Dal
commercio ai metalmeccanici: si approfondisce la deriva concertativa.
La
necessità di un documento alternativo al prossimo congresso della Cgil
di
I poteri forti di questo Paese, le grandi banche e le
concentrazioni finanziarie, preferiscono un governo dell’Unione di
centrosinistra, un’alleanza tra liberali (maggioranza Ds e Margherita) e
cosiddetta sinistra alternativa (sinistra Ds, Verdi, Pdci, Prc) perché, come
l’esperienza del primo governo Prodi ha dimostrato, solo così possono imporre
politiche antioperaie e antipopolari con la collaborazione concertativa della
burocrazia sindacale della Cgil in un quadro di pace sociale.
La nascita dell’Unione già oggi agisce come potente
fattore frenante delle mobilitazioni operaie e popolari, di moderazione
salariale e normativa nelle vertenze, negli accordi bidone firmati. Il
riavvicinamento tra la Cgil e Cisl, Uil, dopo la rottura verificatasi in seguito
alla firma del Patto per l’Italia con la Confindustria di D’Amato e il
governo Berlusconi, ha avuto un’accelerazione con la recente investitura di
Montezemolo alla guida del padronato. Segnali fortemente negativi di questa
deriva si sono succeduti ad intervalli più o meno regolari: dai documenti
firmati tra Cgil, Cisl e Uil con la Confindustria sulla competitività del
"sistema Italia", quello sul Mezzogiorno ed infine, in ordine di
tempo, l’accordo sulla previdenza complementare e i fondi pensione con
conseguente scippo del Tfr. In questa dimensione appare stridente la
contraddizione tra il livello di mobilitazione, pur con gravi limiti di
continuità e contenuti, attuato dalla Cgil nel triennio 2001-2003 e la caduta
determinatasi a ridosso dell’ipotesi di un “governo amico”. Si pensi ai
rinnovi contrattuali del turismo, del commercio, dei tessili, dei lavoratori
delle telecomunicazioni e degli autoferrotranvieri, tutti caratterizzati da:
bassi aumenti salariali, forti indebolimenti normativi ed aperture alla legge
30.
Commercio, il contratto-bidone del luglio 2004
Solo per fare un esempio che coinvolge un milione e mezzo
di lavoratori, l’accordo sul commercio, firmato nel luglio del 2004, prevede
un aumento a regime di 125 € nell’arco di quattro anni: desolante sotto il
profilo della tenuta del potere d’acquisto, ben poca cosa se si pensa alle
alte quote di produttività e di profitto realizzati dagli imprenditori del
settore. Sul piano normativo vede il raddoppio dei contratti a termine (dal 10%
al 20% del totale della forza lavoro), gli interinali potranno ammontare al 15%,
mentre la somma delle due tipologie passa dal 23% al 28% e questo limite non
viene recepito per i contratti d’inserimento. Il periodo di apprendistato è
stato elevato a 48 mesi (per una laurea breve ci vogliono tre anni!), infine è
stato cancellato il tetto massimo delle 120 ore riferite al lavoro supplementare
part-time, incentivando di fatto
l’uso indiscriminato di questa modalità di assunzione nei supermercati.
Come emerge da una semplice lettura di queste
“modifiche” anche se non esposta e scritta la Legge 30 viene recepita nella
sostanza. Ricordiamo che la reazione all’accordo di diversi delegati Rsu di
Coop, Conad, Carrefour, Pam, Coin, Oviesse, Cadoro è stata di dura critica
all’operato della Filcams Cgil, sia riguardo al merito dell’accordo firmato
che riguardo al metodo che non ha tenuto conto degli indirizzi programmatici
indicati dall’assemblea nazionale dei quadri e delegati, mentre la minoranza
Lavoro società in Filcams Cgil si limitava a rilevare, attraverso un suo
esponente, soltanto “elementi di criticità oltre a problemi di metodo”. Il
voto assembleare di ratifica dell’accordo ha poi visto la partecipazione di
circa 60.000 lavoratori su una platea di circa un milione e mezzo di addetti del
settore.
Metalmeccanici, una piattaforma insufficiente
Se queste sono le premesse nel commercio, ci chiediamo
quali saranno le modalità di svolgimento del referendum di convalida, se sarà
effettuato, sulla piattaforma unitaria per il biennio salariale 2005-2006 per il
rinnovo del contratto dei metalmeccanici? Una piattaforma unitaria quella
proposta da Fiom, Fim e Uilm che prevede una richiesta salariale in forma
riparametrata (92 € al terzo livello, 105 € al 5° livello, ecc) e 25 €
uguali per tutti i lavoratori, quale elemento distinto della retribuzione, a chi
non effettuerà la contrattazione integrativa aziendale entro il 2005, una
richiesta insufficiente a salvaguardare il potere d’acquisto dei salari. In
contraddizione con la richiesta (aumento salariale di 135 € uguali per tutti)
avanzata dalla Fiom-Cgil due anni fa e sostenuta dalle lotte dei lavoratori,
contro Fim e Uilm che firmarono un accordo separato e bidone.
