PER UN NUVO LIVELLO DELLA NOSTRA BATTAGLIA POLITICA NEL PRC
Trovate qui sotto una nota di analisi della fase politica -con particolare riferimento alla "svolta" del gruppo dirigente maggioritario del Prc e all'accelerazione impressa negli ultimi giorni alla ricomposizione con l'Ulivo- e di indicazione circa i compiti che i compagni e le compagne aderenti all'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista si pongono e pongono a tutti coloro che intendono sviluppare una battaglia contro il possibile futuro approdo di Rifondazione in un governo borghese di centrosinistra.
La svolta di Cofferati e il voto
amministrativo del 23-24 maggio hanno impresso una forte accelerazione al
processo di ricomposizione tra Ulivo e Prc: tale da richiedere
un'accelerazione simmetrica della nostra battaglia.
IL VOTO AMMINISTRATIVO DI MAGGIO
Il voto del 23-24 maggio, pur nella
sua parzialità contiene un segnale politico: registra le crescenti difficoltà
della coalizione di governo e un inizio di ripresa del centrosinistra.
Dal punto di vista generale si
registra una prima parziale modificazione degli equilibri tra i poli.
Confrontando il dato delle provinciali con il dato delle elezioni politiche
del 2001 emerge una flessione contenuta ma reale del centrodestra. Una
flessione in parte enfatizzata oltre le sue proporzioni reali dalla sconfitta
di Roma (e dalle sue indubbie specificità) e tuttavia estesa nazionalmente.
Lo stesso campione elettorale siciliano (dove il Polo alle politiche conquistò
la totalità dei seggi) registra una riduzione significativa dello scarto tra
le coalizioni (dal 15,6% al 9%).
Parallelamente il centrosinistra se
non conosce lo "straordinario successo" attribuitogli dalla
propaganda dei suoi stati maggiori, non solo si avvantaggia delle flessione
del Polo ma registra primi elementi di recupero. Questi elementi sono
individuabili nel dato provinciale, ma soprattutto nel dato elettorale delle
città capoluogo e, più in generale, nelle realtà urbane.
Naturalmente si tratta di spostamenti
ancora modesti, comunque influenzati dal carattere amministrativo della
competizione. E tuttavia riflettono un disincanto di settori popolari verso il
governo Berlusconi e l'impatto delle mobilitazioni di questi anni. E quindi,
al di là della imprevedibilità degli eventi e del carattere apertissimo
della partita, rafforzano l'ipotesi di un possibile cambio di governo in
occasione delle elezioni politiche. Considerando che il differenziale di voti
assoluti tra le coalizioni nel 2001 fu appena di seicentomila unità.
LA DIALETTICA INTERNA AI DUE POLI
A queste considerazioni
"quantitative" si aggiungono elementi di interesse politico relativi
alla dialettica interna ai due poli.
Nel Polo delle Libertà, la flessione
ha colpito principalmente Forza Italia e Alleanza Nazionale. La prima, al di là
delle sue tradizionali difficoltà sul versante amministrativo, ha fatto da
parafulmine generale delle insoddisfazioni verso il governo e segnatamente
verso Berlusconi. La seconda subisce l'effetto concentrato di una crisi di
identità e collocazione (forza di destra o forza neocentrista?) e di una
crisi del suo blocco sociale, fortemente insidiato dalle politiche di taglio
delle spese statali (v. pubblico impiego). Se in Forza Italia è intravedibile
una ripresa di confronto interno tra tendenze consociative (Letta) e
"truppe d'assalto" (ad oggi Berlusconi-Ferrara) è proprio in AN che
può concentrarsi lo scontro interno più aspro, con effetti di ritorno sugli
equilibri di governo.
