13 MARZO 2004 ROMA
MEETING NAZIONALE DI PROGETTO COMUNISTA
LA RELIGIONE
“OPPIO DEI POPOLI”
di Ruggero Mantovani
Compagni e compagne,
se per Fausto Bertinotti la non
violenza sarebbe lo strumento per vincere la globalizzazione e la regressione di
civiltà; e la conquista del potere da parte della classe operaia è un male da
estirpare alle radici, allora persino la religione non rappresenta più
l’oppio dei popoli.
Una posizione quella del
segretario non certamente personale, ma ritengo che trovi la sua giustificazione
in un profondo processo di revisione del marxismo, che ha caratterizzato il
movimento comunista nel novecento, e che tanto più oggi rischia di sbiadire
persino quella tenue percezione simbolica che il PRC riflette su ampi settori di
massa.
E così per la Rifondazione
comunista di Fausto Bertinotti, se la religione non è più “l’oppio dei
popoli”, è necessario un “riavvicinamento con i grandi temi della
spiritualità”, con la chiesa del Concilio Vaticano II e persino con Karol
Woityla, che ci permettiamo di ricordare, è passato alla storia per aver
combattuto la santa crociata contro il comunismo.
Un dettaglio evidentemente
ininfluente per il segretario del Prc, poiché la chiesa di Woityla avrebbe
dimostrato, sempre a detta dei nuovi esegeti del cattolicesimo in salsa
bertinottiana, attenzione ai problemi del terzo mondo, al tema della pace e alla
critica del capitalismo.
Per quest’impostazione,
dunque, la religione non costituisce più un’alienazione, una forma di
nevrosi, l’aureola di una società dilaniata dai conflitti di classe, una
sovrastruttura sociale (giusto per rimanere al vecchio Marx), ma addirittura
sarebbe divenuta uno strumento di critica al nuovo ordine imperiale.
Ma di là degli aspetti
interpretativi, questo tema, così come la teologia bertinottiana sulla
non-violenza, travalica il livello teorico ed irrompe prepotentemente nel mondo
profano del manovrismo politico: l’accordo programmatico con l’Ulivo per le
elezioni politiche del 2006.
E così la patina di suggestive
dissertazioni sulla spiritualità, mostra il suo autentico profilo: accreditarsi
quale forza responsabile nei salotti della borghesia italiana, e agli occhi di
quel potere ecclesiastico che di quegli interessi materiali né è il suo
“aroma spirituale”.
Questa concezione non è legata
alla contingenza di una svolta politica del PRC, ma ha caratterizzato un lungo
corso storico impiantando la sua pratica nella collaborazione di classe e
affondando le sue radici nelle visioni apologetiche staliniane e neo riformiste;
impostazioni che hanno segnato gran parte dei fallimenti della storia del
movimento operaio.
Riteniamo
questo un errore pericoloso per il nostro partito!
L’esaltazione
di un fantomatico “anticapitalismo” e “pacifismo” del papato, riflesso
con massicce campagne mass - mediologiche propinate su Liberazione e
concepito in una logica di comune ricerca, non tiene conto della funzione
materiale del Vaticano nell’ordine capitalistico.
Una
funzione che emerge dall’intreccio tra le gerarchie ecclesiastiche e la
proprietà capitalista nel settore finanziario, immobiliare e terriero e che
costituisce la base materiale del potere temporale del Vaticano.
Da
questa prospettiva le aperture della chiesa alle istanze sociali o
antiglobalizzazione e la critica all’assolutismo del mercato, non possono
essere ricercate nell’anticapitalismo (come pretenderebbe Bertinotti), ma in
un anti materialismo ideologico, che se da lato si pone in aperta concorrenza e
lotta al marxismo sul terreno della conquista delle masse oppresse; dall’altro
si esprime nelle posizioni reazionarie del papato sul terreno dei diritti
civili, dell’autodeterminazione della donna, dell’istruzione e dei diritti
degli omosessuali e delle lesbiche.
La
ricerca di punti di saldatura tra la dottrina sociale della chiesa e il marxismo
e l’enfatizzato dialogo con la chiesa del Concilio Vaticano II, in definitiva
è il risultato di un’impressionistica ricostruzione della vicenda storica e
materiale della chiesa cattolica.
Certamente,
i fermenti post - conciliari produssero aperture progressiste della chiesa,
arrivando come nel caso della “teologia della liberazione” a radicalizzare
posizione apparentemente contigue al marxismo.
