Comitato
Politico Nazionale del PRC del 03-04 maggio 2003
Mozione di minoranza
Il
CPN esprime una forte preoccupazione sull'evoluzione della situazione sociale e
politica italiana.
1)
Particolarmente grave è la ripresa dell'offensiva reazionaria di Silvio
Berlusconi contro la magistratura ed il riproporsi su questo terreno di una
minaccia plebiscitaria come soluzione a destra dell'instabilità italiana, a
riprova della specifica natura reazionaria di questo governo.
Ma
quest'offensiva può dispiegarsi anche in virtù della difficoltà delle lotte
sociali.
Pur
in un quadro contraddittorio la dinamica dei movimenti di massa che per due anni
in forme diverse ha attraversato il Paese, segna oggi il passo. Il rifiuto da
parte delle direzioni del movimento operaio, a partire dalla Cgil, di una
unificazione delle lotte attorno a una piattaforma generale e ad una vera prova
di forza col governo ha prodotto un'impasse della mobilitazione, una dispersione
di forze, uno spazio di controffensiva da parte del governo e del padronato.
L'obiettiva
sconfitta dei lavoratori FIAT. La chiusura di contratti segnati
dall'allargamento della precarietà del lavoro. Il passaggio della controriforma
Moratti nella scuola. Il nuovo attacco di governo e padronato su pensioni e
lavoro, con conseguenze potenzialmente devastanti, segnano nel loro insieme un
quadro di nuova difficoltà che sarebbe irresponsabile ignorare.
Il
movimento contro la guerra, di enorme portata, ha in parte riequilibrato questo
quadro tamponandone temporaneamente gli effetti e producendo una frattura
profonda tra governo ed opinione pubblica. Ma le direzioni del movimento operaio
a partire dalla Cgil hanno rifiutato di entrare in questa frattura per
recuperare uno spazio di mobilitazione generale. Così il rifiuto di uno
sciopero generale contro la guerra, che unificasse ragioni antibelliciste e
ragioni sociali, ha non solo disorientato l'opposizione al conflitto, ma ha
anche indebolito l'opposizione sociale e di classe. Ed oggi il ripiegamento
obiettivo del movimento antimilitarista dopo la fine della guerra in Irak
concorre ad aggravare le difficoltà generali.
Non
vedere e denunciare questa realtà -difficile e complessa- in nome della
retorica del "movimento" significherebbe assolvere di fatto le
responsabilità delle sue direzioni e disorientare la stessa azione del nostro
partito. Aver rimosso in questi anni l'esigenza stessa di una battaglia di
egemonia alternativa nei movimenti, di costruzione di un'altra direzione, ha
rappresentato un errore profondo del Prc.
2)
Al tempo stesso restano sul terreno potenzialità grandi di ripresa e rilancio
dell'opposizione operaia, popolare, giovanile.
Il governo Berlusconi, che pur dispone di uno spazio più ampio di manovra, conferma e persino aggrava le contraddizioni interne della propria coalizione. Permane contro il governo in ampi settori sociali una forte tensione politica. Le stesse propensioni di voto sull'estensione dell'art. 18 confermano la permanenza di un diffuso senso comune antiliberista e di una volontà di reazione alle politiche dominanti. Più in generale resta sul campo la domanda di svolta di un ampio settore di giovane generazione che è il portato prezioso della mobilitazione nazionale ed internazionale di questi anni.
Costruire
e rilanciare nelle lotte uno sbocco anticapitalistico di queste potenzialità è
il compito fondamentale del nostro partito. Ma ciò richiede il superamento del
movimentismo, un'aperta battaglia di indirizzo all'interno di ogni movimento di
massa, una politica di costruzione dell'autonomia di ogni movimento dal centro
liberale dell'Ulivo. Ciò che significa una svolta di linea del Prc.
A)
Va finalmente assunto l'obiettivo politico della cacciata del governo Berlusconi
come governo di malaffare, di rapina e di guerra. L'intera esperienza di questi
anni conferma la centralità di questa rivendicazione elementare. Il presente
attacco del capo del governo alla magistratura e il profilarsi di un aperto
conflitto istituzionale ripropone l'attualità pressante di questo obiettivo.
Tutte le forze dell'opposizione operaia, popolare, di movimento vanno invitate e
sfidate all'unità di lotta attorno a questa comune rivendicazione. Ciò che
implica non solo il rifiuto di qualsiasi salvagente compromissorio per
Berlusconi (v. lodo Maccanico), ma l'autonomia dei movimenti da un centro
liberale che si oppone alla precipitazione dello scontro e che sostiene il
governo su terreni decisivi. Peraltro solo l'autonomia dal centro liberale può
liberare un'opposizione di massa radicale per la cacciata del governo. E solo
un'opposizione autonoma di massa può porre le condizioni di un'alternativa dei
lavoratori e delle lavoratrici quale unica reale alternativa. Impedendo che un
dopo Berlusconi si risolva nell'ennesima subordinazione dei lavoratori a un
governo borghese e anti-operaio dell'Ulivo.
