L'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI GIOVANI COMUNISTI

Dal 16 al 18 aprile si è tenuta a Genova l'Assemblea Nazionale dei Giovani Comunisti. Di seguito trovate la sintesi dell'intervento del compagno Nicola di Iasio (del Coordinamento Nazionale dei Giovani Comunisti e dirigente di Progetto Comunista). Pubblicheremo sul prossimo numero del nostro giornale un articolo di resoconto più ampio sui lavori dell'Assemblea.

 
 
Francesco Ricci
 

 
Assemblea Nazionale GC 16-17-18 aprile 2004

INTERVENTO DI NICOLA DI IASIO (COORDINAMENTO NAZIONALE GC)

 

Cari compagni, care compagne, ritengo innanzitutto utile, nell’economia dei tempi della discussione, sottolineare il carattere non ordinario e non routinario del nostro dibattito:

 In primo luogo, l’evolversi della situazione a livello internazionale e in particolare in Irak è l’ennesima dimostrazione dell’importanza della lotta all’imperialismo. A due anni dalla nostra ultima Conferenza Nazionale, che ha discusso anche di questo, bisogna prenderne atto. Altrimenti nel tentativo di aggirare questa questione si cade inevitabilmente in mistificazioni evidenti della realtà.

In particolare è necessario superare la rappresentazione analitica della spirale guerra-terrorismo: perché è allo stesso tempo falsa e subalterna, e quindi politicamente deviante.

Come si può realisticamente analizzare la situazione mondiale mettendo sullo stesso piano la violenza dell’imperialismo occupante nel caso dell’Irak e quella della resistenza di quel popolo oppresso?

Al contrario la natura sociale e politica delle forze in campo ci impone, da un versante di classe, di sostenere, attraverso la più ampia mobilitazione, non solo il ritiro delle truppe (con o senza l’Onu), ma anche il diritto di quel popolo a resistere e a sollevarsi contro tutte le truppe occupanti e contro i mercenari al soldo dell’imperialismo. Non solo perché non vi può essere per i comunisti nessuna neutralità nella lotta tra oppressori e oppressi (per di più sulla base di stupidi pregiudizi morali); ma soprattutto perché la sollevazione di massa di quel popolo è l’unica via per la liberazione dell’Irak in una chiara prospettiva socialista internazionale.

Per questo è allo stesso tempo necessario costruire un’alternativa alle attuali forze dirigenti della resistenza, e in Italia, come tra l’altro hanno dimostrato i fatti del 20 marzo, è necessaria e urgente una battaglia politica, a partire da un impegno forte dei Giovani Comunisti, per l’autonomia di classe del movimento contro la guerra.

 Sul piano nazionale. Altri compagni, prima di me, hanno detto sulla sciagurata prospettiva di governo con i liberali che la maggioranza dirigente del partito ha deciso di intraprendere.

Vorrei provare a soffermarmi, così come nel contributo al dibattito per questa Assemblea Nazionale che ho presentato assieme al compagno Luca Belà e alla compagna Fabiana Stefanoni, sulle ricadute che avrebbe, e che già ha, questa prospettiva sullo specifico dei Giovani Comunisti.

Non è forse vero che questa prospettiva condiziona pesantemente, qui e ora, ogni nostro intervento in ogni mobilitazione?

Dalla scuola all’università, alla precarietà, all’immigrazione, e persino alla difesa dei diritti democratici, c’è un solo terreno su cui le ragioni di fondo dei movimenti e delle lotte di questi anni non cozzano frontalmente con gli interessi rappresentati dal Centro liberale dell’Ulivo con cui si persegue la prospettiva di governo?

Che credibilità possiamo avere, qui e ora, nelle mobilitazioni se, ad esempio, nel frattempo partecipiamo alle commissioni programmatiche dove siedono da Treu a Mastella, coloro che per anni hanno governato sulla pelle dei lavoratori (e contro i movimenti); e che oggi, candidandosi a migliore rappresentante degli interessi del grande capitale, fanno a gara con il centrodestra nel sabotare e deviare tutte le mobilitazioni?

 E allora è la realtà delle cose che impone con urgenza una svolta profonda ai Giovani Comunisti e più in generale a tutto il Partito.

O si sta dalla parte delle mobilitazioni dei lavoratori, per il ritiro delle truppe, con il movimento antigobalizzazione, o ci si schiera con i rappresentanti del grande capitale che vanno a soccorso di Berlusconi proponendo l’unità nazionale. In mezzo non si può stare!

 Questo significa forse, come qualche compagno ha detto, che proponiamo di limitare l’azione dell’organizzazione alla preservazione dei “testi sacri” al di fuori delle mobilitazioni reali?

Certo che no. Anzi la realtà, ogni giorno, come ho detto, dimostra il contrario. Solo un’altra prospettiva che si fondi sull’indipendenza di classe dei movimenti dalla borghesia e dai suoi rappresentanti, per quello che Marx chiamava un “governo dei lavoratori per i lavoratori”, è garanzia allo stesso tempo di efficacia della lotta quotidiana per le rivendicazioni “minime” e della salvaguardia, nei fatti e non solo a parole, della prospettiva socialista. Che è l’unica vera alternativa.