Ma
è bene ricordare che nei primi anni sessanta queste inedite aperture del mondo
ecclesiastico, se da un lato servirono a costruire la legittimazione della nuova
fase dei governi di centro - sinistra, necessari alla borghesia italiana per
governare l’accumulazione capitalistica post – bellica; dall’altro furono
utilizzate, in diretta concorrenza alle forze marxiste, per anestetizzare una
nuova generazione del mondo cattolico contagiata dalla crisi rivoluzionaria del
1968-69.
D'altronde,
se papa Giovanni XXIII, passato alla storia e (ai noi!) su Liberazione come il
“papa rivoluzionario”, nel 1961, molto più modestamente, con l’enciclica
“Mater et Magista” dichiarava una “opposizione radicale tra il
comunismo e cristianesimo”, e in piena continuità con i papi reazionari
riconosceva la proprietà privata come diritto naturale, i settori più radicali
che si svilupparono dal tanto osannato fermento post-conciliare, in particolare
nell’America meridionale, nonostante un conflitto reale con la chiesa
cattolica, scelsero sì di combattere contro le dittature militari, in nome dei
poveri e in qualche caso si unirono ai processi rivoluzionari, ma rifiutando
costantemente sia l’alternativa socialista e sia la dittatura del
proletariato.
Certamente,
non si tratta di banalizzare fenomeni che sul terreno della pratica hanno fatto
emergere gravi contraddizioni all’interno della chiesa e delle sue gerarchie,
né tanto meno essere ingenerosi con chi ha reso pubblico il suo dissenso
schierandosi con gli strati più poveri della popolazione: dai sacerdoti di San
Luis in Argentina, che nel 1968 scrissero una lettera aperta sulla grave
situazione sociale della popolazione; alla dichiarazione della chiesa boliviana
che sempre nello stesso anno puntò il dito contro il potere ecclesiastico;
dalle dichiarazioni di Don Fragoso in Brasile che chiedeva la generalizzazione
della proprietà privata; al coraggio del prete Camillo Torres, che in Colombia
lasciò la chiesa per combattere con i partigiani dell’ELN, fino
all’innegabile apporto dei movimenti cristiani alla rivoluzione progressista
in Nicaragua.
Un
dissenso di un settore radicale del cattolicesimo che ancora oggi fa sentire le
sue critiche persino contro il governo Lula in Brasile, preso enfaticamente a
modello dal gruppo dirigente maggioritario del PRC.
Un
contrasto profondo che in particolare è stato espresso dalla conferenza
episcopale brasiliana contro il
Ministro per lo sviluppo agricolo Rossetto[1],
responsabile di aver “usato la mannaia” contro le occupazioni dei
Senza-Terra.
Una
serie d’esperienze che negli ultimi trent’anni hanno contribuito ad
elaborazioni di una nuova teologia (della lotta, della liberazione), che ha
tentato di far riemergere le impostazioni dei primi cristiani, che lo stesso
Engels riteneva “all’origine un movimento di oppressi…e come il
socialismo europeo predicava un imminente riscatto dalla schiavitù e dalla
miseria”[2]
Un
riscatto, però, che il cristianesimo ricerca in cielo, in un altro mondo
(possibile! direbbe Bertinotti), che estranea l’uomo dalle sue qualità e pone
al centro un dio che sottrae ai produttori la storia e in definitiva il suo
riscatto su questa terra: “ il socialismo (asseriva Engels) lo pone
in questo mondo, nella trasformazione della società ”[3]
Riteniamo
che questo sia il punto!
Non
si tratta, come fa Bertinotti, tra l’altro maldestramente e con finalità poco
nobili, di impostare una critica sulla prassi della chiesa, secondo cui “ un
conto è dialogare con la chiesa del concilio e un conto con quella del sillabo
”.[4]
Per
i marxisti l’essenza della religione sta nell’affrontare il rapporto di
dipendenza tra l’uomo e dio, nel lottare contro l’alienazione delle libertà
umane, che si traduce nell’ordine capitalistico nella sottrazione della
ricchezza alla forza lavoro e nel conflitto tra lavoro e capitale.
Insomma
direbbe Marx (che pare sia divenuto per Bertinotti non un punto di partenza ma
di arrivo): “…spieghiamo la soggezione religiosa dei liberi cittadini con
la loro soggezione terrena. Affermiamo che essi sopprimeranno la loro
limitatezza religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti terreni”[5].
