L'ORDINE DEL GIORNO DI PROGETTO COMUNISTA AL COMITATO POLITICO NAZIONALE DEL 28-29 GIUGNO

 

Cari compagni, care compagne, vi inviamo qui il testo dell'ordine del giorno presentato da Progetto comunista al Comitato Politico Nazionale che si è riunito sabato e domenica scorsi. L'insieme dei materiali verrà pubblicato da Liberazione nei prossimi giorni.

Il documento di Bertinotti -che sancisce la svolta del Prc nella prospettiva di un abbraccio governista con i liberali dell'Ulivo per la prossima legislatura- ha ricevuto il sostegno delle varie anime della maggioranza: dall'area dell'Ernesto (Grassi-Sorini) fino ai compagni di Erre (ex Bandiera Rossa, Turigliatto e Maitan). Questi ultimi hanno superato le "proccupazioni" che avevano espresso nei giorni scorsi e compaiono ora tra i firmatari del documento bertinottiano.

Sulle due posizioni realmente presenti nel dibattito del partito -quella di Progetto comunista e quella Bertinotti-Grassi-Ferrero-Maitan- si apre ora il dibattito in tutto il corpo militante di Rifondazione. I segnali che riceviamo (l'andamento di attivi di circolo, di comitati federali) ci indicano che le precedenti collocazioni congressuali sono un argine solo per il gruppo dirigente centrale, mentre tra i militanti del partito è in crescita il disorientamento ma anche il dissenso di fronte a questa ennesima capriola . Una prima riprova ci viene dal numero davvero notevole di sottoscrizioni al testo di Appello che abbiamo lanciato nei giorni scorsi che stanno affluendo al nostro fax e alla nostra casella e-mail.

Rinnoviamo dunque l'invito a tutti i compagni e le compagne che condividono il senso generale della battaglia che abbiamo avviato contro la sciagurata ipotesi di un governo liberale sostenuto da ministri del Prc (questo è l'obiettivo che il gruppo dirigente ha esplicitato al Cpn) e a favore invece della costruzione di Rifondazione come opposizione di classe per l'alternativa, a sottoscrivere l'Appello, a farlo circolare, a raccogliere altre firme di iscritti al partito, a presentare ordini del giorno in attivi di circolo, direttivi, comitati federali: chiedendo di poter essere presenti anche in circoli dove non ci sono compagni di Progetto comunista ad argomentare il nostro dissenso e la nostra proposta, perché le due proposte in campo abbiano gli stessi spazi per essere sostenute.

Per chi non l' avesse ancora scaricato, segnaliamo che il modulo per la raccolta delle firme è qui disponibile. Infine segnaliamo che è utile (e quindi abbiamo inserito la dicitura nell'aposito modulo) precisare, oltre alla federazione, il circolo Prc di appartenenza.

Francesco Ricci


 

L'ORDINE DEL GIORNO DI PROGETTO COMUNISTA AL COMITATO POLITICO NAZIONALE DEL 28-29 GIUGNO

 

Dopo un biennio di movimenti, la sconfitta del referendum, l'aggravamento dello scenario sociale e politico, lo stesso risultato modesto del Prc alle elezioni amministrative hanno prodotto nel loro insieme amarezza e preoccupazione nel nostro partito. Il quale ha esigenza, tanto più oggi, di risposte reali e non propagandistiche: e soprattutto di un bilancio di verità e di una nuova politica sul terreno del rilancio dell'opposizione di classe e, in essa, dell'opposizione comunista.

Viceversa l'annuncio della svolta verso un accordo di governo con l'Ulivo è l'esatto capovolgimento di quella necessità, un nuovo fattore di disorientamento profondo del nostro partito, una grave minaccia al suo stesso futuro.

UN BILANCIO VERO DEL REFERENDUM

Il risultato negativo del referendum non va esasperato, ma neppure può essere attribuito ad un'indistinta "crisi della politica". Al di là di cause contingenti e occasionali, esso si lega a concreti fattori di fondo e a precise responsabilità politiche che vanno apertamente rilevati e denunciati:

a) L'impegno astensionista del centro liberale dell'Ulivo, a fianco di Berlusconi e Confindustria: che ha rivelato, una volta di più, la natura di classe borghese di quelle forze smentendo oltretutto i cosiddetti "impegni di lealtà" verso il Prc e la sua iniziativa referendaria (annunciati con enfasi da Liberazione come "importanti risultati" dell'incontro tra Prc e Ulivo del 6 marzo).

b) La diffusa latitanza del gruppo dirigente della Cgil, che ha sì dichiarato positivamente il suo SI', ma nella grande maggioranza delle situazioni e delle categorie (in particolare nel pubblico impiego) non l'ha investito in una battaglia attiva nei luoghi di lavoro, ed anzi l'ha accompagnato con scelte contrattuali concertative e perdenti (dalle ferrovie alla scuola) che hanno ingenerato disorientamento e demoralizzazione. Ciò che richiama una volta di più l'esigenza di una nostra battaglia alternativa in CGIL, che tragga un bilancio di fondo della traiettoria di "Cambiare Rotta" e della nostra politica sindacale, che ha raggiunto il punto di massima caduta col voto unanime a Cofferati in conclusione dell'ultimo congresso della CGIL.

c) Un quadro politico generale contraddittorio che se da un lato registra un disincanto verso Berlusconi di settori popolari del suo elettorato, dall'altro rivela una crisi reale dei movimenti di massa dell'ultimo biennio, nel loro insieme e nelle loro specificità: ciò che ripropone un bilancio della gestione politico-sindacale del conflitto sociale di questi anni (mancata piattaforma unificante, scioperi centellinati, mancato affondo contro il governo) ma anche un bilancio della nostra mancata proposta alternativa a quella gestione.

