Appello

Contro un accordo di governo Prc-Ulivo

 

Con l'appello che trovate di seguito (e, già impaginato, nel file scaricabile, insieme a un file col modulo per raccogliere le adesioni) intendiamo promuovere una battaglia larga nel partito, e non solo nei suoi gruppi dirigenti, contro la nuova "svolta" del Prc in direzione di un accordo di governo con l'Ulivo.           

Per questo raccoglieremo le adesioni di tutti i compagni e le compagne del Prc che, indipendentemente dalla precedente collocazione congressuale, intendano battersi contro una prospettiva politica rovinosa.

Ci pare importante che l'appello venga gestito da subito, raccogliendo l'ampio disagio che oggi si va manifestando nel partito. Negli attivi del Prc, nelle manifestazioni e iniziative di partito, nelle feste di Liberazione è possibile e necessario garantire la circolazione dell'appello e la raccolta di adesioni.

Ogni compagno e compagna che intenda sottoscrivere l'appello e gestirlo nella sua situazione può farlo inviando poi le firme raccolte agli indirizzi che riportiamo qui sotto.

Periodicamente daremo attraverso la circolare di Progetto comunista e il nostro sito web una informazione sull'andamento dell'iniziativa.

Le adesioni all'appello possono essere inviate (utilizzando l'apposito modulo):

- per posta elettronica all'indirizzo

amr@progettocomunista.it

- per fax al numero 02 700 563 965

- per posta normale in busta a

Progetto comunista - via Ghinaglia, 93 - 26100 Cremona

Per ogni altra informazione:

cel. 347 69 21 939 (Francesco Ricci)

 


Appello

 

Contro un accordo di governo Prc-Ulivo

 

Per un’alternativa di classe a Berlusconi

Per la salvaguardia dell’opposizione comunista

al centrodestra e al centrosinistra

 

Alla Segreteria nazionale del Prc

alla Direzione nazionale del Prc

al Comitato politico nazionale del Prc

 

Cari compagni, care compagne,

l'avvio di un nuovo accordo politico di governo tra Prc e Ulivo in vista della prossima legislatura, con la dissoluzione del Prc come forza di opposizione, suscita in noi un dissenso profondo e radicale.

Quella prospettiva, se realizzata, contraddirebbe innanzitutto le ragioni della nostra battaglia referendaria contro il vasto fronte astensionista (che ha accomunato Berlusconi, Confindustria, centro liberale dell'Ulivo). Ma soprattutto minerebbe alle fondamenta le stesse ragioni di classe del partito e, quindi, il suo futuro politico.

Per questo vi chiediamo di interrompere il cammino intrapreso, di revocare gli atti compiuti in tal senso (le commissioni programmatiche con Treu e Mastella), di dare la parola al partito in un congresso straordinario, libero e sovrano.

 

Nessuno degli argomenti avanzati a sostegno della nuova svolta regge a una logica di classe e a un minimo di coerenza.

 

1) Dopo aver detto che bisognava "rompere la gabbia dell'Ulivo" e che la nostra prospettiva strategica per l'opposizione si basava sul concetto della "rottura col centro", oggi, con una giravolta completa si valorizza il ruolo del centro stesso per l'opposizione (si veda, tra l'altro, l'intervista del segretario al Messaggero del 27 maggio) e si afferma che l'Ulivo è cambiato grazie ai movimenti: ciò che consentirebbe una prospettiva di accordo di governo.

Ma la realtà è opposta.

Il centro liberale dell'Ulivo si è schierato con Berlusconi e Confindustria contro l'estensione dell'art. 18; ha votato con Berlusconi la spedizione coloniale in Irak; ha concordato con Berlusconi (e Ciampi) l'operazione Corriere della Sera; ha rimosso l'opposizione allo stesso Lodo Maccanico, cercando di negoziare con le destre persino sul terreno delle "libertà democratiche". E tutto questo per ingraziarsi quel grande capitale nel cui nome ha governato ieri e vuole tornare a governare domani.

Tanto più oggi, dunque, non c'è rilancio dei movimenti senza una rottura col centro borghese dell'Ulivo. E negoziare un accordo di governo col centro dell'Ulivo significa subordinare i movimenti a un loro avversario di classe.

 

2) Dopo aver detto che le contraddizioni dell'Ulivo dimostravano la sua "irriformabilità" e la sua "morte", oggi si dice che quelle contraddizioni possono consentire un accordo con l'Ulivo per il governo dell'Italia.

Ma anche qui si capovolge la realtà e la logica. Proprio le contraddizioni esistenti nell'Ulivo tra popolo di sinistra e forze liberali, tra tendenze "socialdemocratiche" e centro borghese dovrebbero indurci a porre noi l'esigenza della rottura col centro all'intero campo dei movimenti, a sfidare noi la sinistra Ds a una rottura con le classi dominanti, per costruire così un'egemonia alternativa sulla sua base sociale. Invece la ricerca di un accordo tra Prc e centro liberale, le commissioni programmatiche paritetiche già formalmente istituite tra dirigenti del Prc (Ferrero e Gianni) con dirigenti del centro borghese (Treu e Mastella), l'asse privilegiato e ricercato con Francesco Rutelli e Massimo D'Alema (già comandante della guerra in Kosovo e oggi testimonial di Liberazione) segnano una politica opposta: invece di utilizzare la crisi del cofferatismo per costruire un'egemonia alternativa a sinistra, sembriamo candidarci a occupare il posto vacante di Cofferati per negoziare con la borghesia italiana.

