Dal commercio ai metalmeccanici: si approfondisce la deriva concertativa.

La necessità di un documento alternativo al prossimo congresso della Cgil

 

di Francesco Doro (*) ed Enrico Pellegrini  (**)

 

I poteri forti di questo Paese, le grandi banche e le concentrazioni finanziarie, preferiscono un governo dell’Unione di centrosinistra, un’alleanza tra liberali (maggioranza Ds e Margherita) e cosiddetta sinistra alternativa (sinistra Ds, Verdi, Pdci, Prc) perché, come l’esperienza del primo governo Prodi ha dimostrato, solo così possono imporre politiche antioperaie e antipopolari con la collaborazione concertativa della burocrazia sindacale della Cgil in un quadro di pace sociale.

La nascita dell’Unione già oggi agisce come potente fattore frenante delle mobilitazioni operaie e popolari, di moderazione salariale e normativa nelle vertenze, negli accordi bidone firmati. Il riavvicinamento tra la Cgil e Cisl, Uil, dopo la rottura verificatasi in seguito alla firma del Patto per l’Italia con la Confindustria di D’Amato e il governo Berlusconi, ha avuto un’accelerazione con la recente investitura di Montezemolo alla guida del padronato. Segnali fortemente negativi di questa deriva si sono succeduti ad intervalli più o meno regolari: dai documenti firmati tra Cgil, Cisl e Uil con la Confindustria sulla competitività del "sistema Italia", quello sul Mezzogiorno ed infine, in ordine di tempo, l’accordo sulla previdenza complementare e i fondi pensione con conseguente scippo del Tfr. In questa dimensione appare stridente la contraddizione tra il livello di mobilitazione, pur con gravi limiti di continuità e contenuti, attuato dalla Cgil nel triennio 2001-2003 e la caduta determinatasi a ridosso dell’ipotesi di un “governo amico”. Si pensi ai rinnovi contrattuali del turismo, del commercio, dei tessili, dei lavoratori delle telecomunicazioni e degli autoferrotranvieri, tutti caratterizzati da: bassi aumenti salariali, forti indebolimenti normativi ed aperture alla legge 30.

Commercio, il contratto-bidone del luglio 2004  

Solo per fare un esempio che coinvolge un milione e mezzo di lavoratori, l’accordo sul commercio, firmato nel luglio del 2004, prevede un aumento a regime di 125 € nell’arco di quattro anni: desolante sotto il profilo della tenuta del potere d’acquisto, ben poca cosa se si pensa alle alte quote di produttività e di profitto realizzati dagli imprenditori del settore. Sul piano normativo vede il raddoppio dei contratti a termine (dal 10% al 20% del totale della forza lavoro), gli interinali potranno ammontare al 15%, mentre la somma delle due tipologie passa dal 23% al 28% e questo limite non viene recepito per i contratti d’inserimento. Il periodo di apprendistato è stato elevato a 48 mesi (per una laurea breve ci vogliono tre anni!), infine è stato cancellato il tetto massimo delle 120 ore riferite al lavoro supplementare part-time, incentivando di fatto l’uso indiscriminato di questa modalità di assunzione nei supermercati.

Come emerge da una semplice lettura di queste “modifiche” anche se non esposta e scritta la Legge 30 viene recepita nella sostanza. Ricordiamo che la reazione all’accordo di diversi delegati Rsu di Coop, Conad, Carrefour, Pam, Coin, Oviesse, Cadoro è stata di dura critica all’operato della Filcams Cgil, sia riguardo al merito dell’accordo firmato che riguardo al metodo che non ha tenuto conto degli indirizzi programmatici indicati dall’assemblea nazionale dei quadri e delegati, mentre la minoranza Lavoro società in Filcams Cgil si limitava a rilevare, attraverso un suo esponente, soltanto “elementi di criticità oltre a problemi di metodo”. Il voto assembleare di ratifica dell’accordo ha poi visto la partecipazione di circa 60.000 lavoratori su una platea di circa un milione e mezzo di addetti del settore.

 

Metalmeccanici, una piattaforma insufficiente

Se queste sono le premesse nel commercio, ci chiediamo quali saranno le modalità di svolgimento del referendum di convalida, se sarà effettuato, sulla piattaforma unitaria per il biennio salariale 2005-2006 per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici? Una piattaforma unitaria quella proposta da Fiom, Fim e Uilm che prevede una richiesta salariale in forma riparametrata (92 € al terzo livello, 105 € al 5° livello, ecc) e 25 € uguali per tutti i lavoratori, quale elemento distinto della retribuzione, a chi non effettuerà la contrattazione integrativa aziendale entro il 2005, una richiesta insufficiente a salvaguardare il potere d’acquisto dei salari. In contraddizione con la richiesta (aumento salariale di 135 € uguali per tutti) avanzata dalla Fiom-Cgil due anni fa e sostenuta dalle lotte dei lavoratori, contro Fim e Uilm che firmarono un accordo separato e bidone.

