Marxismo rivoluzionario n. 1 – lavoro-capitale / i progetti del governo berlusconi

 

ARTICOLO 18 A PARTE

 La legge delega sul mercato del lavoro articolo per articolo

 

 

 

Il mercato del lavoro secondo la filosofia del Libro bianco di Maroni e Biagi nasce anche dal riflusso del grande movimento di lotta dello scorso anno. Smantellamento del collocamento pubblico e liberalizzazione del mercato della braccia, nuovi strumenti contrattuali all'insegna della flessibilità, utilizzo del sistema scolastico per indirizzare verso le imprese forza lavoro sottopagata, nuovi ostacoli per disincentivare le cause di lavoro e favorire l’impunità dei padroni: sono solo alcuni degli aspetti salienti di questo progetto. Un progetto che è necessario combattere, ma che va prima di tutto conosciuto e fatto conoscere

 

 

di Marco Veruggio

 

Il lento e progressivo venir meno del movimento di lotta contro l’attacco ai diritti dei lavoratori, che ha raggiunto il suo apice con la famosa manifestazione dei 3 milioni persone a Roma nel marzo scorso, ha già prodotto i suoi effetti. A febbraio viene approvata la legge delega numero 30, che compendia in 10 articoli tutta la filosofia del Libro bianco di Marco Biagi. Al momento in cui scriviamo manca ancora, a completare il quadro, il completamento dell’iter parlamentare per quanto riguarda la delega 848 bis, ovverosia il testo dello stralcio relativo alle deroghe sull’articolo 18. Una volta compiuto anche questo passo, che, nonostante gli appelli rivolti da Sergio Cofferati al centrosinistra per l’ostruzionismo parlamentare, non ha alcuna possibilità di essere bloccato in sede istituzionale, Berlusconi e la Confindustria potranno dire di avere superato un difficile scoglio senza averne pagato eccessivamente le conseguenze.

Già in altre sedi ho cercato di tracciare uno schema dell’architettura del Libro bianco e delle leggi attuative, cercando anche di dimostrare come la filosofia sottesa a questi testi non costituisca una soluzione di continuità rispetto alle riforme del mercato del lavoro varate nella precedente legislatura dai vari Treu o Salvi. In questa sede cercherò invece di entrare nel dettaglio del dettato normativo. Credo infatti che sia utile una conoscenza approfondita di quanto avverrà nel prossimo futuro nel mercato del lavoro, non soltanto per i compagni che si occupano di politiche del lavoro o svolgono attività sindacale, ma anche e più in generale per tutti coloro che sono interessati a costruire una prospettiva per i lavoratori alternativa a quanto ci propongono i Maroni da un lato e i Treu dall’altro. E’ chiaro che non si costruisce nessun progetto alternativo se non si parte da una conoscenza reale della situazione e dei rapporti di forza tra le classi. Per questo cercherò di sottolineare, articolo per articolo, gli aspetti del testo di legge più interessanti e insidiosi, quelli meno indagati dalle sintesi giornalistiche, quelli che più possono catturare l’attenzione dei lavoratori. Ovviamente l’esposizione non potrà essere esaustiva e pertanto rimando alla lettura del testo integrale della legge, facilmente reperibile sul sito internet del ministero del welfare.

 

Articolo 1

Riforma dei servizi per l’impiego e della normativa in merito all’intermediazione e interposizione di lavoro. La filosofia di questo articolo, come di tutti gli altri del resto, è quella della razionalizzazione, della semplificazione, di un aumento dell’efficienza. Concretamente ciò si traduce in una ridefinizione del settore dei servizi all’impiego in cui viene svuotata ulteriormente la funzione del collocamento pubblico e si liberano ulteriori spazi all’iniziativa privata in questo campo, sgomberando la strada da impedimenti e vincoli alle aziende. In particolare:

a) Si elimina il vincolo dell’oggetto sociale esclusivo per le società che svolgono attività di fornitura o intermediazione di manodopera. Ciò equivale a estendere significativamente il ventaglio dei soggetti che saranno autorizzati all’esercizio di tale attività (consulenti del lavoro, enti bilaterali, addirittura scuole e università). Si aggiunga che tale autorizzazione potrà essere “trasferita” da chi l’abbia ottenuta a soggetti terzi e che si autorizza la somministrazione di manodopera a tempo indeterminato e si capirà che di fatto siamo di fronte a una liberalizzazione del mercato delle braccia. In questo modo viene superata la legge 1369 del 1960 che precludeva ai privati qualsiasi forma di attività nel campo del collocamento e a cui fu dato il primo colpo di piccone con il famigerato "pacchetto Treu" approvato dal governo Prodi (col consenso del Prc)…

b) Si modifica la normativa in materia di cessione di ramo d’azienda: il requisito dell’autonomia funzionale non dovrà più sussistere prima, ma soltanto nel momento del trasferimento. La distinzione sembra bizantina, ma in sostanza significa che l’imprenditore può tracciare a piacimento sulla pianta delle sua azienda i confini dei settori da cedere.

