PROGETTO COMUNISTA AL COMITATO POLITICO NAZIONALE DEL PRC DEL 9-10 APRILE
Sabato e domenica scorsi (9 e 10 aprile) si è tenuta la prima riunione del Comitato Politico Nazionale eletto al VI Congresso di Venezia. I punti in discussione erano: il bilancio elettorale e le prospettive del partito; la definizione degli organismi dirigenti.
DICHIARAZIONE
DI VOTO CONTRARIO DI MARCO FERRANDO
Il
voto del 3 4 aprile segna una sconfitta politica generale del governo
Berlusconi. Ora si tratta di trasformare la sconfitta di Berlusconi nel
rilancio di una mobilitazione di massa per la cacciata del governo e a favore
di una alternativa vera: ciò che implica la piena autonomia della sinistra
sociale e politica dal centro liberale e da Romano Prodi, e la sconfitta del
loro progetto di alternanza.
LA
CRISI DI
FONDO DEL BERLUSCONISMO
Le
elezioni regionali hanno espresso un verdetto politico inequivocabile. La
coalizione di governo conosce una profonda crisi di consenso che investe come
linea di tendenza l'intero paese, a
partire, in particolare, dalle grandi città e dal meridione: una crisi di
consenso che riflette le contraddizioni del blocco sociale del centro destra;
che è stata sospinta dalla stagione di lotte del 2001-2004; che è stata
alimentata dalla crisi economica italiana ed europea e dalla relativa chiusura
di ogni significativo spazio redistributivo; che si è tradotta in una
generale crisi di credibilità e di immagine del presidente del consiglio
presso vasti strati popolari.
Forza
Italia, in particolare, registra una caduta verticale in quanto partito
immagine di Berlusconi. I limitati progressi elettorali di Lega e UDC, legati
alle loro radici sociali e territoriali, non solo non compensano il crollo di
Forza Italia ma approfondiscono le contraddizioni della coalizione.
L'insoddisfazione elettorale e politica di AN, a partire dalla sconfitta in
Lazio, spinge nella medesima direzione. A sua volta la sconfitta del governo e
della coalizione può agire come ulteriore fattore di precipitazione della sua
crisi politica e sociale: accelerando in alto il processo largamente in corso
di cambio di cavallo dei poteri forti, e in basso la disaffezione di settori
di popolo sfiduciatii e delusi.
IL
SUCCESSO DEL CENTRO ULIVISTA
L'Unione
guidata da Romano Prodi ha conosciuto un'indubbia affermazione elettorale e
politica. Ma con una articolazione interna molto diversa di risultati e
significati.
La
coalizione di centro liberale (Uniti per l'Ulivo) ha conosciuto un successo
politico reale e incontestabile. Elettoralmente, a differenza che nelle
elezioni europee, l'unità di lista dei liberali non ha disperso voti ma è
obiettivamente avanzata in tutte le otto regioni in questione. Parallelamente
nelle regioni rimanenti, le forze di centro (maggioranza DS - Margherita -
SDI) conoscono un buon risultato. Complessivamente il centro liberale ha
capitalizzato sia i benefici della ricollocazione in campo di ampi settori di
classi dirigenti, sia l'effetto bipolare della spinta antiberlusconiana del
popolo della sinistra, sia il travaso diretto di settori di elettorato
popolare proveniente dal polo. Politicamente il risultato della lista unitaria
rafforza la prospettiva strategica di un soggetto unificato largo del
liberalismo italiano come rappresentanza centrale della borghesia e guida
dell'alternanza.
IL
RISULTATO NEGATIVO DEL NOSTRO PARTITO
Le
forze della sinistra dell'Unione (sinistra DS, verdi, PDCI, PRC) conoscono un
risultato elettorale e politico sensibilmente diverso.
Verdi
e PDCI realizzano un reale avanzamento, pur limitato. Il nostro partito invece
registra un risultato deludente, molto lontano dagli obiettivi perseguiti e
dalle aspettative diffuse. I limitati progressi elettorali in alcune
situazioni del Nord si combinano con un diffuso arretramento al Sud, là dove
maggiore è stata la spinta antiberlusconiana. Persino in Puglia
l'affermazione personale del compagno Nichi Vendola - frutto del suo
particolare radicamento popolare, della crisi generale del berlusconismo, ed
anche del sostegno di alcuni poteri forti locali (Divella) che hanno investito
nel centrosinistra - non solo non trascina il risultato del partito ma si
combina significativamente col suo calo. Vendola vince anche come candidato ed
espressione del centrosinistra, non come espressione di Rifondazione.
