Marxismo rivoluzionario n. 1 – politica italiana / amministrative 2003
PRIMO
TEST PER IL 2006
Rifondazione
va quasi ovunque in alleanza con il centrosinistra. A quando una discussione
seria nel partito su questa politica?
di Michele Terra
Ormai è diventata abitudine: ogni mezza stagione, primavera
o autunno che sia, segna una nuova tornata elettorale amministrativa, ogni
tornata elettorale registra nuove alleanze elettorali ed accordi di maggioranza
tra centrosinistra e Rifondazione comunista. Questa primavera non fa eccezione.
Si voterà per centinaia di comuni piccoli e grandi, per dodici consigli
provinciali (fra cui Roma) e due regionali. Gli accordi tra centrosinistra e
Rifondazione rappresentano la norma, il Prc si presenta da solo eccezionalmente
soltanto dove non è stato ammesso nella coalizione come nel caso di Brescia.
Il contesto
E’ questo il primo test elettorale significativo
dall’insediamento del governo Berlusconi. Non solo. E’ la prima prova dopo i
grandi movimenti che hanno scosso l’Italia recentemente: dalla grande
manifestazione della Cgil per la difesa dell’art.18 nel marzo dello scorso
anno, al grande movimento contro la guerra in Irak. Inoltre questa tornata
elettorale si svolge in clima di deciso riavvicinamento del prc all’Ulivo,
segnato dalla formazione delle commissioni miste Prc-Ulivo per la definizione
del programma di governo del 2006, mentre la quantità e la qualità delle
alleanze fatte segnano un passo deciso nella direzione di una sempre maggiore
integrazione tra Rifondazione comunista ed il centrosinistra. L’ammissione di
questo processo è riaffermata anche da Gianluigi Pegolo, responsabile naz. Enti
locali del Prc: “Il dato politico più significativo di queste elezioni è
certamente rappresentato dall’estensione dell’alleanza fra centrosinistra e
Rifondazione comunista (…)” ("Liberazioen" 26 aprile 2003). Così
pure Bertinotti: “La linea degli accordi resta quella generale del partito
che, in tutta Italia, sta conseguendo accordi significativi con il
centrosinistra” ("Liberazione" 11 magio 2003).
Il gruppo dirigente maggioritario di Rifondazione, senza
alcuna distinzione fra bertinottiani e grassiani, si è lanciato in
un’esaltazione dei programmi risultati dalle alleanze, senza che però questi
abbiano alcun riscontro con la realtà delle condizioni di vita delle classi
subalterne. Emblematico il caso del bilancio partecipativo presentato come
conquista determinate in tutti i programmi di coalizione. Tale aspetto è ben
evidenziato da Pegolo nell’articolo già citato: “(…)cogliere nella nuova
fase mutamenti di indirizzo che certamente hanno favorito le intese. I terreni
sui quali tali mutamenti sono più evidenti sono stati, da un lato, quello della
partecipazione dove il tema del “bilancio partecipativo” ha trovato
un’accoglienza quasi generale nei programmi, dall’altro un’attenzione
particolare al tema del reddito(…)”. Il Bilancio partecipativo diventa
quindi, ancora una volta, oggetto di propaganda ed illusione all’interno del
partito e del movimento, mentre può essere benissimo utilizzato quale oggetto
di contrattazione programmatica con il centrosinistra, considerato il costo zero
e i risultati nulli dell’operazione. Peraltro basterebbe chiedere agli
assessori del Prc nelle varie giunte, che hanno la delega al bilancio
partecipativo, cosa sono riusciti ad ottenere finora per verificare l’inganno
che si nasconde dietro questo nuovo mito del bilancio partecipativo.
Decisamente interessante è analizzare due casi, opposti,
dove Rifondazione ha fatto l’alleanza, il Friuli Venezia Giulia, e ove il
partito non è stato accettato nella coalizione, a Brescia.