B)
La campagna referendaria per l'estensione dell'art. 18 è una campagna di lotta
centrale del nostro partito. La vittoria del SI', a rischio quorum, è realmente
possibile. I suoi effetti politici e simbolici sarebbero obiettivamente di
grande rilevanza. Tutto il partito è chiamato a impegnarsi, con tutte le
proprie forze, nello scontro referendario. Tuttavia, tanto più oggi, questa
battaglia è inseparabile da una battaglia più generale per una direzione
alternativa del movimento operaio.
La
burocrazia della Cgil combinerà una indicazione "obbligata" per il
SI' con la denuncia dell'"errore" del referendum e con un diffuso
disimpegno dalla campagna: sia per preservare quello spazio di ricomposizione
con Cisl e Uil che Epifani lentamente riattiva, sia per preservare il quadro di
subordinazione al centrosinistra.
E'
allora essenziale condurre apertamente nella Cgil e innanzi tutto nei luoghi di
lavoro una battaglia aperta per una mobilitazione attiva a sostegno del SI' che
realizzi l'unità nell'azione di tutte le forze del movimento operaio.
E'
essenziale legare questa campagna ad una proposta centrale di unificazione delle
lotte attorno ad una piattaforma generale di svolta con l'obiettivo di
sconfiggere i piani di governo e padronato.
E'
essenziale porre nella Cgil e tra i lavoratori la necessità di rompere
apertamente con un centro liberale dell'Ulivo schierato a fianco di Berlusconi e
del padronato contro i diritti dei lavoratori. Una rottura che è condizione
stessa di una ripresa di lotta del movimento di massa.
In
particolare è importante denunciare, finalmente, dopo il silenzio di due anni,
il ruolo mistificatorio di Cofferati e del cofferatismo, la sua subordinazione
al centro contro il referendum, la sua obiettiva alleanza su questo terreno con
il padronato e col governo, contro gli interessi dei lavoratori, la sua volontà
di usare il boicottaggio del referendum come carta credenziale agli occhi della
borghesia in funzione del proprio futuro politico.
C)
La continuità, in nuove forme, del movimento contro la guerra costituisce un
terreno centrale d'impegno del nostro partito.
Il
movimento contro la guerra ha rappresentato su scala nazionale e internazionale
una realtà più vasta del movimento no-global, segnata da una corrispondenza
coi sentimenti pacifisti della maggioranza della popolazione italiana e
mondiale, da un livello eccezionale di mobilitazione, da un largo coinvolgimento
delle organizzazioni di massa del movimento operaio. Ciò che ha rappresentato
un fattore reale di preoccupazione e difficoltà dello schieramento
guerrafondaio e dell'imperialismo.
Ma
la sua potenzialità poteva esprimersi adeguatamente all'altezza del livello
obiettivo dello scontro solo ponendosi in definitiva su un terreno apertamente
anticapitalista ed antimperialista. E le sue direzioni e culture maggioritarie
hanno invece operato contro questo sbocco: portandovi o rafforzandovi le
illusioni sull'ONU, la logica perdente della "pressione" sui governi
imperialisti europei, gli appelli costituzionali, sino all'esaltazione delle
parole del Papa e della Chiesa. Nel frattempo su scala europea e in ogni Paese
le direzioni del movimento operaio hanno bloccato e impedito lo sciopero
generale. Hanno rifiutato lo stesso obiettivo della cacciata dei governi di
guerra. Hanno respinto ogni collocazione coerente al fianco del popolo irakeno e
della nazione araba contro l'aggressione imperialista e coloniale.
Il
nostro partito, positivamente presente nel movimento, non ha contrastato questo
orientamento che anzi ha, in larga misura, avallato. In nome dell'esaltazione
del movimento ha rimosso ancora una volta una battaglia chiara per un'egemonia
alternativa, con un danno reale per il movimento stesso.
Questa
battaglia va oggi, in condizioni nuove, recuperata e rilanciata.
Il
movimento che si è battuto contro la guerra attraversa oggi una difficoltà
profonda. Ha pesato la delusione del mancato impedimento del conflitto e
l'eredità di un'impostazione pacifista che è rimasta spiazzata e disorientata
dalla rapida fine della guerra.
Ciò
significa che il rilancio del movimento è tanto più oggi inseparabile dallo
sviluppo di una coscienza antimperialista e di un nuovo e più alto livello di
mobilitazione.
Il
CPN impegna allora l'intero partito e i propri militanti nel movimento ad
avanzare una piattaforma immediata di mobilitazione attorno agli assi seguenti:
-
mobilitazione immediata contro l'occupazione militare dell'Irak e contro le
aggressioni anglo-americane ai danni delle manifestazioni popolari irakene,
Costruzione della mobilitazione sotto ambasciate e consolati anglo-americani;
-
rilancio del boicottaggio attivo antimilitarista contro la spedizione italiana
in Irak in tutte le forme possibili e sulle basi più larghe;
-
denuncia degli interessi dell'imperialismo italiano nella spartizione
petrolifera, nella ricostruzione, nella produzione bellica. Con la
rivendicazione della nazionalizzazione senza indennizzo di tutti gli interessi
speculativi e guerrafondai;
-
rifiuto dell'esercito europeo entro una più generale contestazione del polo
imperialistico europeo.