 

3) Dopo aver a lungo respinto la parola d'ordine elementare della "cacciata di Berlusconi" ora si dice che proprio la cacciata di Berlusconi richiede un accordo di governo con i liberali.

E' obiettivamente un inganno.

Non solo dal punto di vista elettorale (dove possibili accordi tecnici contro le destre nei collegi a rischio, tra forze diverse del campo operaio e popolare, possono concorrere a battere Berlusconi salvaguardando l'opposizione comunista a un governo borghese liberale). Ma soprattutto dal punto di vista di classe: perché i comunisti si debbono battere per la cacciata di Berlusconi sull'onda d'urto di un movimento di classe e di popolo e nel nome di un'alternativa anticapitalistica quale unica vera alternativa. Mentre rimpiazzare Berlusconi con un accordo di governo con i borghesi liberali, a rimorchio di Prodi, Rutelli, D'Alema e dei poteri forti che li sostengono, significherebbe aiutare la borghesia a subordinare i lavoratori e le loro lotte. Quindi a sconfiggerli. E così preparare, come già è avvenuto, l'ennesimo ritorno di Berlusconi e delle destre.

 

4) Dopo aver detto che la "rottura con Prodi" era l'inizio della "vera" rifondazione, ora si ripercorre il sentiero già battuto e già fallito in quegli anni: segnati, come ricordiamo, dal nostro voto al lavoro interinale ("pacchetto Treu"), alle privatizzazioni, alle leggi anti-immigrati (v. i centri di detenzione della legge Turco-Napolitano), alle finanziarie di "lacrime e sangue", alle riduzioni delle tasse per i più ricchi e al loro aumento per i pensionati e per i più poveri,  ecc.

Questa sarebbe allora davvero una nuova tragica deriva.

Tanto più in presenza di un'ulteriore proposta aggravante: quella del diretto coinvolgimento ministeriale del Prc a braccetto con i ministri borghesi liberali. Ciò che significherebbe una corresponsabilizzazione ancor più diretta e un vincolo di dipendenza ancor più stretto alle politiche del capitale finanziario.

Ed è paradossale che si avanzi questo sbocco proprio nel momento in cui tutte le esperienze attuali di governo nel mondo tra "comunisti" e forze borghesi liberali sono segnate, senza eccezione, da politiche e programmi liberali e controriformatori.

 

Cari compagni, care compagne, il "nuovo mondo possibile" che abbiamo evocato in questi anni non passerà attraverso il coinvolgimento del Prc in un governo con Treu e Mastella. Anzi, quella prospettiva, se si realizzasse, sarebbe in totale contraddizione proprio con la stagione dei movimenti che ha attraversato l'Italia, proprio con le migliori domande di quella giovane generazione che si è affacciata alla lotta. E certo sarebbe ben triste se tutta la nostra valorizzazione dei movimenti come segno di una possibile epoca nuova avesse come sbocco un paio di ministri di Rifondazione in un vecchio governo liberale. La credibilità del Prc in un vasto settore di avanguardia, operaia e giovanile, sarebbe compromessa. E il nostro partito ne verrebbe annientato.

 

Per queste ragioni generali chiediamo l'immediata convocazione di un congresso straordinario del Prc.

Una nuova svolta, così clamorosa, come quella che è stata avviata non può essere imposta al partito. Dev'essere sottoposta alla verifica democratica di tutti i suoi militanti in un confronto ampio, realmente paritario, tra le diverse posizioni. E la verifica democratica non può essere demandata al futuro, a "fatto compiuto" o a metà percorso. Dev'essere promossa qui e ora e su un terreno sgombro.

 

In ogni caso, dichiariamo sin d'ora di impegnarci a sostenere nel partito il carattere irrinunciabile dell'opposizione comunista sia al centrodestra sia al centrosinistra. Perché solo un'opposizione comunista può lavorare per l'unità e l'autonomia dei lavoratori e delle lavoratrici contro le classi dominanti. Perché solo un'opposizione comunista può coniugare le lotte quotidiane di resistenza ad una prospettiva alternativa di società e di potere. Perché solo un'opposizione comunista può collegare la prospettiva anticapitalistica in Italia a un progetto anticapitalistico internazionale.

La salvaguardia dell'opposizione comunista è dunque la salvaguardia delle stesse ragioni del Prc e della Rifondazione. E lo sviluppo in questi anni di nuovi movimenti e di nuove lotte rende non solo necessaria ma possibile la costruzione di una coerente alternativa di classe.

 

A questa battaglia decisiva per la salvezza del Prc chiamiamo dunque tutti i compagni del partito, al di là di ogni precedente divisione congressuale.

 

Marco Ferrando (Direzione nazionale Prc)

Franco Grisolia (Direzione nazionale Prc)

Matteo Malerba (Direzione nazionale Prc)

Francesco Ricci (vicepresidente Collegio nazionale garanzia PRC)

Ivana Aglietti, Tiziano Bagarolo, Vito Bisceglie, Maria Pia Gigli,

Letizia Mancusi, Tamara Piraccini, Michele Rizzi, Michele Terra

(membri del Comitato Politico Nazionale PRC),

Nicola di Iasio, Fabiana Stefanoni

(membri del Coordinamento nazionale Giovani Comunisti)