Irak: la manifestazione del 4 giugno. Il Prc e il ruolo dell'Ulivo. La posizione di Progetto Comunista

 

Di seguito trovate:

 

1) una informazione sulla nostra partecipazione alla manifestazione del 4 giugno a Roma;

2) un commento di Marco Ferrando sulla mozione unitaria Ulivo-Prc per il ritiro delle truppe;

3) una piccola rassegna di citazioni dalla stampa che conferma le posizioni guerrafondaie dell'Ulivo, al di là di ogni lettura che vorrebbe accreditarne la "pervasione" da parte del movimento contro la guerra.

 

Buona lettura

 

                                                                                                                                                                    Francesco Ricci


 

LA NOSTRA PARTECIPAZIONE ALLA MANIFESTAZIONE DEL 4 GIUGNO

 

Come certamente tutti/e i/le compagni/e sanno è in preparazione per il prossimo venerdì`4 giugno una manifestazione nazionale a Roma contro la visita del presidente USA Bush.

Tale manifestazione è prevista in partenza da Piazza Esedra alle h 16, anche se è probabile che il concentramento inizi prima. Nei giorni precedenti (in particolare il 2 giugno) e la mattina del 4 ci saranno varie iniziative di mobilitazione. Naturalmente il fatto che la manifestazione si svolga di venerdì rende più difficile la partecipazione da fuori Roma. Allo stato non pare che le organizzazioni sindacali di base siano intenzionate a proclamare uno sciopero di tutto il giorno per facilitare la partecipazione dal resto d’Italia, ma solo di due ore, per facilitare quella romana. In ogni caso in molte città si stanno predisponendo viaggi collettivi per la manifestazione.

 

Invitiamo tutti i/le compagne, che ne hanno la possibilità a verificare localmente quanto sopra e a venire a questa importante iniziativa antimperialista. Per quanto riguarda Progetto Comunista, parteciperemo al corteo con un nostro striscione. Ci inseriremo, come già nella precedente manifestazione contro l'occupazione dell’Irak, in un settore unitario della sinistra radicale, raggruppato intorno alla parola d’ordine «ritiro delle truppe senza se e senza ONU». Il tutto è in definizione finale in questi giorni, ivi compreso un volantino o volantone congiunto.

In ogni caso noi distribuiremo un nostro volantino con l'insieme delle nostre posizioni. L'appuntamento per tutti i compagni e le compagne -anche per la diffusione del volantino e della nostra stampa- è a partire dalle ore 14.30 (o da un’ora prima dell’orario di partenza, in caso di sua modifica) al solito luogo di appuntamento (piazza Esedra, angolo Basilica).

Così pure i compagni di Progetto Comunista di Roma, dei collettivi del Lazio e gli altri già presenti nei giorni precedenti, parteciperanno ad altre iniziative di mobilitazione previste.

 

 

Franco Grisolia

 


  

LA MOZIONE UNITARIA CENTROSINISTRA-PRC

E IL VERO VOLTO DELL'ULIVO DI GUERRA

 

di Marco Ferrando

 

La vicenda parlamentare che ha visto la convergenza Ulivo-PRC sulla richiesta del ritiro delle truppe viene e verrà utilizzata nel partito per argomentare la praticabilità di una prospettiva di governo comune nel segno delle ragioni del movimento e della sua “egemonia”.

 

Nulla di più falso.

 

1)     Il centro dell’Ulivo ha fatto semplicemente una scelta elettorale finalizzata a contenere il rischio di un’eccessiva emorragia di voti verso la sua sinistra (Prc – Pdci – Verdi – Occhetto-Di Pietro). Giusto o sbagliato che sia, il calcolo è trasparente: cercare di garantirsi per il dopo-voto un rapporto di forza altamente favorevole all’interno della coalizione, capace di rafforzare la propria egemonia nella partita negoziale. La scelta parlamentare non significa dunque “uno spostamento a sinistra” dei portavoce del capitale, ma una manovra interessata (per quanto in parte maldestra) di consolidare la posizione naturale di comando dell’Ulivo. Nell’interesse della borghesia italiana.

 

2)     Al di là delle “tre righe “ concordate col PRC, il centro dell’Ulivo ha formalizzato con un testo separato firmato dai quattro segretari di riferimento (Rutelli, Fassino, Borselli e Sbarbati), il proprio impegno a sostenere un’eventuale futura soluzione ONU che ricomponga un quadro multilaterale di gestione della crisi irakena (“Se e quando le Nazioni Unite assumeranno l’effettiva responsabilità politica  e militare della transizione irakena noi  condivideremo un attivo impegno dell’Italia”). Nello stesso testo si rivendica il rilancio della NATO, messo in difficoltà dall’“unilateralismo” di Bush. La posizione reale del centro ulivista non è dunque mutata nel suo indirizzo di fondo. E’ una posizione convergente con l’attuale indirizzo dell’imperialismo francese, tedesco, spagnolo, indisponibili a partecipare ad una missione irakena subalterna alla egemonia dell’imperialismo USA; e invece attestati sulla rivendicazione del rilancio della gestione “unitaria” delle missioni coloniali e di guerra, come nei Balcani, come in Afghanistan. Dai quali tutti si guardano bene dal chiedere “il ritiro delle truppe”. E’ un caso che Liberazione abbia taciuto l’esistenza stessa di questo documento dell’Ulivo?