La Lega e l'Udc, dal canto loro, non
solo non compensano col loro "successo" le difficoltà di FI e AN ma
contribuiscono di fatto ad aggravare le contraddizioni del Polo. L'Udc, unica
forza vincente elettoralmente nel Polo, lavora a costruirsi su basi
neodemocristiane proprio ai danni di FI, in particolare nel sud, enfatizzando
la linea di contrasto con la Lega. La Lega, a sua volta (il cui successo
elettorale è in termini di voti di lista più immaginario che reale) sarà
ancor più spinta dalle necessità di difesa del proprio blocco sociale a
sviluppare una linea contrattualistica e ricattatoria nella coalizione: il cui
indebolimento complessivo rafforza peraltro la rendita di posizione della
Lega.
Sul versante del centrosinistra si
registra il ridimensionamento netto del centro tradizionale (la Margherita) e
un obiettivo rafforzamento dei Ds. Il calo verticale della Margherita rivela
che i risultati del 2001 erano sospinti dal ruolo d'immagine della candidatura
Rutelli: oggi il suo ridimensionamento riaprirà il conflitto interno a quel
partito tra la linea rutelliana (fare della Margherita la Forza Italia
dell'Ulivo in alternativa ai Ds) e la linea della componente dei Popolari
orientati ad accettare tanto più oggi il ruolo dominante dei Ds.
I Ds dal canto loro migliorano le
posizioni elettorali (seppur solo in percentuale e in misura più limitata
dell'apparenza) beneficiando a distanza dell'effetto Cofferati, secondo una
dinamica già osservata nelle prove elettorali del 2002. Ma soprattutto
rafforzano la propria posizione politica: la sconfitta della Margherita
rafforza la maggioranza Ds nella lotta per l'egemonia liberale nel
centrosinistra, nel mentre la parabola declinante del cofferatismo e la crisi
profonda del correntone rafforzano il controllo di Fassino sul partito. In
questo quadro va segnalato il reale successo del Pdci: l'unico partito del
centrosinistra ad accrescere sia i voti che le percentuali; un successo legato
alla capitalizzazione, seppur limitata, sia del vecchio effetto Cofferati sia
del suo declino (con voti provenienti dalla sinistra Ds). Complessivamente si
può dire che maggioranza Ds e Pdci sono gli unici beneficiari, dal punto di
vista elettorale, di quella stagione dei movimenti che hanno contrastato o
alla quale sono stati estranei (o marginali). Ciò tenderà a rafforzare il
peso dei Ds nella negoziazione degli equilibri di centrosinistra in vista
delle future elezioni politiche.
IL VOTO DEL PRC
Il Prc registra una sostanziale
stagnazione. Dal punto di vista strettamente elettorale conosce, a fronte dei
risultati del 2001, una perdita dello 0,3% sulle provinciali e una perdita ben
più netta (oltre il 2%) sul voto dei comuni. Si conferma peraltro una crisi
particolare del partito nel sud dove i risultati, con pochissime eccezioni,
registrano le cadute più consistenti. Complessivamente, assumendo il voto
delle provinciali come il più vicino al voto politico, e considerando che il
voto politico del Prc è normalmente un poco più elevato del voto
provinciale, possiamo dire che il Prc è oggi elettoralmente un partito
stagnante. Tre sono allora le osservazioni generali che si impongono:
a) la stagione dei movimenti non ha
soffiato elettoralmente nelle vele del Prc. La mancata battaglia di egemonia
alternativa nei movimenti di massa (in particolare verso il cofferatismo) e
l'appiattimento sulla pura retorica movimentista non ha aiutato i movimenti e
non ha premiato il partito. Al contrario ha aiutato la capitalizzazione
elettorale del movimentismo da parte degli avversari dei movimenti (vertici Ds);
b) la mancata caratterizzazione
alternativa del Prc sul terreno della battaglia di massa ha rafforzato la
dipendenza del voto del Prc dal quadro di coalizione col centrosinistra: nel
migliore dei casi (peraltro rari) il Prc è premiato come ala sinistra di una
coalizione borghese mentre è meno riconoscibile (in linea generale) quando si
presenta come forza autonoma. Paradossalmente proprio questo fatto, che
denuncia gli effetti della politica subalterna del partito, è e sarà evocato
per difendere e aggravare la linea di coalizione con la borghesia e la
rinuncia ad una prospettiva indipendente;
c) la mancata battaglia di egemonia
alternativa nei movimenti ha confermato e cronicizzato la debolezza del
radicamento reale del partito sul territorio, nei luoghi di lavoro, nelle
organizzazioni di massa. Basta pensare che l'avanzamento del ruolo politico
della Cgil nello scenario italiano si è accompagnato in questi anni
all'ulteriore indebolimento del ruolo del Prc nella Cgil. Il voto riflette
anche questa realtà di sradicamento.