In
linea generale il partito non registra elettoralmente la spinta popolare di
cambiamento e gli effetti delle dinamiche di movimento. La svolta governista
celebrata a Venezia e la "rivoluzione culturale" identitaria ad essa
connessa non hanno premiato il partito neppure sul terreno elettorale. Il
disegno di occupare lo spazio liberato a sinistra con una rifondazione
socialdemocratica e di governo non ha trovato l'auspicata spinta della urne.
Siamo apparsi talmente subordinati e integrati nel centrosinistra da
demotivare sia il voto di settori di elettorato antagonista, privati di un
riferimento alternativo, sia il voto di settori tradizionali di popolo della
sinistra, spinti a votare, a parità di condizioni, i partiti maggiori.
All'interno stesso dell'Unione i rapporti di forza tra liberali e PRC vedono
oggi il partito ulteriormente indebolito: sempre più subordinato al carro
dell'Unione, sempre meno caratterizzato; sempre più sinistra del
centrosinistra, sempre meno sinistra alternativa.
AVANZA
L’ALTERNANZA LIBERALE
Non
solo il dato elettorale ma soprattutto l'intera evoluzione politica richiede
una svolta profonda del nostro partito. La sconfitta radicale di Berlusconi è
oggi capitalizzata non dall'alternativa ma dall'alternanza. Ne è un riflesso
lo stesso profilo politico e/o sociale di tanti candidati governatori
dell'Unione e le aggregazioni di potere vecchie e nuove che attorno ad essi
gravitano. Ne è un riflesso l'orientamento politico ulivista di tutta la
grande stampa padronale, del grosso del mondo delle imprese e delle banche. Ne
è un riflesso la natura politica e programmatica delle posizioni espresse
lungo la stessa campagna elettorale dai massimi esponenti liberali: dai
richiami al rigore finanziario espressi da Prodi di fronte all'assemblea di
Confindustria, alle aperture di Piero Fassino all'amministrazione Bush quale
possibile fattore di democratizzazione del Medioriente e del mondo, sino
all'appello di Prodi a Berlusconi, dopo la sua sconfitta, perchè realizzi
politiche di rigore e di taglio della spesa pubblica promettendo in quel caso
il consenso dell'opposizione. Giorno dopo giorno, tutti gli accadimenti
politici dimostrano, una volta di più, che una prospettiva di governo con i
liberali è priva di ogni base programmatica e di principio. E che ogni
pretesa o richiesta di poter "condizionare" l'intesa di Governo, o
per via negoziale o per via di movimento, è del tutto illusoria e deviante.
Di più: l'esperienza mostra che la subordinazione delle sinistre a Prodi e
alla coalizione con i liberali frena le potenzialità di movimento,
indebolisce l'opposizione dei massa a Berlusconi, priva le lotte di
riferimenti e sbocchi, a tutto vantaggio dell'alternanza, contro i lavoratori
e i movimenti.
CACCIARE
BERLUSCONI DAL VERSANTE DEI LAVORATORI
Tanto
più oggi si impone allora una opposta necessità di fondo: quella di
trasformare la sconfitta di Berlusconi in una prospettiva di vittoria dei
lavoratori, dei movimenti e delle loro ragioni, in piena autonomia dal
liberalismo.
Il
PRC deve chiedere all'intera sinistra sociale e politica italiana di unire
nell'azione le proprie forze per imporre la cacciata del governo. Prodi,
Rutelli, Fassino, il centro liberale chiedono a Berlusconi di restare fino al
2006 per svolgere quel "lavoro sporco" su sanità, TFR, pensioni,
Enti Locali da ereditare poi, a proprio vantaggio, come futuro governo
dell'Unione. Per questo si oppongono ad ogni spallata a Berlusconi, ad ogni
ingresso in campo delle masse.
