Reddito
di cittadinanza in Campania:
altro
che grande conquista!
di
Valerio Torre
Se
-poverini- non fossero stretti nella ben triste alternativa di essere macellati
per finire sulle nostre tavole o abbattuti per il timore dell'influenza aviaria,
quella del "reddito di cittadinanza", istituito con legge del 27
gennaio scorso dalla regione Campania, sarebbe una vicenda da far ridere anche
loro, i polli.
Si
tratta, com'è noto, di una misura in favore dei nuclei familiari con reddito
inferiore ai cinquemila euro annui, consistente nell'erogazione di un assegno
fino a Euro 350 per famiglia, oltre a un pacchetto di interventi aggiuntivi in
materia di inserimento scolastico e formativo dei singoli componenti: e tutto ciò
solo per i prossimi tre anni, durante i quali si stima che circa ventimila
nuclei familiari beneficeranno della provvidenza licenziata dal Consiglio
regionale una volta che sarà stato approvato il regolamento d'attuazione e i
Comuni avranno iniziato a vagliare le domande.
La
grancassa del gruppo dirigente di maggioranza del Prc ha da subito iniziato a
far sentire i suoi trionfali colpi: Bertinotti in persona e tutto il suo stato
maggiore hanno parlato di "esempio per le opposizioni" e, addirittura,
di "una cosa di sinistra" dal sapore morettiano.
E'
invece necessario contrapporre a questa campagna mediatica una fredda e lucida
analisi demistificatoria, che metta a nudo lo scheletro dello scandaloso
percorso di ricomposizione negoziale fra l'Ulivo e Rifondazione in vista del
futuro governo nazionale, di cui -in tutta evidenza- il reddito di cittadinanza
costituisce un fondamentale tassello: basti solo considerare che subito dopo il
voto del provvedimento, il primo atto di Bassolino, il mallevadore della svolta
governista del Prc, è consistito in una telefonata a Bertinotti per esprimergli
soddisfazione. E quest'ultimo ha dichiarato alla stampa: "ci
vedremo presto a cena per festeggiare".
In
effetti, di motivi per festeggiare il segretario di Rifondazione ne ha parecchi.
La legge, su cui ha tanto investito per potere imbastire le prossime campagne
elettorali rivendicando il merito di avere "spostato a sinistra l'asse
dell'Ulivo", ha corso il rischio di essere impallinata proprio dai tre
consiglieri regionali comunisti, i quali avevano pubblicamente dichiarato di non
essere intenzionati a votare un provvedimento che era stato tanto snaturato,
rispetto all'originaria formulazione, da essere addirittura assunto come proprio
dal gruppo di An, che infatti lo ha approvato in Consiglio. L'articolato del
disegno di legge, che prevedeva l'erogazione dei benefici ai singoli
disoccupati, nel corso dei lavori in commissione si è trasformato fino a
disciplinare, al contrario, l'assegnazione delle provvidenze ai nuclei familiari
complessivamente intesi, dei quali possono evidentemente far parte (anzi, è la
regola in una regione come la Campania) più disoccupati: con la qual cosa,
oltre all'ovvia conseguenza del risparmio finanziario per l'ente, viene
affermato il principio -caro alla destra ed alla sua logica familistica, che
infatti ha spinto molto per introdurlo senza che il centrosinistra opponesse la
benché minima resistenza- delle agevolazioni in favore della famiglia.
Per
scongiurare l'eventualità che la legge non passasse proprio per l'ostruzionismo
dei tre consiglieri, il Prc ha sostanzialmente imposto loro un voto favorevole
sottoponendoli a forti pressioni, culminate in una telefonata personale dello
stesso Bertinotti: ed i consiglieri hanno votato favorevolmente ma con
dichiarazione di voto critica, paragonando nei loro interventi in aula il
reddito di cittadinanza alle abolite provvidenze "ex Eca".
Tuttavia,
l'iter del provvedimento è stato burrascoso anche
per responsabilità dello stesso gruppo dirigente regionale di maggioranza ed in
particolare del segretario regionale, Vito Nocera, che della linea subalterna
del partito in seno alla coalizione è l'alfiere più illustre.
Fu
proprio il segretario regionale, infatti, a dare il placet
del partito a Bassolino quando questi, per far fronte allo spaventoso buco nel
bilancio della sanità regionale, pensò bene di distrarre - con il voto
favorevole in giunta dell'assessore all'agricoltura del Prc, Vincenzo Aita! -lo
stanziamento di 73 milioni di euro destinati, appunto, alla legge sul reddito di
cittadinanza allora in discussione (ottobre 2003). Fu lo stesso segretario
regionale- che oggi, dalle pagine di Liberazione,
commenta con entusiasmo pari all'ipocrisia: "una
cosa di sinistra ... un fatto che ha un rilievo politico straordinario, un
provvedimento senza precedenti che abbiamo realizzato con la tenacia nostra e il
rapporto con i movimenti" - a tentare di bloccare le iniziative dei
tre consiglieri in seno all'assemblea mettendo loro la mordacchia ed osteggiando
pubblicamente la loro azione, tesa ad impedire lo "scippo" dei fondi.