Ciò che non viene detto ma si intuisce è che il combinato dell’intervento legislativo di cui ai punti precedenti renderà possibile ridisegnare l’architettura giuridica delle aziende dividendole in un arcipelago di strutture giuridicamente autonome, in realtà controllate, frammentando la forza lavoro e eludendo la barriera dei 15 dipendenti che, come sappiamo, è il requisito dimensionale previsto non solo per l’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto ma anche per numerose altre forme di tutela sindacale.

 

Articolo 2

Riordino dei contratti a contenuto formativo. Si incentiva, anche finanziandolo, il ricorso a forme di lavoro non retribuite mascherate con il pretesto della formazione: apprendistato, formazione e lavoro, tirocini e stages. E’ chiaro che l’intreccio tra questo articolo e la Riforme Moratti farà sì che scuola e università costituiranno dei canali privilegiati per indirizzare verso le imprese forza lavoro gratuita o sottocosto. La “semplificazione” e lo “snellimento delle procedure” per quanto riguarda il finanziamento di questi contratti significano che non si guarderà tanto per il sottile: insomma, un bel flusso di denaro nelle tasche degli imprenditori, che guadagneranno due volte, non pagando la manodopera e ricevendo finanziamenti pubblici.

 

Articolo 3

Riforma della normativa sul part time.

Si incentiva ulteriormente l’utilizzo dei contratti a tempo parziale aumentandone la flessibilità. Fino ad oggi il ricorso ad ore di lavoro supplementare, cioè oltre l’orario contrattuale, era subordinata all’accettazione del lavoratore che, in caso di rifiuto, per legge non era soggetto a misure disciplinari. Anche per quanto riguarda l’articolazione dell’orario durante la settimana la legge richiedeva al datore di lavoro di accordarsi col dipendente in merito a eventuali variazioni.

a) La delega di Maroni capovolge la situazione, agevolando il ricorso al lavoro supplementare a “forme flessibili ed elastiche” (anche nel caso di part time a tempo determinato) nei casi previsti dal contratto e, in mancanza di indicazioni nel contratto nazionale “anche sulla base del consenso del lavoratore”. Se ne deduce che, nei casi previsti dai Ccnl tale consenso non sarà più necessario, e, dove i Ccnl non trattino l’argomento, tale consenso sarà soltanto una delle variabili.

b) Il part time viene integralmente esteso all’agricoltura.

c) Da pochissimi è stato sottolineato, ma è assai importante: la delega stabilisce che i dipendenti a tempo parziale vengano computati non più per testa, ma pro rata temporis, cioè in proporzione all’orario di lavoro. Faccio un esempio. Un’azienda con 10 addetti a tempo pieno e 6 part time a 20 ore ha, secondo il conteggio per testa, 16 dipendenti. Ad essi dunque si applica, ad esempio, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Con il conteggio pro rata temporis, i 6 lavoratori part time contano come 3 dipendenti “pieni” e quindi si scende al di sotto della soglia dei 15 dipendenti.

 

Articolo 4

Lavoro a chiamata, collaborazioni, lavoro accessorio e job sharing. Questo articolo introduce due nuove tipologie contrattuali: il lavoro a chiamata e il lavoro accessorio e ritocca la normativa in merito alle collaborazioni, all’interinale e al job sharing. In particolare:

a) Si promuove il lavoro a chiamata, quello, per intenderci che aveva provocato la sollevazione dei lavoratori della Zanussi di Porcia tre anni fa. Il lavoratore rimane a disposizione dell’azienda che lo chiama quando ha bisogno. Nel caso in cui assicuri di rispondere sempre sì avrà diritto a un’indennità di disponibilità. Nel caso in cui si riservi di dire sì o no percepirà soltanto la retribuzione delle ore di lavoro prestate.

b) Viene introdotto il lavoro accessorio, importandolo dal Nordeuropa. E’ una fattispecie riferita a prestazioni di tipo assistenziale rese a favore di organizzazioni no profit o di famiglie private da parte di soggetti svantaggiati. Il vantaggio per i datori di lavoro sarebbe quello di non dover regolarizzare il rapporto. Chi beneficia della prestazione consegnerebbe al lavoratore un buono (voucher) fornitogli dal un soggetto pubblico o privato che, a sua volta, ritirerebbe il tagliando pagando al lavoratore l’importo corrispondente. Di fatto è un’altra forma di fornitura di manodopera a terzi.

c) Il lavoro interinale viene esteso all’agricoltura, ossia a figure a bassa qualifica professionale altamente ricattabili.

d) Per quanto riguarda i contratti di collaborazione si afferma di voler introdurre l’obbligo della forma scritta e si prevedono garanzie rispetto a malattia, maternità, ferie, ecc. In compenso si liberalizza l’utilizzo di questa tipologia contrattuale, che viene utilizzata nel 90% dei casi per mascherare forme di lavoro subordinato, attraverso il meccanismo della certificazione del rapporto di lavoro (vedi art. 5). Inoltre si introduce un criterio di distinzione tra collaborazioni coordinate e continuative e collaborazioni occasionali che favorisce un utilizzo improprio anche di queste ultime. Non occasionali saranno le collaborazioni con una durata superiore ai 30 giorni nell’anno, salvo quando il compenso supera i 5.000 euro.