I
lavoratori hanno l'interesse opposto. I progetti di Berlusconi in campo
istituzionale e sociale vanno definitivamente bloccati e abrogati. Le
profferte di Prodi a Berlusconi vanno denunciate e respinte. Nell’immediato
è necessario impegnarsi a fondo per il successo al referendum sulla legge di
procreazione assistita, che oltretutto può rappresentare un ulteriore colpo
al governo delle destre. Più in generale è
necessario e urgente promuovere una grande mobilitazione operaia e
popolare, di carattere generale e prolungato, che ponga al centro le esigenze
e domande di lotta di questi anni: il ritiro immediato e incondizionato delle
truppe dall'Irak; l'aumento generale dei salari, delle pensioni, della spesa
sociale in sanità e istruzione, finanziato dalla tassazione progressiva dei
grandi profitti, rendite e patrimoni; la cancellazione della legge 30 e del
“pacchetto Treu”, un vero salario garantito ai disoccupati senza
contropartite di precariato e flessibilità; la nazionalizzazione senza
indennizzo delle industrie in crisi a difesa dei posti di lavoro.
Il
PRC deve proporre a tutta la sinistra questo programma indipendente di
mobilitazione in funzione di una vera svolta.
Solo
una grande mobilitazione operaia e popolare a carattere prolungato può
precipitare da un versante di classe la crisi del governo. Solo una grande
mobilitazione di massa può
scompaginare la tela dell'alternanza, rovesciare dal basso i rapporti di
forza, aprire il varco ad una alternativa anticapitalistica. Il nostro compito
non è quello di consigliare la "fabbrica del programma" di Romano
Prodi, ma di costruire il programma di azione unificante per il rilancio della
lotta dei lavoratori, dei giovani, dei movimenti. La lotta dei metalmeccanici,
dei lavoratori del pubblico impiego, dei lavoratori delle industrie in crisi
sono il primo banco di prova di questa necessità politica.
Solo
su questa base si può lottare per l'egemonia alternativa di un altro blocco
sociale sull'opposizione a Berlusconi, capace di indicare uno sbocco
anticapitalistico alla crisi del berlusconismo.
E’
NECESSARIA UNA SVOLTA DI FONDO DEL PRC
Questa
necessaria svolta politica non ha niente a che vedere con la "fuga"
o "l'isolamento" del PRC rispetto alle masse. Al contrario è una
politica di lotta aperta nel popolo della sinistra e tra le più ampie masse
per un'altra direzione politica e un'altra
prospettiva: una prospettiva che richiede la rottura con Romano Prodi e con il
centro dell'Ulivo.
Non
si tratta di gestire diversamente la nostra attuale collocazione nell'Unione
chiedendo una maggiore determinazione contrattuale o una maggiore pressione di
movimento, come propongono altri compagni "critici". Si tratta di
mutare la collocazione del nostro partito in funzione di un'altra proposta al
movimento operaio e ai movimenti di lotta. Solo la rottura della sinistra
sociale e politica col centro può liberare una opposizione di massa a
Berlusconi. Solo la rottura col centro può porre le basi di una alternativa
vera.
Il
nostro partito ha l'esigenza urgente e vitale di avviare questa svolta di
fondo del proprio indirizzo quanto più avanza la prospettiva liberale
dell'alternanza.
Il Cpn del Prc rileva che dopo il terremoto politico provocato dal voto
regionale e amministrativo del 3-4 aprile si è aperta una nuova fase
caratterizzata dalla crisi verticale della Casa della Libertà e dalla forte
domanda di cambiamento che sale dal Paese.
In questo scenario appare incomprensibile la scelta di evitare qualsiasi
iniziativa di mobilitazione contro un governo ormai privo di legittimità
politica affinché abbandoni la guida del Paese. Grave appare in particolare
l’offerta di collaborazione sul piano della politica economica rivolta al
presidente del Consiglio da Romano Prodi a nome dell’Unione. Appellarsi oggi a
Berlusconi, come ha fatto Prodi, chiedendogli di realizzare «misure
impegnative, serie e severe» nel nome del Patto europeo di stabilità,
garantendogli in quel caso il proprio sostegno, significa interpretare le
domande di Confindustria e dei poteri forti e, di fatto, offrire una sponda a
Berlusconi.
I lavoratori, le masse popolari, il popolo della pace di questo Paese hanno
un’esigenza opposta: chiedono una forte iniziativa sociale e politica di massa
- nelle lotte, nei movimenti e nelle istituzioni - volta a cacciare subito il
governo di centro-destra (impedendogli di causare ulteriori danni contro il
lavoro e la pace e di procedere nelle proprie “riforme” istituzionali di
segno autoritario) e tesa a creare i rapporti di forza capaci di imporre una
alternativa vera.
Claudio Grassi
Marco Ferrando
Salvatore Cannavò
Claudio Bellotti
Respinto con 85 voti a favore e
102 contrari.