La stagnazione politica del partito
dopo due anni di movimenti è dunque un atto di accusa contro la politica del
partito. E dimostra che nessuna iniziativa d'immagine di per sé (neppure il
referendum) può surrogare una crisi obiettiva di ragioni e radici.
Così si spiega il paradosso di un
partito virtualmente maggioritario nella società italiana sull'estensione
dell'articolo 18 e confinato ciò nonostante a un 5/6% di voti più o meno
stabilizzato.
ACCELERA L'INCONTRO GOVERNISTA PRC-ULIVO
Ma se il partito è elettoralmente
stagnante, il corso politico vero del suo gruppo dirigente è invece in pieno
movimento. Anzi, proprio in queste settimane assistiamo ad una accelerazione
impressionante della ricomposizione politica tra Prc e Ulivo.
Questa accelerazione dirompente è
sospinta congiuntamente da due fattori.
A) La crisi profonda del cofferatismo
libera uno spazio negoziale enorme per il Prc nel suo rapporto col centro
liberale dell'Ulivo. Proprio lo scampato "pericolo Cofferati" spinge
Bertinotti, per riflesso condizionato, a consolidare rapidamente il quadro
negoziale con il centrosinistra, occupando per così dire il campo.
B) Le crescenti contraddizioni interne
al Polo, unite alle incognite della vicenda giudiziaria di Berlusconi, rendono
reale (seppur, a nostro avviso, improbabile) l'ipotesi di elezioni politiche
anticipate. Ciò che richiede un'accelerazione preventiva dell'alleanza.
Questa accelerazione peraltro è
sempre più esplicita da parte di entrambi i soggetti contraenti, e sempre più
chiara nei suoi contenuti sostanziali: è un'alleanza per il governo comune
dell'Italia, con tanto di candidatura ministeriale del Prc. Più precisamente,
è un'alleanza esplicita tra Prc e centro borghese, di cui Bertinotti difende
sorti e causa, in nome di un asse privilegiato con Rutelli stabilito da tempo
(v. l'intervista sul Messaggero). Il negoziato vero e proprio attraverso le
commissioni istituite con Treu e Mastella non è ancora decollato formalmente
perché nessuno vuole bruciarlo sullo sfondo scomodo del referendum. Ma già
si annunciano, senza smentite, alcuni possibili termini di accordo (un
"salario sociale" scambiato con precariato). Ed è probabile che
dopo il referendum anche il quadro programmatico formale dell'intesa inizi a
fare passi in avanti.
Inoltre questa accelerazione unitaria
tra Prc e Ulivo non è solo un fatto oggettivo. Ma ha iniziato a occupare lo
scenario politico, il dibattito pubblico, a suscitare un'attenzione centrale
della stampa e dei media. Il rapporto tra Prc e Ulivo assume insomma una
elevata rilevanza pubblica come non accadeva da molto tempo.
IL SALTO NECESSARIO DELLA NOSTRA BATTAGLIA
L'accelerazione unitaria tra Ulivo e
Prc, la sua rilevanza pubblica, i suoi espliciti contenuti governisti, ci
costringono ad un salto immediato e corrispondente di battaglia politica.