Il caso friulano
In Friuli il candidato presidente del centrosinistra è un
certo Riccardo Illy, noto per essere proprietario dell’omonima industria del
caffè nonché ex sindaco di Trieste ed attuale deputato della Margherita. Per
sintetizzare con una formula Illy è il classico industriale liberale.
La coalizione che lo sostiene è molto vasta e supera i
confini stessi dell’Ulivo: si va da Rifondazione comunista fino a leghisti
dissidenti passando per alcune liste civiche. Per un partito che vuole
rappresentare la sinistra alternativa la compagnia non è certo delle migliori.
Degne di nota le dichiarazioni del segretario Bertinotti
sull’alleanza in Friuli: “Col centrosinistra senza se né ma”, “Quella
raggiunta è un’alleanza piena, programmatica, tra tutte le forze del
centrosinistra”, “un programma in cui ci identifichiamo totalmente”
("Il Piccolo di Trieste", 11 aprile 2003).
Se si guarda il programma del candidato alla presidenza
Riccardo Illy appare davvero incredibile tanto entusiasmo del segretario.
Sulla politica industriale per Illy è necessario “Ricollocare
(piuttosto che “delocalizzare”) le aziende ad Est, lungi dall’essere un
pericolo, può rilanciare
l’occupazione più qualificata e disinnescare la congestione
industriale del territorio regionale, spesso privo di un’adeguata
pianificazione urbanistica.” (dal sito www.riccardoilly.it
)
Il discorso privatizzazioni è affrontato senza mezzi
termini: “E’ essenziale, infine, per la modernizzazione del sistema
produttivo regionale, che la Regione accompagni il completamento delle privatizzazioni,
come nel caso della Fincantieri, per evitare il rischio di trasferimento o
ridimensionamento di sedi legali e produttive che impoverirebbero il tessuto
economico regionale” (idem).
Visto il programma di Illy verrebbe da chiedere al Bertinotti
da quando Rifondazione ha sposato “senza se né ma” una politica economica
di trasferimento delle attività produttive all’estero, per risparmiare sulla
manodopera, e soprattutto da quando le privatizzazioni fanno parte del programma
del prc. Evidentemente non vi è bisogno di essere dei cattivi trotzkisti di
Progetto Comunista per capire che l’alleanza in Friuli è solo una manovra
politica di tipo governista che prescinde da ogni contenuto.
Il caso bresciano
Brescia rappresenta uno dei pochi casi a livello nazionale
dove l’alleanza tra Rifondazione comunista e centrosinistra non è andata in
porto.
Nello scorso mandato amministrativo Rifondazione era
all’opposizione della Giunta ulivista uscente, presieduta dal diessino Paolo
Corsini e ricandidato anche in questa tornata elettorale.
La mancata alleanza ha scatenato un vero e proprio piagnisteo
e deliri di disperazione sulle pagine di "Liberazione" (si vedano le
due pagine centrali dedicate a Brescia su "Liberazione" dell’11
maggio 2003). L’accusa più ricorrente per la situazione venutasi a creare è
stata quella che secondo il prc il centrosinistra ha preferito schierarsi con i
poteri forti, dalla chiesa agli industriali alle banche, rifiutando addirittura
di mettersi a discutere. Bertinotti ha duramente sentenziato: “Grave atto di
miopia politica, una vera pregiudiziale, unico caso nazionale in cui si sia
verificata una indisponibilità reale al confronto programmatico” (idem).
Dalle parole del candidato sindaco Corsini però non emerge
un astio pregiudiziale nei confronti del Prc, anzi, tanto che, intervistato dal
quotidiano del Prc, dichiara: “Abbiamo offerto al prc la possibilità di un
allargamento della maggioranza dopo le elezioni; e già ora abbiamo realizzato
un accordo organico in tre circoscrizioni” (idem). Insomma al Comune di
Brescia ancora no, ma in tre quartieri Ulivo e Rifondazione vanno assieme, quasi
che in quelle tre circoscrizioni il centrosinistra non sia lo stesso che viene
definito ostaggio di chiesa, banche e padronato!