E se oggi quella legge è stata approvata non lo si deve certo alla
"tenacia" di Vito Nocera od all'azione dei "movimenti" (che,
anzi, in quanto portatori della ben diversa rivendicazione del "salario
garantito", sono assolutamente critici rispetto alla complessiva politica
del Prc in seno alla maggioranza), bensì ad un ordine del giorno, sottoscritto
dai capigruppo dei partiti dell'Ulivo, che, per scongiurare complicazioni
probabilmente irreparabili per gli equilibri nella maggioranza, impegnava la
Giunta a rifinanziare la posta di bilancio: dunque, una soluzione politicista
del tutto sganciata da ogni iniziativa di movimento - e non già l'azione di
questi o la "tenacia" del partito - è alla base del varo di una legge
che non ha affatto incrociato le istanze sociali dei movimenti di lotta.
Ora
si tratta di smascherare l'operazione a tenaglia condotta con grande dispiego di
mezzi da Bassolino, da un lato, e da Bertinotti, dall'altro: il primo,
proponendosi come trait d'union fra
l'Ulivo e Rifondazione; ed il secondo, traghettando quell'area sensibile alle
tematiche della precarietà e del "reddito", che va dalle più ampie e
meno radicalizzate fasce del movimento ai settori dell'antagonismo sociale,
verso un centrosinistra con cui non è in naturale consonanza.
E
quale migliore moneta di scambio, se non quella del reddito di cittadinanza? Si
tratta di una moneta con cui Bassolino, candidandosi a garante della lealtà del
Prc in una futura coalizione di governo borghese, si accredita sempre di più
come possibile vice-premier in ticket con Prodi, come anima "sociale"
del prossimo governo dei banchieri e dei tecnocrati; governo nel quale, d'altro
canto, Bertinotti porta in dote un partito non più riottoso e depurato, grazie
all'opera di revisionismo compiuta su Liberazione,
di tutta la "paccottiglia" novecentesca: un partito ammansito dalla
concessione di una misura illusoria che, volutamente sovrapponendosi all'idea
del reddito garantito, punta verso un sottoproletariato individuato come
possibile serbatoio di voti; un partito, insomma, che potrà placare la propria
ansia governista definitivamente candidandosi a fungere da copertura "di
sinistra" delle politiche padronali del Prodi-bis assumendo un ruolo di
contenimento della pressione di massa.
Dunque,
il reddito di cittadinanza, in quest'ottica, si configura non come strumento di
inclusione, come conquista e riappropriazione da parte delle classi disagiate in
contrapposizione antagonista al soverchiante potere di esclusione del capitale,
ma addirittura come reddito minimo di sussistenza, come misura di regolazione
interna al capitale stesso e, quindi, di perpetuazione dell'esclusione.
Eppure,
Bassolino, confidando sull'impatto mediatico della legge ora approvata, l'ha
definita "un'idea di nuovo e moderno welfare", contrapponendola alle
politiche di distruzione dello stato sociale messe in atto dalla destra. Il
fatto che poi egli consideri (il Riformista,
10/2/2004) "la flessibilità
come una conquista importante e una frontiera irrinunciabile per favorire
l'accesso, soprattutto dei più giovani, nel mercato del lavoro"
e ritenga la legge Biagi una riforma che "nei
fatti frantuma e sminuzza gli strumenti di flessibilità che più si erano
rivelati interessanti" rende sin troppo chiaro quale sia il welfare
che ha in mente: tutto infarcito, appunto, di abbondanti dosi di flessibilità
in entrata ed in uscita. E, quando non è più possibile per le più varie
ragioni ricollocare il lavoratore spremuto e sfruttato, il piatto viene guarnito
con l'assistenza caritatevole (per favore, non chiamatelo assistenzialismo,
chiosa Bassolino) del reddito di cittadinanza.
In
questo quadro, Rifondazione si candida a recitare il ruolo di copertura di
sinistra di tali politiche liberali, come in altre occasioni è già accaduto
(ad esempio, con il voto favorevole espresso, durante il governo Prodi, al
"pacchetto Treu", propagandato poi, sulle pagine di Liberazione
dell'epoca, come "la sconfitta del lavoro interinale").
Perché
scandalizzarsi tanto, in fondo? Un paio di ministri e qualche sottosegretario
nel futuro governo borghese e, voilà: il nuovo
comunismo liberale del XXI secolo è realtà!