In occasione delle due ultime
Direzioni Nazionali e del Comitato Politico Nazionale del partito avevamo
avanzato come richiesta centrale l'azzeramento delle commissioni
programmatiche con Treu e Mastella assieme all'avvio di una chiarificazione
politica di fondo. E questa richiesta l'avevamo concepita come base di
partenza di una campagna larga da sviluppare progressivamente, nel partito, ad
ogni livello, coniugata (una volta respinta la richiesta di revoca delle
commissioni) con la richiesta di Congresso straordinario. Il fine era quello
di far emergere "lo scandalo" di una prospettiva politica ancora
sotto traccia e quindi di denunciarla agli occhi del partito.
Ora la situazione è profondamente
diversa. Ora la prospettiva politica è chiara, pubblica, esplicitamente
dichiarata da tutte le parti in causa. La sola richiesta di revoca delle
commissioni è di fatto superata dagli avvenimenti. E il rischio non è più
la mancata visibilità dello scandalo, ma, all'opposto, quello di una sua
rapida metabolizzazione nel corpo profondo del partito: ciò che potrebbe
indebolire enormemente spazio e credibilità di una nostra denuncia tardiva.
Per questo, sulla base della
discussione avuta come Direttivo nazionale dell'Associazione marxista
rivoluzionaria Progetto comunista, e anche dagli spazi di elasticità tattica
che il Direttivo ha esplicitamente contemplato, individuiamo le seguenti
necessità prioritarie:
1) Avanzare formalmente, dopo il 15
giugno, in occasione della prima Direzione Nazionale del Prc la richiesta di Congresso
straordinario del partito. Con la motivazione più semplice:
"poiché ormai è esplicita, a conferma delle nostre previsioni, una
prospettiva di ricomposizione di governo con l'Ulivo; poiché il congresso
della... "svolta a sinistra" non ha esplicitato questa... svolta a
destra come prospettiva reale del partito, nascondendola invece nelle pieghe
dei documenti; poiché il partito ha il diritto e il dovere di discutere e
decidere da subito, democraticamente, della prospettiva in avvio, che
giudichiamo potenzialmente distruttiva per il Prc, solo un congresso
straordinario del partito può rispondere alla situazione creatasi."
Naturalmente la richiesta di Congresso
va accompagnata alla richiesta di convocazione immediata del Cpn.
2) Promuovere, dopo il 15 giugno, una
discussione a tutto campo nel Prc, chiedendo a tutti i livelli riunioni
specifiche di discussione su "dove va il partito"
(attivi degli iscritti, direttivi di circolo, comitati federali, comitati
regionali): presentando ovunque ordini del giorno; cercando ovunque di
raggruppare a sostegno dei nostri ordini del giorno il più vasto numero di
compagni. Questa iniziativa di discussione va promossa con determinazione e
tempestività sull'intero territorio nazionale. Definiremo nazionalmente una
ipotesi di testo di mozione (odg) da usare, con possibili articolazioni, nelle
situazioni locali. In ogni caso l'odg da presentare dovrà avere come asse
centrale il rifiuto di una prospettiva di governo con l'Ulivo, la denuncia
della gravità di quell'esito (la "distruzione delle ragioni politiche
del Prc"), la necessità di un immediato Congresso straordinario come
terreno di confronto e verifica democratica. A livello centrale cureremo
(attraverso la posta elettronica) la rassegna di tutte le iniziative di
battaglia politica dei nostri compagni, federazione per federazione.
3) Accompagnare la battaglia politica
con una petizione nazionale contro l'accordo di
governo con l'Ulivo e per il congresso straordinario del Prc: una petizione su
cui raccogliere la gamma di adesioni più vasta possibile, non solo, come in
passato tra i dirigenti del partito (dai direttivo di circolo al Cpn) ma anche
tra militanti di base e semplici iscritti. Si tratta infatti di una iniziativa
tesa a realizzare attorno a Progetto comunista una prima selezione del quadro
largo di riferimento per lo sviluppo successivo della nostra azione e
prospettiva. Per questo sarà importante evitare un uso autocentrato della
petizione (raccolta delle firme dei soliti noti) e invece usarla come
strumento di allargamento delle nostre relazioni, di ripresa di contatto con
l'area congressuale larga dei nostri sostenitori, di proiezione aperta verso
compagni di base della maggioranza, verso tutti i compagni che, sbagliando,
avevano letto il V Congresso come reale "svolta a sinistra" e che
quindi sono i più esposti, potenzialmente, al richiamo di una battaglia
comune per l'autonomia di classe del partito. E' necessario, infine, la
massima cura nel raccogliere gli indirizzi (anche di posta elettronica) dei
compagni firmatari della petizione, in modo da poter censire un quadro di
riferimento immediatamente contattabile nel futuro.