 Non mi convince quindi la rappresentazione per cui nella nostra organizzazione ci sarebbe da una parte chi al più si limita a studiare e a difendere i “testi sacri” e dall’altra chi, al contrario, cerca, nel vivo delle mobilitazioni, di “camminare domandando”.

Non è, e non è mai stata, una questione di “camminare” oppure “stare fermi”.

Il punto è in quale direzione, verso quale prospettiva, si “cammina”.

E, dall’ultima Conferenza Nazionale, la maggioranza dirigente della nostra organizzazione di cammino ne ha fatto tanto.

Dalla “riapertura della possibilità rivoluzionaria”, dalla rottura col governo Prodi come atto della “Rifondazione”…..fino al Prodi-bis.

 E allora voglio “domandare”, anche se non “in cammino”: la realtà, i fatti, e non i “testi sacri”, tanto richiamati quanto poco conosciuti, hanno confermato o smentito tutte quelle teorie nuoviste che, in tutto il “cammino” dalla Conferenza Nazionale ad oggi, hanno caratterizzato ininterrottamente il “domandando”?

 La guerra all’Irak non è forse la dimostrazione più viva ed evidente dell’attualità della nozione di imperialismo che si voleva buttare per sempre nel cestino della storia a favore di un non ben precisato Impero?

 Così come sul terreno delle forme di lotta che noi proponevamo. Anche se non “camminando”, domando: la realtà, e non i “testi sacri”, ha confermato o smentito la necessità di uno sciopero generale prolungato sulla base di forme di lotta radicali che si voleva ormai obsolete a favore di azioni simboliche?

 Anche se non “camminando”, domando: la realtà ha confermato o smentito la necessità della cacciata del governo Berlusconi che in sede di Conferenza Nazionale si riteneva una pura utopia?

 La realtà ha confermato o smentito che tutte quelle proposte, dalla Tobin Tax al metodo partecipato, sono specie in questa fase del capitalismo una pura utopia o qualcosa che non produce nel migliore dei casi alcun avanzamento reale per i lavoratori e i giovani?

L’elenco potrebbe continuare a lungo.

 Ma le risposte, “camminando” o no, a queste domande dimostrano che la realtà è poco rispettosa e quindi si prende gioco di tutte quelle teorizzazioni nuoviste che sono diventate anche nella nostra organizzazione uno sport molto praticato.

 E allo stesso modo vorrei pacatamente, anche se non in cammino, domandare: quale coerenza c’è tra l’opzione della nonviolenza e la prospettiva di governo con i liberali che si persegue?

Checché se ne dica, la nonviolenza non è certo una novità: in passato già altri l’hanno rivendicata, dagli anarchici ai testimoni di Geova. Ma coerentemente rifiutavano qualsiasi partecipazione ai governi o chiedevano la totale soppressione di tutte le forze armate.

Invece oggi assistiamo ad uno spettacolo, credetemi, davvero poco decoroso: la nonviolenza non solo rimuovendo il problema ineludibile della reazione violenta che le classi dominanti hanno sempre opposto e sempre opporranno non solo un domani all’esproprio degli espropriatoti ma già oggi alla crescita di movimenti che rimettano oggettivamente in discussione il loro dominio mina alle basi la prospettiva dell’altro mondo possibile. Ma soprattutto perché la nonviolenza a parole fa il paio in realtà oggi, con la collaborazione con forze come la Lista Unitaria che rivendicano un aumento dei fondi per l’armamento europeo; e domani con la partecipazione ai governi della borghesia, che sono stati storicamente i massimi organizzatori di violenza.

 Cosa ha a che fare tutto ciò con l’altro mondo possibile, con le ragioni dei movimenti e delle mobilitazioni passate, odierne e future?

 Ecco perché oggi siamo di fronte ad un bivio. Ecco perché la discussione di oggi è tremendamente seria. Vi è in ballo il “cuore” della rifondazione: è allora sempre più necessaria e urgente una svolta profonda che arresti la deriva in atto che rischia di mettere in discussione le stesse ragioni di classe della nostra organizzazione.

E’ quindi necessario avviare, come Giovani Comunisti, in breve tempo un percorso ampio di discussione verso la III Conferenza azionale dei GC, che oltretutto lo Statuto prevede ogni due anni.

 Infine voglio concludere con una considerazione, come Fratoianni nella relazione introduttiva, sul futuro,

Citando Rosa Luxemburg: tanto richiamata anche nel nostro dibattito, quanto nei fatti tradita come in tutta la lunga storia del 900.

Rosa infatti difese fino all’ultimo l’indipendenza del movimento operaio dalla borghesia, al punto da pagare con la vita la sua opposizione inconciliabile a un governo che peraltro oggi definiremmo di centrosinistra.

Rosa, come tutti gli altri dirigenti marxisti-rivoluzionari dell’800 e del ‘900 non è politicamente morta!

La realtà infatti dimostra ad ogni momento cruciale che il capitalismo non è riformabile e che l’unica via reale per gli oppressi è la rivoluzione socialista.

In questo senso, come Rosa, crediamo che il futuro appartiene dovunque al bolscevismo.