Da cuore dell’opposizione ad alleati del centro borghese
liberale
E’ così che Rifondazione comunista, nata come “cuore
dell’opposizione” circa un decennio fa, si sta trasformando in un valido
alleato del centro borghese liberale, rimuovendo ogni contenuto e politica di
classe. Da un lato la mancanza di ogni bilancio delle politiche fatte nelle
alleanze, siano esse nazionali come nel caso del governo Prodi o locali,
dall’altro un illusorio richiamo all’unità contro la destra quando sono
proprio le politiche moderate del centrosinistra ad aver spianato la vittoria di
Berlusconi.
Non solo. Proprio alla vigilia del referendum
sull’estensione dell’art.18, che comunque vada segnerà pesantemente i
rapporti sociali e politici in Italia, il tema dei diritti dei lavoratori viene
cancellato dalla campagna elettorale di queste amministrative. Si aggira
completamente il fatto che Margherita, maggioranza dei DS, Sdi ed Udeur hanno
dato indicazione di boicottare il referendum e che tale indicazione è condivisa
da quasi tutti i candidati sindaci e presidenti sostenuti da Rifondazione in
queste elezioni. Così come le posizioni sulla guerra ed il futuro dell’Irak
appaiono inconciliabili come dimostrato dal voto favorevole di buona parte
dell’Ulivo all’invio di truppe italiane a sostegno dell’occupazione
dell’Irak.
Appare quindi sempre più come una pudica foglia fico la
separazione che Bertinotti fa tra amministrazioni locali e governo nazionale per
giustificare l’ingiustificabile: “(…) Anzitutto ribadisco la diversità
che corre tra la competizione elettorale sul piano locale e quella sul piano
nazionale. Diverse sono le responsabilità e le competenze richiamate, diversi,
conseguentemente, devono essere i programmi, diverse le logiche che presiedono
alle scelte delle alleanze. Il Comune di tale città non deve decidere se
partecipare ad un’iniziativa di guerra - ad esempio – cosa che invece
compete al governo nazionale (…)” ("Liberazione" 11 maggio 2003).
Il segretario rimuove, quindi, in un colpo solo il fatto che sindaci e
presidenti sostenuti dal prc appartengono a partiti che la guerra l’hanno
sostenuta attivamente come nel caso del Kosovo come oggi si schierano per la
colonizzazione dell’Irak.
Per lo stesso Bertinotti referendum sull’art.18 e
amministrative viaggiano su binari diversi tanto da poter affermare:”(…) la
parte centrista e moderata del centrosinistra prende le distanze dalla difesa di
un diritto essenziale dei lavoratori, quello di non essere licenziati senza
giustificato motivo (...). Questa è una divisione reale. Non possiamo fare
finte di non vederla o di esorcizzarla. E’ una divisione che segna un solco.
Traccia una linea di classe, molto chiara e nitida (...)” (idem).
Appunto per ciò Rifondazione comunista si appresta a varare una nuova stagione
politica di alleanze interclassiste a favore del grande capitale, in attesa del
2006 quando, in caso di vittoria, tenterà la carta del governo.
In ultimo si segnalano le “vigorose” proteste della
sinistra della maggioranza, ovvero dell’area Bandiera rossa-“Erre”, per
bocca di Franco Turigliatto: "Non so se tutti gli accordi per le
amministrative sono buoni (…) è necessario arrivare ad un bilancio
complessivo di quanto viene fato nelle istituzioni, interrogarci se riusciamo
con le nostre alleanze nei governi locali ad andare oltre il semplice
ammorbidimento delle politiche neoliberiste (…)” (sintesi dell’intervento
al Cpn del 4-5 maggio pubblicato da "Liberazione" dell’8 maggio
2003). Temiamo che si tratti, come in passato, soltanto di parole per salvarsi
l’anima, senza vere implicazioni pratiche…