 

3)     Tutta L’operazione compiuta ha un significato preciso per Bertinotti. A più riprese, nei mesi precedenti, a fronte della prolungata indisponibilità del centro ulivista a richiedere il ritiro delle truppe, a fronte di pubbliche contestazioni anti-Fassino e anti-Rutelli da parte di consistenti settori di popolo della sinistra, il PRC avrebbe potuto (e dovuto), rivendicare la presentazione di una mozione autonoma per il ritiro da parte delle sinistre (il correntone D.S., il Pdci, i Verdi) riservandosi in caso di rifiuto degli interlocutori di presentare una propria mozione. Ciò avrebbe contribuito a fare chiarezza sul centro ulivista, aggravandone la crisi di credibilità, e a incidere sulle contraddizioni della sinistra dell’Ulivo. Si è scelta completamente la strada opposta. Consentendo al centro di salvare la faccia e mascherare, dietro le righe, la sua natura, le sue responsabilità, i suoi disegni futuri. Questa scelta, secondo ogni evidenza non aveva e non ha nessuna ragione di aritmetica parlamentare: a fronte della maggioranza larga e indiscussa del Polo delle Libertà che, comunque, avrebbe prevalso. Aveva e ha invece una ragione politica: dare all’Ulivo un segnale di disponibilità, accreditandosi come futuro patner affidabile di governo e… illudere il movimento pacifista celebrandone la capacità di “contaminazione”

 

4)     La Repubblica commentava: “Bertinotti pensa gia ai suoi ministri”. Il Corriere riferisce il calore con cui il centro ulivista si è congratulato con Bertinotti per il “suo successo”. Caldarola, portavoce dalemiano, ha dichiarato: “Bertinotti parla e agisce ormai come membro della coalizione”. Il centro ulivista esce un po’ ammaccato dagli zig-zag d’immagine, ma consolida l’acquisto del Prc al proprio futuro governo. Nessuna difficoltà contingente può sminuire, ai suoi occhi, la valenza strategica preziosa di questo fatto.

 

 


 

UNA (UTILE) RASSEGNA STAMPA

a cura di Francesco Ricci

 

I casi della Fiat di Melfi e del ritiro delle truppe dall'Irak sono emblematici di una possibilità di portare tutto il centrosinistra su una posizione più avanzata. In entrambi i casi la necessità -per tutte le opposizioni- di mantenere una sintonia con il movimento ha fatto premio rispetto alle posizioni politiche precedentemente espresse.

(Paolo Ferrero, "Il fiasco del bipolarismo perfetto", Liberazione, 27 maggio 2004).

 

Ci ritroveremo, putroppo, con altre gravi crisi internazionali. Io dico: mai più missioni italiane senza l'ombrello dell'Onu. Ma se arrivano le Nazioni Unite, va riconosciuta loro legittimità internazionale: l'Italia deve applicare le risoluzioni. Anche se non si è d'accordo. Bertinotti che ne pensa?

("Franceschini incalza Bertinotti: 'Accetti le missioni sotto l'Onu". Intervista a Dario Franceschini, coordinatore della Margherita, La Repubblica, 22 maggio 2004)

 

Riportiamo infine (in corsivo le dichiarazioni di Rutelli) ampi brani dall'intervista a Francesco Rutelli (La Repubblica, 25 maggio 2004) intitolata significativamente: "L'Europa ha bisogno di un suo esercito per bilanciare l'egemonia degli Stati Uniti."

(...)

Domanda: Insomma, aveva ragione Bertinotti.

Rutelli:

E' una piccola polemica propagandistica. La nostra scelta è la stessa della Francia, che ha un governo conservatore; della Germania retta dai socialdemocratici; del governo belga, di quello canadese, dell'opposizione liberaldemocratica britannica. (...) Io non sono un pacifista assoluto, non sono contrario a priori all'uso della forza. La missione in Afghanistan l'abbiamo votata: era legittima ed era giusta.

(...)

Quando le cose cambieranno, quando la presenza internazionale in Irak avrà la bandiera delle Nazioni Unite, quando i francesi, i tedeschi, i belgi, gli egiziani, i giordani manderanno le loro truppe, allora ci saremo anche noi, anche se le condizioni saranno difficili. L'Italia non potrà sottrarsi.

(...)

Quando affermo che ci vuole una discontinuità, una cesura rispetto all'unilateralismo dell'amministrazione Bush, intendo dire che dobbiamo anche costruire un nuovo Occidente democratico. Che rifugga dall'uso solitario della forza, che privilegi il "potere morbido", la cooperazione, in luogo dell'egemonia unilaterale; ma consapevole che a questo fine la forza militare, lo hard power, è indispensabile. L'Europa, oggi, questo potere non ce l'ha. Lo deve costruire (...).

Un'Europa che vuole veder affermati i propri valori e principi, che si considera difensore di un certo ordine morale, che vuole imporre il rispetto della legge internazionale, deve assumersi le proprie responsabilità e l'onere che comporta la creazione di un suo hard power in alleanza con gli Stati Uniti.

(...) E poi creare le proprie forze armate. Per questo dico che chiedere oggi il ritiro dall'Irak non significa diventare pacifisti integrali. Io credo nell'uso della forza con un mandato internazionale (...).

Domanda: Secondo lei il cosiddetto diritto d'ingerenza umanitaria, eventualmente armata, dev'essere ormai parte della cultura politica di una sinistra di governo?

Rutelli:

Assolutamente sì. Anche così si costruisce un Occidente democratico (...).