L'errore profondo del nostro partito non sta nell'aver promosso il referendum. Sta nell'averlo concepito come surrogato istituzionale di una proposta d'azione sul terreno centrale della lotta, ed anzi come "unica risposta" alle politiche di Berlusconi e "unico sbocco" possibile dei movimenti di massa dell'ultimo biennio. Questa impostazione è stata doppiamente sbagliata: perché da un lato ha assolto le direzioni maggioritarie del movimento operaio, coprendo quella politica di dispersione e contenimento dei movimenti che è poi rimbalzata sullo stesso risultato referendario; e dall'altro ha alimentato un'illusione falsa e pericolosa, destinata, una volta sconfitto il referendum, a moltiplicare smarrimento e passivizzazione ingenerando nella stessa avanguardia la sensazione di un vuoto disarmante di prospettiva. Occorre trarre da questa esperienza una lezione di fondo: nessuna battaglia istituzionale può sostituire un'indicazione di prospettiva sul terreno della lotta e una battaglia di indirizzo in questo ambito.

IL VOTO AMMINISTRATIVO DEL PRC

Parallelamente il risultato delle elezioni amministrative per il Prc ci dice che la stagione dei movimenti non ha soffiato, elettoralmente, nelle nostre vele ma in quelle del centrosinistra.
Nel momento di massima esigenza di una forza alternativa; nel momento in cui la crisi del cofferatismo apriva uno spazio ampio per il Prc; nel momento in cui l'iniziativa del referendum segnava in ogni caso una forte visibilità del partito, il Prc ha riportato un dato di sostanziale stagnazione. Questo fatto non può essere eluso, va spiegato. E la verità è che la rinuncia per anni ad una battaglia di egemonia alternativa nei movimenti, nel nome della retorica movimentista, non solo non ha dato prospettiva ai movimenti ma ha profondamente danneggiato il nostro stesso partito persino sul terreno elettorale. Non si può essere riconoscibili come forza alternativa sul terreno elettorale se non si è riconosciuti sulla base di una proposta alternativa all'interno delle lotte di massa. Non si possono mettere radici sociali nei luoghi di lavoro e nelle stesse organizzazioni di massa senza una battaglia caratterizzante che motivi il senso stesso del radicamento.
Tutto questo ha enormemente avvantaggiato l'Ulivo: il quale può oggi lavorare da una posizione di maggior forza per cercare di subordinare i movimenti in crisi alla propria egemonia liberale, e un Prc ridimensionato alla propria ipotesi di governo d'alternanza.

PER UN'ALTERNATIVA DI CLASSE A BERLUSCONI

Questo quadro generale richiede allora una nostra svolta generale di indirizzo nell'interesse sia dei movimenti che del Prc.

E' necessario superare un movimentismo acritico e inconcludente e battersi in ogni movimento su una proposta di unificazione delle lotte e di autonomia dal centro liberale dell'Ulivo. 11 milioni di SI' all'estensione dell'art. 18 contro Berlusconi, Rutelli e D'Alema sono una base di partenza preziosa per questa nuova politica. Dobbiamo assumere questo campo sociale come terreno di costruzione di un polo di classe anticapitalistico che si candidi all'egemonia sull'insieme delle masse subalterne e che miri a cacciare Berlusconi per un'alternativa dei lavoratori in piena autonomia dalle forze liberali dell'Ulivo. Su questo terreno vanno sfidate all'unità d'azione tutte le forze del fronte referendario a partire dalla necessità di una risposta di lotta generale e radicale all'attacco del governo su lavoro, pensioni, libertà democratiche: una risposta che non può limitarsi alle 2 ore di sciopero simbolico decise dalla Cgil -del tutto risibili- ma che invece richiede la disponibilità ad una vera prova di forza e ad una svolta di linea del movimento sindacale e di classe.