E'
una piattaforma che implica una battaglia di fondo per la piena autonomia del
movimento dal centro liberale dell'Ulivo. Il quale non ha espresso semplicemente
un'opposizione "inadeguata" alla guerra. Ha espresso ed esprime gli
interessi di fondo di un polo imperialistico europeo lungo la linea
Prodi-Chirac- Schroeder: prima in contrasto con l'unilateralismo americano per
rivendicare una concertazione della politica mondiale; poi in funzione di una
ricomposizione con Blair e Bush al tavolo della spartizione; prima e dopo
rivendicando un rafforzamento militare dell'Europa. La rottura col centro
liberale è dunque condizione imprescindibile della stessa battaglia
antimilitarista.
3)
La svolta politica di linea nei movimenti di massa per la loro rottura col
centro implica una svolta radicale delle nostre relazioni con l'Ulivo.
La
via intrapresa con l'incontro tra Prc ed Ulivo e le sue risultanze (commissioni
programmatiche paritetiche con Treu, Mastella, Pecoraro Scanio rispettivamente
su Lavoro, Mezzogiorno, Ambiente) ha rappresentato una scelta profondamente
negativa. Una scelta subordinata ad una prospettiva innaturale di governo con le
forze di centro e quindi con la borghesia italiana. Una scelta profondamente
contraddittoria con tutte le ragioni dei movimenti.
Questa
scelta di prospettiva, a solo due mesi di distanza, ha già sperimentato sul
campo tutte le proprie implicazioni. Ha bloccato per definizione ogni battaglia
di egemonia alternativa nei movimenti. Ha sospinto la ricerca delle comuni
mozioni parlamentari con l'Ulivo e la critica dei movimenti per il
"settarismo" verso l'Ulivo (v. la manifestazione a Roma del 22 marzo).
Ha riproposto e ampliato la generalizzazione dell'alleanza di governo tra Ulivo
e Prc nelle amministrazioni locali con l'inedito accordo in Friuli con un
industriale dell'Ulivo, Illy (oltretutto sostenitore della guerra all'Irak). Ha
soprattutto verificato la totale smentita del principale argomento che lo aveva
sorretto: quello di "contaminare" l'Ulivo grazie alla spinta del
movimento. Infatti a due mesi dal varo delle commissioni paritetiche il centro
liberale è alleato di Berlusconi a sostegno di una spedizione coloniale, è
alleato di Berlusconi contro l'estensione dei diritti.
Il
CPN prende atto dunque della realtà, dichiara decadute le commissioni
istituite e il relativo accordo e programma, per il dopo referendum l'apertura
di un'ampia discussione nel partito attorno alle sue prospettive nella nuova
situazione.
4)
La svolta necessaria di orientamento politico sul piano nazionale è
inseparabile da una svolta più generale, strategica e programmatica sul terreno
internazionale.
L'attuale
quadro mondiale smentisce le categorie analitiche proposte a maggioranza dal V
Congresso del nostro partito. Ripropone drammaticamente la realtà
dell'imperialismo, delle sue politiche statali di potenza, delle sue crescenti
contraddizioni internazionali, della sua oppressione sui Paesi dipendenti, della
sua negazione dei diritti e aspirazioni nazionali dei popoli oppressi (a partire
dal popolo palestinese, dalla nazione araba, dai popoli dell'America Latina).
Ma
soprattutto l'attuale quadro mondiale smentisce le illusioni strategiche
riformiste. Sia quelle basate sulla ricerca di un fronte interstatuale "anti-americano"
(Europa, Russia, India, Cina) che oltre ad essere del tutto utopiche minacciano
di subordinare i movimenti di massa agli interessi di imperialismi concorrenti o
di burocrazie restaurazioniste. Sia quelle che in nome dell'esaltazione del
movimento finiscono per subordinarlo a soluzioni di governo di centrosinistra,
come nel caso del governo brasiliano di Lula: un governo con industriali e
banchieri, subalterno alle direttive del FMI, caratterizzato da programmi e
politiche liberali (riduzione della spesa sociale, controriforma delle pensioni,
flessibilizzazione del lavoro) e che non a caso a soli cento giorni dal suo
insediamento inizia a incontrare le prime lotte di opposizione del movimento
contadino e di settori di lavoratori.
Proprio
la crisi del capitalismo mondiale e l'attuale disordine del mondo indica come
unica vera possibile alternativa, certo difficile ma non illusoria,
un'alternativa rivoluzionaria socialista. In ogni Paese e su scala mondiale. Ciò
che ripropone più che mai l'attualità della rifondazione di un'internazionale
marxista rivoluzionaria conseguente capace di far vivere in ogni lotta, in ogni
movimento di massa, un programma indipendente della classe operaia. In
alternativa ad ogni illusione riformista.