crescere il valore della moneta brasiliana.” (1)Il Partito dei lavoratori era stato fondato nel 1980, durante la crisi politica della cosiddetta “apertura” della dittatura militare a seguito di una nuova offensiva del movimento degli operai e dei contadini, e di una serie di scioperi organizzati dal movimento dell’Abc paulista2, formatosi nel 1978, i cui massimi dirigenti sarebbero divenuti successivamente i leader dello stesso PT. Fu nel 1982, in occasione delle elezioni per il governo dello stato federale, che il Partito dei lavoratori affrontò la prima esperienza elettorale. A San Paolo, culla del PT, il candidato a governatore - e figura-simbolo del partito - Luiz Inácio Lula da Silva, superò di poco l’11% dei voti. Ma era comunque molto di più di quanto il partito avesse ottenuto negli altri stati. Quasi venti anni dopo, il PT e Lula hanno vinto le elezioni presidenziali del 2002, conseguendo, con più di 52 milioni di voti, una vittoria schiacciante al secondo turno. Lula si era già candidato altre tre volte alle presidenziali ma senza successo, sconfitto al secondo turno nelle prime due occasioni (1989, 1994) e al primo turno nella terza (1998).Ma fin dall’inizio, dal 1989, la candidatura di Lula e, in generale, le candidature del PT, non furono mai presentate come indipendenti dalla borghesia, neppure formalmente (nel 1982, lo slogan della campagna di Lula per l’elezione del governo di San Paolo era: “Vota per il numero 3, il resto è borghese”). Nel 1989, si formò il Frente Brasil Popular (Fbp), in seno al quale nacque un’alleanza con alcuni fantomatici personaggi politici della borghesia (ad esempio, il candidato alla vicepresidenza, il gaúcho João Paulo Bisol), e con figure marginali della politica borghese, un’alleanza stretta col pretesto di rendere il PT “accettabile” alle classi medie. Tra il 1989 e il 2002, il PT ha imboccato la strada che lo avrebbe portato dall’alleanza con l’“ombra della borghesia”, per usare il termine impiegato da Trotsky per il Fronte popolare spagnolo del 1936, a quella con la borghesia vera e propria, concretizzatasi poi nel ticket presidenziale Lula-Alencar, e soprattutto nella compagine governativa nata con la vittoria elettorale di Lula.Quella svolta politica iniziale intendeva rendere espliciti i limiti che il PT si sarebbe imposto in caso di vittoria nello scontro elettorale ed era rivolta più alla borghesia, ossia alla classe dominante, che non alle classi medie. La conclusione di questa svolta si ebbe con la messa al bando di ogni tendenza trotskista nonché con l’espulsione dei militanti rivoluzionari che si opponevano esplicitamente alla politica del Frente popular, ritenendolo una sorta di riedizione di quello così presentato da Trotsky nel Programma di transizione del 1938: “Sotto il segno della Rivoluzione di Ottobre, la politica conciliatrice dei "fronti popolari" vota la classe operaia all’impotenza ed apre la strada al fascismo. I fronti popolari, da una parte, e il fascismo, dall’altra, sono le ultime risorse politiche dell’imperialismo nella lotta contro la rivoluzione proletaria. Tuttavia, dal punto di vista storico, queste due risorse sono soltanto finzioni. La putrefazione del capitalismo è inarrestabile, sia sotto il segno del berretto frigio in Francia che sotto quello della svastica in Germania. Solo la caduta della borghesia può offrire una via d’uscita”.A vincere le elezioni del 2002 è stato il Frente Brasil Popular, l’alleanza tra PT e Partido liberal (PL), la “formula” Lula-Alencar. Certamente, il revival del Fronte Popolare, dopo lo scossone burocratico e la fine dell’Urss, nel periodo 1989-1991, non viene più posto, in questo nuovo secolo, “sotto il segno della Rivoluzione di Ottobre”, come è avvenuto nei decenni precedenti. Il suo alibi ideologico non sta più nella necessità di una “tappa della rivoluzione democratica”, precedente e distinta dalla rivoluzione proletaria, come durante lo stalinismo, bensì nell’“universalità storica della democrazia”, una teoria partorita nei bassifondi dello stalinismo, ovvero nella sua tappa di decomposizione gorbacioviana. Il PT non ha mai avuto una definizione programmatica operaia indipendente (in realtà, non ha mai avuto una definizione programmatica), e la sua struttura politica e organizzativa è stata ben presto gestita da dirigenti della piccola borghesia “di sinistra”. Ciò significa, praticamente, che in nessun momento della sua storia il PT è stato portatore dell’indipendenza politica del movimento operaio, seppure con limitazioni ideologiche. Ma il Fbp ha vinto lo scontro elettorale del 2002 per la presenza dominante di Lula e del PT nella coalizione, perché era considerato il rappresentante degli interessi della classe operaia, dei contadini e dei poveri del paese in generale. Le considerazioni di tattica politica fatte da Trotsky riguardo ai governi di collaborazione (delle classi) conservano perciò pieno vigore metodologico, come quella espressa nel testo sopra menzionato: “Dall’aprile al settembre del 1917, i bolscevichi chiesero con forza ai socialrivoluzionari e ai menscevichi di rompere con