Gli
operai di Melfi votano contro concertazione e svolta governista del Prc
Ne
parliamo con Antonio D’Andrea, segretario del circolo di fabbrica della Fiat
di Melfi
di Michele Rizzi
L’abbondante nevicata che ha coperto di bianco la
lucania non ha certamente bloccato la “spinta propulsiva” della classe
operaia della Fiat di Melfi: quella stessa spinta propulsiva che generò i venti
giorni di sciopero prolungato che mise in ginocchio il padronato Fiat e che può
essere definita come la più grande mobilitazione operaia degli ultimi anni,
proprio laddove le condizioni di sfruttamento e di oppressione in fabbrica
assumono connotazioni disastrose per gli operai.
Quella lotta ha rotto ogni schema concertativo, creando un
embrione di coscienza rivoluzionaria, in una logica di rifiuto di ogni
collaborazione di classe. E’ ampiamente riconosciuto, anche dalla stampa
nazionale, che un ruolo d’avanguardia in quelle lotte è stato recitato dal
collettivo del Prc aziendale della Fiat di Melfi. E là, al congresso di
circolo, ha vinto, non a caso, con il 72%, il terzo documento, quello di
Progetto Comunista.
Le vere primarie si sono tenute qui in fabbrica: gli
operai hanno votato contro l’Unione (ex Gad): una vittoria nettissima
dell’unica posizione realmente alternativa a quella di Bertinotti, quella
della salvaguardia dell’opposizione comunista e di classe in Italia,
dell’alternativa a Berlusconi e al centro liberale dell’Ulivo. E’ un
successo che si affianca quelli ottenuti nei congressi Prc di altre realtà
operaie italiane, protagoniste anche loro delle grandi mobilitazioni degli
ultimi due anni, come la Fincantieri di Genova, gli autotrasportatori di Napoli,
gli autoferrotranvieri di Venezia ecc.
D’Andrea: “nessuna
concertazione e nessun governo Prodi ingabbierà le nostre lotte”
Ma poteva essere altrimenti? Queste mobilitazioni non sono
state forse il frutto del rifiuto delle politiche di concertazione anche dei
precedenti governi liberisti di centrosinistra? Infatti, D’Andrea, segretario
del circolo operaio della Fiat di Melfi, ci dice: “La lotta durissima contro
Montezemolo e la dirigenza Fiat dei 21 giorni ha temprato la classe operaia
dello stabilimento, che ha capito ampiamente che la lotta dura contro la classe
avversa in genere paga, mentre la collaborazione di classe porta sempre alla
sconfitta dei lavoratori”.
Come dargli torto? Non sono stati forse anche i governi
dell’Ulivo a riempire i forzieri degli Agnelli con tanto di provvedimenti come
quello sulla rottamazione?
D’Andrea: “Il 72% dei voti del nostro circolo a
Progetto Comunista è la logica conseguenza della bontà delle posizioni dei
marxisti rivoluzionari, che rifiutano nettamente ogni ipotesi di accordo del Prc
con i partiti del centro liberale borghese. Bertinotti, Grassi, Malabarba e
Bellotti, i primi firmatari degli altri quattro documenti nazionali, che sono
favorevoli, in varie salse, a governi di fronte popolare con D’Alema, con
‘paletti’ o senza ‘paletti’, devono spiegare a noi operai il come sia
possibile accettare di passare dalla padella alla brace. Naturalmente i primi a
pagare la ristrutturazione voluta dal centrosinistra saranno i lavoratori
precari, già penalizzati dai tagli agli organici e dalle supplenze imposti
dalle ultime finanziarie. Ulteriori danni andranno ai movimenti di lotta che
tanto hanno creduto in ‘un altro mondo possibile’. A me sembra esattamente
una vecchia minestra riscaldata, mentre la via verso l’alternativa socialista
e dei lavoratori non la si vuole per niente intraprendere”.
Continua D’Andrea: “Sono venuti ad intervistarci
inviati di tutte le testate nazionali. Abbiamo spiegato loro che l’opposizione
comunista e rivoluzionaria non si può scioglierla nelle primarie e nella gabbia
del centrosinistra, così come nessuna concertazione e nessun governo Prodi
ingabbierà le nostre lotte. Si ritiene di poter condizionare l’Unione? mi si
ricordi un solo caso dove i comunisti nei governi borghesi hanno potuto
esprimere politiche a favore del proletariato. Invece, noi siamo la
dimostrazione dell’esatto contrario: la nostra posizione rispetto alla
concertazione equivale ad un forte no.
Per questo condividiamo la posizione nazionale di Progetto Comunista di
opposizione durissima alla piattaforma di rinnovo contrattuale proposta dalle
confederazioni sindacali: non si fanno sconti a Montezemolo, che la crisi la
paghino i padroni e non come al solito gli operai. Il centrosinistra propone
altri finanziamenti a fondo perduto alle aziende meridionali, come con i
precedenti governi Prodi, D’Alema e Amato? Progetto Comunista sottolinea
giustamente che ci vuole la nazionalizzazione, senza indennizzo, delle aziende
in crisi, quale punto di rottura transitoria delle compatibilità capitaliste .
E poi quale sviluppo meridionale hanno creato questi contributi a pioggia,
versati nelle casse di chi si è arricchito e poi è scappato con il bottino nei
paesi dell’est?”
Montezemolo chiede una mano ai sindacati? Pronta la
risposta della triplice che assicura che “non ci faremo del male”. Vi è una
chiarezza cristallina nel voler rimettersi tutti davanti ad un tavolo per
tornare a concertare, con la benedizione dell’Unione del centrosinistra, per
il salvataggio degli interessi dei grandi finanzieri e delle banche, a scapito,
come sempre, degli interessi materiali di chi, gli operai, permette il ciclo di
produzione dell’auto. Anche in questo caso, gli operai trotskisti hanno
ragione.