4) Utilizzare le stesse iniziative di presentazione dell'Associazione (e della rivista Marxismo Rivoluzionario) anche come occasioni di promozione della petizione. Raccordando così la battaglia nel partito alle ragioni generali, nazionali e internazionali, della nostra azione. Ciò che è decisivo per la costruzione dell'AMR e per l'allargamento del suo quadro militante.
I materiali necessari per la campagna
saranno disponibili per i collettivi dell'AMR subito dopo il 15 giugno. Ma è
importante che l'Associazione sia allertata da subito e abbia ben chiara la
rilevanza della battaglia che ci attende in rapporto alle finalità generali
dell'AMR e alle decisioni assunte nella sua Conferenza costitutiva. Per questo
ove possibile è senz'altro utile un'immediata riunione dei nostri collettivi.
BATTAGLIA NEL PARTITO E LINEA DI MASSA
La battaglia centrale che ci attende
nel partito non è separata né è separabile dalla nostra battaglia di massa.
Il referendum per l'estensione
dell'articolo 18 è stato ed è, in questo senso, un terreno importantissimo
di valorizzazione della nostra proposta generale, in alternativa
all'impostazione del partito. Il referendum ha di fatto costituito uno
spartiacque di classe nello scenario italiano. La convergenza di maggioranza
Ds e Margherita con la Confindustria e col governo Berlusconi nella
contrapposizione all'estensione dei diritti (come già sulla spedizione
militare in Irak) è la migliore documentazione pratica della nostra analisi e
della nostra proposta di "rottura col centro liberale". Questa
proposta, tanto più oggi, non va concepita come semplice richiesta di
autonomia politica del Prc. Ma come proposta di autonomia di tutto il
movimento operaio e di tutti i movimenti di massa dalle forze della borghesia
italiana. Per questo è essenziale ovunque possibile legare la battaglia del
SI' alla rottura col centro liberale:
a) proponendo all'intero fronte
referendario una reale battaglia unitaria per l'affermazione del SI' in aperto
contrasto col fronte astensionista e quindi incalzando le contraddizioni
enormi della Cgil (che combina la positiva indicazione del SI' ad un diffuso
disimpegno dalla battaglia unitaria e con la continuità contrattuale
concertativa, dai ferrovieri alla scuola);
b) proponendo all'intero fronte
referendario di connettere la battaglia per il SI' al rilancio di una
mobilitazione generale unificante contro il governo. Tanto più in un momento
in cui si affastellano in forma concentrata numerosi terreni di conflitto
(diritti, pensioni, spedizione coloniale in Irak, attacco agli spazi
democratici) che richiedono una risposta unificata e quindi una piattaforma
unificante. Peraltro la parabola declinante di Cofferati può favorire un
ascolto più attento al nostro bilancio critico della gestione cofferatiana di
due anni di movimento e pertanto alla necessità di una svolta;
c) proponendo all'intero fronte
referendario una rottura comune col centro liberale e una battaglia comune per
la cacciata del governo Berlusconi: nel nome di un'alternativa dei lavoratori
e delle lavoratrici quale "unica reale alternativa". In altri
termini dobbiamo dare, anche per questa via, un respiro e valenza di massa
alla proposta del "polo autonomo di classe" facendone sempre più
apertamente il nostro asse di caratterizzazione pubblica agli occhi
dell'avanguardia larga. Ciò che è essenziale in prospettiva per il lavoro di
costruzione del partito rivoluzionario.
p. la Presidenza nazionale
dell'AMR Progetto comunista,
Marco Ferrando