la borghesia liberale e di prendere il potere. I bolscevichi, da parte loro, promettevano ai menscevichi e ai socialrivoluzionari, rappresentanti piccolo-borghesi degli operai e dei contadini, il loro sostegno rivoluzionario contro la borghesia, rifiutandosi, però, categoricamente, di entrare nel governo dei menscevichi e dei socialrivoluzionari e di essere politicamente responsabili della loro attività. Se i menscevichi e i socialrivoluzionari avessero realmente rotto con i cadetti (liberali) e con l’imperialismo straniero, il 'governo operaio-contadino' da essi creato avrebbe solo facilitato e accelerato l’instaurazione della dittatura del proletariato Ma è proprio per questa ragione che i vertici della democrazia piccolo-borghese si opposero con tutte le loro forze all’instaurazione del loro stesso governo. L’esperienza della Russia dimostrò e l’esperienza della Spagna e della Francia lo confermano, nuovamente, che, anche in condizioni molto favorevoli, i partiti della democrazia piccolo-borghese (socialrivoluzionari, socialdemocratici, stalinisti, anarchici ecc.) sono incapaci di creare un governo operaio e contadino, ossia, un governo indipendente dalla borghesia.”Negli anni novanta, dopo la sconfitta del 1989, e parallelamente alla “depurazione” del PT, il partito conquistò il governo in un numero crescente di stati e comuni, sviluppando una cosiddetta “cultura di governo”, che in realtà si tradusse in un adeguamento sempre più stretto all’ordine esistente, l’ordine del capitale imperialista. A Porto Alegre e nel Rio Grande do Sul, vetrine non solo nazionali, ma anche internazionali del PT (a tal punto da trasformare Porto Alegre in una specie di sede permanente del Forum sociale mondiale) il partito sviluppò il “bilancio partecipativo”, una politica che sarebbe poi stata ufficialmente raccomandata dalla Banca mondiale, e fu il primo ad applicare la tassazione delle pensioni, proposta dal governo di Fernando Henrique Cardoso (FHC) e che era stata bocciata a livello nazionale.Nella sua prima dichiarazione dopo la vittoria di Lula, nel 2003, la direzione nazionale del PT ha affermato: “Il governo si è formato con una configurazione di centrosinistra, con una chiara egemonia della sinistra, definita dalla forte presenza del PT e dei suoi alleati tradizionali. Oltre ai partiti di sinistra - PT, PcdoB (Partido Comunista do Brasil), PV (Partido Verde), Psb (Partido Socialista Brasileiro), Pdt (Partido Democratico do Trabalho) e Pps (Partido Popular Socialista) - e ai partiti di centro - Ptb (Partido dos Trabalhadores Brasileiros), PL (Partido Liberal) e settori del Pmdb (Partido do Movimento Democratico Brasileiro) - il governo è contrassegnato da una importante componente non partitica, rappresentata dai ministri dell’agricoltura, dell’industria e del commercio. Tale componente esprime il tentativo di costruire una alleanza con l’imprenditoria nazionale”. Dietro questo inganno, che inizia col qualificare “di sinistra” apparati reazionari del clero evangelico e l’opportunismo della borghesia in ogni sua manifestazione, si nasconde in realtà il ruolo centrale del capitale finanziario internazionale nel governo di Lula. Nel giugno del 2002, prima delle elezioni, nella Lettera al popolo brasiliano, la direzione del PT si era impegnata a portare avanti le leggi sulla “responsabilità fiscale” e sull’eccedenza primaria; il pagamento del debito estero; la piena sottomissione al Fmi (Fondo monetario internazionale). Tali promesse hanno incentivato l’appoggio di importanti settori del capitalismo alla candidatura de Lula, e la sua stessa vittoria elettorale, dopo tre sconfitte consecutive. Negli ultimi anni, il PT e il Fronte popolare si sono completamente adeguati alle “regole di mercato” nell’amministrazione di municipi e stati. Ha sostenuto questa opzione perché necessaria alla “governabilità”, a causa del controllo esercitato dalla destra borghese sulla presidenza della Repubblica. Ora, propone la difesa della governabilità del governo del Brasile, per l’impossibilità di controllare la situazione politica ed economica mondiale. Il governo del PT nel Rio Grande do Sul ha dato il buon esempio, mantenendo il congelamento dei salari degli impiegati pubblici, tagliando le spese e gli investimenti sociali, pagando però religiosamente il debito. Così il PT, promosso a pieni voti dagli organismi finanziari internazionali è stato respinto dall’elettorato operaio del sud che ha premiato il candidato di destra, Germano Rigotto, del Pmdb, partito della coalizione sconfitta a livello nazionale. Passiamo, adesso ad analizzare gli antecedenti del cambiamento politico in Brasile e la politica portata avanti dal governo Lula-Alencar fino al momento presente (ottobre 2003), nei suoi aspetti principali. Tenteremo, dunque, di riflettere sulla politica degli “antiglobalizzatori” al potere, consci dei rischi e dei limiti intrinseci ad ogni esercizio di “storia immediata”.

 

 

Note

 

1 M. Williams, Brazil’s leader confound critics, “The Atlanta Journal”, 10 ottobre 2003.

 

2 Così si definisce la periferia industriale di San Paolo.