e) Si ammette la possibilità di ricorrere al job sharing, cioè a ripartire la prestazione di lavoro tra due soggetti che sarebbero responsabili in solido nei confronti dell’unico datore di lavoro. E’ una delle tante trovate del centrosinistra (Treu) ripescate da Maroni, dopo che la sperimentazione si era arenata nel corso degli anni passati.

f) L’ultimo paragrafo dell’articolo, gettato lì come cosa di poca importanza recita testualmente: “Configurazione specifica come prestazioni che esulano dal mercato del lavoro e dagli obblighi connessi delle prestazioni svolte in modo occasionale o ricorrenti di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salve le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con particolare riguardo alle attività agricole.” Il dettato è volutamente ambiguo ma è assolutamente chiaro che di qui alla totale deregolamentazione del rapporto di lavoro il passo è molto, molto breve.

 

Articolo 5

Certificazione del rapporto di lavoro. E’ lo stratagemma cui accennavo a proposito dei contratti di collaborazione. E’ un meccanismo introdotto per il momento in forma sperimentale e non obbligatoria. In pratica datore di lavoro e lavoratore dichiareranno la tipologia del loro rapporto di lavoro davanti a un ente bilaterale (cioè con rappresentanti delle aziende e dei sindacati), ovvero a strutture pubbliche con competenze in materia o addirittura all'università. Tali strutture rilasceranno una certificazione relativa alla qualificazione di tale rapporto, certificazione che avrà valore legale nel caso di un successivo contenzioso. In particolare sarà possibile il ricorso al tribunale soltanto nel caso in cui si ritenga che vi sia stato un errore nella certificazione ovvero che vi sia una differenza tra quanto attestato in sede di certificazione e le mansioni effettivamente svolte. In tal caso dovrà essere esperito il tentativo di conciliazione obbligatoria e in ogni caso il riconoscimento di un errore o di una difformità produrrà effetti solo dal momento del suo riconoscimento in poi. Faccio un esempio. Un lavoratore viene assunto con contratto co.co.co. (di collaborazione coordinata continuativa) certificato da un organo competente. Dopo un anno ricorrerà di fronte all’organismo certificante per dimostrare che in realtà il suo era un rapporto di lavoro subordinato. Se anche gli venisse confermato che ha ragione, il rapporto di subordinazione gli verrebbe riconosciuto soltanto da quel momento in poi e non anche per tutto l’anno precedente.

 

Articolo 6

Esclusione del pubblico impiego. Le novità introdotte dai primi 5 articoli non valgono per il pubblico impiego.

 

Articolo 7

Procedura per i decreti attuativi. Si stabilisce l’iter parlamentare per arrivare dalla legge delega ai decreti attuativi dei primi 5 articoli: uno schema di tali decreti deve essere sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni e alle parti sociali e poi essere mandato alle Camere per passare in commissione. Una volta ricevuto il parere delle Commissioni i decreti sono pronti per entrare in vigore.

 

Articolo 8

Attività ispettive in materia di lavoro e previdenza. Anche qui la parola d’ordine è “semplificare” (“definizione di un quadro regolatorio finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro in sede conciliativa, ispirato a criteri di efficienza ed equità”). In realtà si tende ad accentuare la funzione conciliativa degli ispettorati rispetto a quella sanzionatoria (cioè l’aspetto della tutela delle aziende piuttosto che quella di lavoratori). Inoltre si tende a stabilire un ruolo predominante della strutture ministeriali (Direzioni del Lavoro) rispetto agli ispettori INPS, i quali sono tradizionalmente più “duri” nei confronti delle aziende, se non altro perché l’INPS ha l’esigenza di far quadrare i conti di un ente che da anni si cerca di portare alla bancarotta.

 

Articolo 9

Cooperative sociali. Vengono apportate una serie di modifiche alla legge 142, che regola i rapporti di lavoro tra cooperative sociali e lavoratori. In particolare si stabilisce la preminenza del rapporto associativo su quello di lavoratore dipendente, parasubordinato o autonomo che lega il socio lavoratore alla cooperativa:

a) rimettendo in discussione l’immediata esigibilità dei diritti sindacali (ad esempio l’applicabilità dello Statuto dei lavoratori),

b) stabilendo la competenza del tribunale ordinario in merito ai contenziosi di lavoro, con l’ovvia conseguenza di disincentivare i ricorsi col deterrente delle spese legali (la cause di lavoro per legge non comportano spese di bollo),

c) esentando i regolamenti interni delle cooperative dall’obbligo di recepire i contenuti dei Ccnl se non per quanto riguarda i minimi retributivi (tagliando quindi fuori i diritti).

 

Articolo 10

Benefici normativi e contributivi alle imprese artigiane, commerciali e del turismo. Si vincola la concessione dei benefici al rispetto dei contratti collettivi, nazionali, regionali, aziendali.

(Aprile 2003)