Inoltre le regole proposte nella piattaforma presentano gravi carenze democratiche in particolare sullo svolgimento del referendum in uscita (previsto solo su richiesta di almeno una organizzazione sindacale, mentre a nostro parere deve essere comunque effettuato) e sulla modalità di designazione dei 500 delegati all’assemblea nazionale, delegati non eletti dai lavoratori e comprendenti i tre esecutivi nazionali di Fim, Fiom e Uilm. Una assemblea senza reali poteri se non puramente consultivi. Viceversa riteniamo credibile solo un’assemblea nazionale eletta dai lavoratori, che coordini e segua la vertenza, esprima pareri sull’andamento della stessa, chiami i lavoratori alla mobilitazione e alla lotta.

Questa piattaforma unitaria esprime nello stesso tempo il prodotto e la sanzione della sconfitta subita dai metalmeccanici con la lotta dei pre-contratti rispetto all’obiettivo indicato: la riapertura delle trattative per il contratto nazionale contro i due contratti separati firmati da Fim e Uilm. Infatti la piattaforma unitaria, seppure implicitamente, riconosce la parte normativa dei contratti firmati. Una sconfitta conseguente al fatto che la lotta per i pre-contratti ha interessato in prevalenza alcune medie e grandi fabbriche delle regioni del Nord Italia, permettendo a questi lavoratori un parziale recupero salariale, ma non si è estesa a tutta la categoria e soprattutto non è stata sostenuta, attraverso forme di lotta adeguate, da una vertenza unificante di tutte le categorie del lavoro salariato contro il governo e il padronato. Nel referendum in entrata, svoltosi dal 15 al 18 febbraio, la piattaforma unitaria è stata approvata con 472.563 Sì, pari al 92,7% dei voti validi, mentre i No sono stati 36.856, pari al 7,2 %, ma a questi vanno aggiunti 7.982 schede bianche o nulle. Il referendum ha interessato il 64,2% degli 805.500 lavoratori presenti nelle 9.512 aziende metalmeccaniche coinvolte dalla consultazione. Considerati i mezzi a disposizione della burocrazia sindacale rispetto alle deboli forze materiali di chi si è impegnato per il No alla piattaforma il 10% circa di lavoratori contrari a questa piattaforma e disponibili alla lotta sono un dato da non sottovalutare e da cui ripartire.

La controparte padronale tra l’altro non è disposta a concedere nemmeno quanto richiesto dalla piattaforma approvata anzi continua a scaricare gli effetti della crisi capitalistica sui lavoratori attraverso un’ondata di licenziamenti, cassa integrazione, mobilità, contratti di solidarietà, precarizzazione. Solo in Veneto nel 2004 i lavoratori in mobilità sono raddoppiati superando le 22 mila unità, la cassa integrazione è aumentata del 36%, la delocalizzazione investe le piccole, le medie e le grandi imprese come la De Longhi, Marzotto, Benetton, Zanussi… e questo in un contesto di crollo delle assunzioni.

Una dura lotta come alla ThyssenKrupp di Terni, purtroppo non inserita in una vertenza unificante, riesce a strappare solo relative garanzie di mantenimento dei posti di lavoro, ma registra ancora una sconfitta con la chiusura del lamierino magnetico entro il dicembre 2005. In questo quadro l’amministratore delegato del gruppo Fiat, nonostante la manifestazione del 11 marzo dei lavoratori del gruppo, annuncia mesi di cassa integrazione.

 

Una vertenza unificante, un documento alternativo in Cgil  

I fatti dimostrano che gli "sciopericchi" ogni quattro mesi, le lotte isolate non spezzano l’attacco padronale e governativo. Per invertire la tendenza è necessaria una vertenza unificante di tutto il lavoro salariato, supportata da forme di lotta adeguate come lo sciopero prolungato, contro il governo e il padronato. Questi contenuti li porteremo nel prossimo congresso della Cgil in cui crediamo sia più che mai necessaria la presentazione di un documento alternativo della sinistra sindacale.

 

(*) Direttivo regionale Fiom Cgil Veneto

(**) Direttivo regionale Filcams Cgil Veneto