Inoltre le regole proposte nella piattaforma presentano
gravi carenze democratiche in particolare sullo svolgimento del referendum in
uscita (previsto solo su richiesta di almeno una organizzazione sindacale,
mentre a nostro parere deve essere comunque effettuato) e sulla modalità di
designazione dei 500 delegati all’assemblea nazionale, delegati non eletti dai
lavoratori e comprendenti i tre esecutivi nazionali di Fim, Fiom e Uilm. Una
assemblea senza reali poteri se non puramente consultivi. Viceversa riteniamo
credibile solo un’assemblea nazionale eletta dai lavoratori, che coordini e
segua la vertenza, esprima pareri sull’andamento della stessa, chiami i
lavoratori alla mobilitazione e alla lotta.
Questa piattaforma unitaria esprime nello stesso tempo il
prodotto e la sanzione della sconfitta subita dai metalmeccanici con la lotta
dei pre-contratti rispetto all’obiettivo indicato: la riapertura delle
trattative per il contratto nazionale contro i due contratti separati firmati da
Fim e Uilm. Infatti la piattaforma unitaria, seppure implicitamente, riconosce
la parte normativa dei contratti firmati. Una sconfitta conseguente al fatto che
la lotta per i pre-contratti ha interessato in prevalenza alcune medie e grandi
fabbriche delle regioni del Nord Italia, permettendo a questi lavoratori un
parziale recupero salariale, ma non si è estesa a tutta la categoria e
soprattutto non è stata sostenuta, attraverso forme di lotta adeguate, da una
vertenza unificante di tutte le categorie del lavoro salariato contro il governo
e il padronato. Nel referendum in entrata, svoltosi dal 15 al 18 febbraio, la
piattaforma unitaria è stata approvata con 472.563 Sì, pari al 92,7% dei voti
validi, mentre i No sono stati 36.856, pari al 7,2 %, ma a questi vanno aggiunti
7.982 schede bianche o nulle. Il referendum ha interessato il 64,2% degli
805.500 lavoratori presenti nelle 9.512 aziende metalmeccaniche coinvolte dalla
consultazione. Considerati i mezzi a disposizione della burocrazia sindacale
rispetto alle deboli forze materiali di chi si è impegnato per il No alla
piattaforma il 10% circa di lavoratori contrari a questa piattaforma e
disponibili alla lotta sono un dato da non sottovalutare e da cui ripartire.
La controparte padronale tra l’altro non è disposta a
concedere nemmeno quanto richiesto dalla piattaforma approvata anzi continua a
scaricare gli effetti della crisi capitalistica sui lavoratori attraverso
un’ondata di licenziamenti, cassa integrazione, mobilità, contratti di
solidarietà, precarizzazione. Solo in Veneto nel 2004 i lavoratori in mobilità
sono raddoppiati superando le 22 mila unità, la cassa integrazione è aumentata
del 36%, la delocalizzazione investe le piccole, le medie e le grandi imprese
come la De Longhi, Marzotto, Benetton, Zanussi… e questo in un contesto di
crollo delle assunzioni.
Una dura lotta come alla ThyssenKrupp di Terni, purtroppo
non inserita in una vertenza unificante, riesce a strappare solo relative
garanzie di mantenimento dei posti di lavoro, ma registra ancora una sconfitta
con la chiusura del lamierino magnetico entro il dicembre 2005. In questo quadro
l’amministratore delegato del gruppo Fiat, nonostante la manifestazione del 11
marzo dei lavoratori del gruppo, annuncia mesi di cassa integrazione.
Una vertenza unificante, un documento alternativo in Cgil
I fatti dimostrano che gli "sciopericchi" ogni
quattro mesi, le lotte isolate non spezzano l’attacco padronale e governativo.
Per invertire la tendenza è necessaria una vertenza unificante di tutto il
lavoro salariato, supportata da forme di lotta adeguate come lo sciopero
prolungato, contro il governo e il padronato. Questi contenuti li porteremo nel
prossimo congresso della Cgil in cui crediamo sia più che mai necessaria la
presentazione di un documento alternativo della sinistra sindacale.
(*) Direttivo
regionale Fiom Cgil Veneto
(**) Direttivo
regionale Filcams Cgil Veneto