In ogni movimento e nelle organizzazioni di massa va avanzata una proposta di mobilitazione generale e unitaria che sommi tutte le ragioni sociali e politiche dell'opposizione a Berlusconi che i movimenti hanno espresso in questi anni. In questo quadro va avanzata una proposta di piattaforma di lotta unificante del movimento operaio capace di aggregare attorno ai lavoratori l'insieme del blocco sociale alternativo:

a) Ritiro delle misure governative di flessibilità selvaggia del lavoro e abolizione del Pacchetto Treu;

b) Difesa incondizionata delle pensioni dai nuovi attacchi annunciati;

c) Forti aumenti salariali per l'insieme del lavoro dipendente;

d) Un vero salario garantito per i disoccupati senza contropartita di flessibilità;

e) Nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle industrie in crisi e che licenziano a partire dalla FIAT;

Su questa piattaforma generale, che parte dall'opposizione immediata e radicale alle misure del governo, va proposta nella Cgil e tra i lavoratori la costruzione di uno sciopero generale prolungato sino alla sconfitta di Berlusconi. A tutte le forze del fronte referendario va chiesto di non sacrificare la coerenza di una lotta vera alle compatibilità del centrosinistra. Perché, all'opposto, solo una comune rottura col centro liberale può liberare finalmente un'opposizione radicale e di massa, determinata non solo a partecipare ma a vincere contro Berlusconi.

NO ALL'ACCORDO DI GOVERNO CON L'ULIVO

Viceversa la nuova direzione di marcia del Prc verso un accordo di governo con l'Ulivo rimuove alla radice le necessità indicate. Invece di lottare nei movimenti per la loro autonomia dai liberali dall'Ulivo si chiede ai movimenti di integrarsi nel negoziato programmatico con l'Ulivo. Invece di lottare nei movimenti per superare ogni loro illusione di poter contaminare il centro liberale, si alimenta nei movimenti quella illusione senza futuro, per di più affermando che l'Ulivo è già cambiato in "propensioni" e "culture", grazie all'influenza contagiante dei movimenti. Questa intera impostazione non regge né all'evidenza né alla logica. Lungi dall'essere contagiato dai movimenti, il centro liberale dell'Ulivo è appena reduce da un'alleanza con Confindustria contro i più elementari diritti del lavoro. Ha votato la spedizione militare di Berlusconi in Irak. Chiede un più forte imperialismo europeo dotato di un proprio esercito. Rivendica con Rutelli l'ampliamento delle spese militari per la prossima Finanziaria. Loda Fazio e Bankitalia sulla questione delle pensioni. Rinuncia alla battaglia coerente contro il lodo Maccanico e avalla l'operazione di Berlusconi contro il Corriere. E soprattutto lavora per un'alternanza liberale di governo sorretta dai poteri forti a partire dalle grandi banche e da settori di grande impresa, contro il conflitto sociale e i movimenti.

UNA PROSPETTIVA CONTRO I MOVIMENTI E CONTRO LA COSTRUZIONE DEL PRC

Per questo puntare a un accordo di governo col centro dell'Ulivo significa tanto più ora contraddire totalmente tutte le lotte e i movimenti di questi anni e le stesse ragioni di classe della nostra battaglia referendaria. Di più: significa di fatto corresponsabilizzarci alla sconfitta dei movimenti a vantaggio dei loro avversari liberali. E' una prospettiva che ripropone il sentiero già battuto e già fallito del nostro sostegno al governo Prodi dal '96 al '98. E per di più lo aggrava: sia perché prevede un nostro ingresso diretto al governo e quindi una maggiore dipendenza dalle politiche del capitale finanziario, sia perché contrasta ancor più direttamente con quelle potenzialità della giovane generazione che si sono affacciate nella ripresa di massa dell'ultimo biennio.

Inoltre questa prospettiva politica milita contro la costruzione stessa del Prc.

Il solo perseguimento di una nuova prospettiva di governo con i liberali ha come primo effetto la cancellazione pregiudiziale e definitiva di qualsiasi possibile battaglia di egemonia alternativa nei movimenti e nelle organizzazioni di massa, a partire dalla Cgil: una battaglia che invece è decisiva per costruire finalmente il Prc come partito radicato tra le masse. E soprattutto per conquistare quell'ampio settore di avanguardia giovanile che è l'ambito stesso di un possibile radicamento.

PER UN CONGRESSO STRAORDINARIO DEL PRC

Questa prospettiva non ha un mandato reale da parte del partito. Il V Congresso del Prc, al di là di singole formulazioni -certo significative- del testo di maggioranza, non ha avuto al centro del proprio dibattito una prospettiva di governo con l'Ulivo. Ed anzi formalmente proprio la rottura col governo Prodi è stata celebrata come l'inizio della vera Rifondazione.

La nuova svolta va dunque immediatamente sospesa. Solo il corpo dei militanti e degli iscritti del Prc può decidere, democraticamente, il futuro del partito. Per questo è necessario aprire subito l'itinerario di un congresso straordinario del Prc che dia la parola a tutti i militanti e consenta un confronto paritario delle posizioni.

Tutti i militanti e gli iscritti del Prc devono poter decidere oggi, non domani "a fatto compiuto", qual è il futuro del proprio partito. E poiché questo confronto, per essere libero, deve avvenire su un terreno sgombro, vanno revocati gli atti già compiuti nella prospettiva di governo con l'Ulivo: a partire dall'abrogazione delle commissioni programmatiche con Treu e Mastella formalmente istituite con l'incontro Prc-Ulivo del 6 marzo.

 

Marco Ferrando (DN), Franco Grisolia (DN), Matteo Malerba (DN)