Quando
il “movimentismo” è strumento della collaborazione di classe
La
lotta per la casa a Barletta dimostra la subalternità al centrosinistra dei
cosiddetti “disobbedienti”
di Pasquale Gorgoglione
Ricordate le fotografie della rivoluzione russa in cui il
volto di Trotzki e quello di altri compagni scompaiono, inghiottiti
dall’infangante propaganda stalinista? Sebbene la maggioranza dirigente di
Rifondazione Comunista si sia da tempo arroccata su posizioni che comuniste non
sono, sebbene abbia assunto la non violenza e la disobbedienza quali presupposti
fondamentali per il raggiungimento di un altro mondo possibile (non certo quello
socialista) e sebbene ufficialmente lo stalinismo sia stato mandato in soffitta,
succede che larga parte dei disobbedienti di questo partito non dimentica la
lezione di democrazia del baffuto.
Durante il congresso appena trascorso, i compagni che da
sempre sostengono un approccio ai movimenti diverso da quello disobbediente
dettato dalla dirigenza, e in particolare coloro che sostengono un approccio più
conseguentemente marxista, sono stati accusati in maniera indiscriminata, nel
migliore dei casi, di essere rimasti a coltivare i soliti “interessi di
setta” quando in Italia divampava la forza dei movimenti e, più di frequente,
di aver lavorato contro i movimenti di questi ultimi anni. Si vuole forse
riscrivere la storia?
L’occupazione di uno stabile
da parte di famiglie indigenti
E’ bene allora rispolverare alcune “verità
storiche” prima che la storia sia completamente riscritta. Innanzi tutto sia
chiaro che noi di Progetto Comunista ci siamo sempre battuti affinché tutti i
movimenti con cui abbiamo stretto relazioni politiche non si attestassero su
posizioni apparentemente innovative ma che, in realtà, erano un semplice
strumento per imbrigliare le potenzialità anticapitaliste dei movimenti stessi
e indirizzarle verso un quadro di collaborazione con le classi ed i soggetti
contro cui a parole si predica. Ma ciò non significa che ci siamo
disinteressati dei movimenti, ma anzi abbiamo cercato di farli crescere su basi
realmente anticapitaliste, di promuovere un metodo e un approccio frutto
dell’esperienza migliore della storia del movimento operaio, perché pensiamo
che questo costituisca l’antidoto al ripiegamento dei movimenti su se stessi e
alla sconfitta.
Con questi presupposti è stato possibile intraprendere
nella città di Barletta una lotta per il diritto alla casa che ha visto
impegnate varie famiglie indigenti contro l’amministrazione di centrosinistra.
Queste famiglie occupavano abusivamente una palazzina di proprietà comunale (ex
Omni), che versava in precarie condizioni igieniche e strutturali. Come spesso
capita in queste situazioni, la possibilità di guadagno immediato da parte dei
soliti blocchi di potere, tramite l’alienazione del bene, prevalse sulla
necessità di offrire una sistemazione dignitosa alle famiglie e di rispondere
ai bisogni di una fascia di popolazione sempre più ampia (se aumenta la
popolazione povera aumenta anche il bisogno di case popolari). Così il Comune
chiese di sgomberare la palazzina con il pretesto del risanamento senza
preoccuparsi della fine che le famiglie occupanti avrebbero fatto e soprattutto
senza indicare la futura destinazione d’uso della palazzina.
Inizia quindi una lotta che vede contrapposti da una parte
le famiglie di occupanti, Progetto Comunista e il movimento antagonista e
dall’altra l’amministrazione comunale di centrosinistra - tra cui anche
l’assessore ai lavori pubblici di Rifondazione - e la maggioranza
bertinottiana-grassiana del partito. Di particolare valore politico fu la
polemica tra il movimento reale e alcuni Giovani Comunisti disobbedienti che,
oltre ad essere maestri della non-violenza, si rivelarono, al riscontro dei
fatti, teorici della subordinazione dei più deboli alle decisioni
dell’amministrazione comunale e ai suoi blocchi sociali di riferimento. Essi,
infatti, sostenevano l’illegalità dell’occupazione, in quanto irriguardosa
della proprietà del bene, e la condannavano apertamente perché poteva
costituire il cattivo esempio per altri proletari…
Senza soffermarmi su tutti gli aspetti della vicenda, la
lotta si concluse, dopo il coinvolgimento della cittadinanza e l’occupazione
di vari consigli comunali, con la vittoria del movimento: l’amministrazione,
intimorita dalla rilevanza che la vicenda stava assumendo in città, fu
costretta a garantire il risanamento della palazzina, un alloggio alle famiglie
durante lo svolgimento dei lavori, il ritorno delle stesse con la messa in
regola e l‘istituzione di un canone d’affitto simbolico.
Lotte reali e mistificazioni
disobbedienti
Come si può ben capire il nostro intervento è diretto a
proporre una reale alternativa ai movimenti, una scelta non utopica ma
assolutamente pragmatica per raggiungere dei risultati concreti che arrivano
solo con la lotta coerente e faticosa e non governando, anche solo a livello
locale, con gli affaristi di centrosinistra.
Non me ne vogliano i disobbedienti di questo partito che,
come chiarito dai fatti, pur continuando ad osannare la conquista della
disobbedienza, diventano ogni giorno sempre meno monelli, sempre più obbedienti
e ancor meno comunisti ma la vera lotta è lontana anni luce dalla
disobbedienza. La lotta di Barletta è stata un’esperienza d’avanguardia,
portata avanti in primis da proletari
che hanno raggiunto un livello minimo di coscienza di classe grazie un’azione
politica capace di unificare a sinistra... senza aderire all’Unione. Se
vogliamo contaminarci nei movimenti quella poteva essere una occasione buona, ma
se da untori vogliamo contaminarli con la peste di idee mistificatorie - come il
complicato sofismo del camminare
domandando, il teorema dell’impero, la regoletta della non-violenza, la
favola della disobbedienza - allora quello rappresenterebbe per i movimenti un
abbraccio mortale volto a soggiogarli alle classi dominanti.
E’ il momento di tornare a fare politica. E’ il
momento di tornare a ragionare con la categoria del reale perché la realtà che
ci circonda non può essere costretta all’interno di definizioni tanto
poetiche ed evocative quanto totalmente prive di fondamenta: questo significa
mistificare, propagandare menzogna.
Chi, dunque, era contro i movimenti?