L’emancipazione politica emersa con la nascita dello stato laico e
democratico, che si è modellato storicamente sulle costituzioni nordamericane e
sul riconoscimento dei cosiddetti diritti dell’uomo, i droits de l’homme,
(il diritto alla proprietà privata, innanzi tutto), ha liberato l’uomo dal
pregiudizio religioso in “ modo astratto e limitato ”, poiché è avvenuto
per mezzo della mediazione, dello stato borghese, che si è reso garante degli
egoismi di classe che dilaniano la società capitalista.
Di
conseguenza per il marxismo “ la critica della religione è il presupposto di
ogni critica”, poiché “ la religione è la teoria generale di questo
mondo, la sua logica in forma popolare (..). La religione è il sospiro della
creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore…Essa è l’oppio del
popolo ”.[6]
.
Se
per Fausto Bertinotti occorre ricongiungersi ai grandi temi della spiritualità,
per Marx questi principi hanno: << giustificato la schiavitù antica,
glorificando il servaggio medioevale, approvato l’oppressione, magari con aria
non poco contrita. I principi sociali del cristianesimo dichiarano che tutte le
infamie commesse dagli oppressori contro gli oppressi sono il giusto castigo
imposto da Dio alle anime salvate”.
Il
cristianesimo da “concezione infantile dell’umanità”[7]
e forma di superstizione, è divenuta nella storia culto collettivo,
predisponendo strumenti simbolici ed immaginari su cui sostenere il proprio
potere temporale.
Non
si tratta certamente di rivendicare un partito ideologico, poiché lo stesso
marxismo deve essere concepito come programma di trasformazione, guida per
l’azione e non come un culto civile.
E
difatti, non è un caso che nei primi anni dopo la rivoluzione bolscevica è
Trotskij a ricordare che “ per liberare le masse popolari dai riti e dalla
sottomissione alla Chiesa acquisiti dall’abitudine, la propaganda
antireligiosa non sarebbe bastata (…)"[8],
ma il pregiudizio religioso poteva essere superato con la
costruzione di nuove forme di vita sociali con la piena
realizzazione del socialismo.
E
allora, tanto più oggi, a quella giovane generazione ben presente nel movimento
antiglobalizzazione e pacifista, e alla stessa classe operaia, va spiegato che i
comunisti non lottano genericamente per i poveri del mondo, ma per tutti i
proletari contro ogni sfruttamento, sia quello che si manifesta in forme brutali
nei paesi dipendenti e sia quello, sempre meno travestito, delle democrazie
borghesi.
Di
conseguenza un autentica opposizione comunista non può attestarsi alla ricerca
di un presunto anticapitalismo della chiesa in una logica di ricerca comune,
rinunciando ad una battaglia anticlericale e ritenendo persino “dannoso un
laicismo che pretenderebbe di togliere il crocefisso dalle scuole”.[9]
Un’opposizione
comunista, ha il compito di recuperare una coerente proposta programmatica sullo
stesso terreno delle lotte democratiche, con l’apertura ad esempio di una
campagna di massa per l’abolizione del concordato tra stato e chiesa, per
smascherare il potere del papato e delle gerarchie ecclesiastiche.
Un’opposizione comunista deve assumere come finalità la conquista di settori
di massa del mondo cattolico e far emergere le enormi contraddizioni tra le
esigenze progressiste e la natura reazionaria della chiesa. Un’autentica
rifondazione comunista ha il dovere di costruire un “fronte unico” con i
settori avanzati e radicali del mondo cattolico, ma sul terreno delle
rivendicazioni democratiche, per costruire le forme e il potere di un blocco
sociale alternativo, che si ponga l’obiettivo transitorio di privare il
fenomeno religioso dei suoi legami
con la chiesa e il suo potere temporale, e far regredire
il culto collettivo ad
un’opzione personale.
Il
marxismo non è una fede che abolisce la religione, ma assume il compito di
superarla a partire dai settori più coscienti del mondo religioso, per
costruire quel nuovo ordine sociale che non dovrà più ricorrere all’oppio
della superstizione.
Una
forma di civiltà superiore a qualsiasi società mai esistita fin d’ora.
Una
società che orgogliosamente chiamiamo comunismo, e per dirla ancora una volta
con le parole di Rosa Luxemburg fa ben sperare che l’avvenire possa
appartenere “da per tutto” al bolscevismo.
[1] Dirigente del segretariato unificato la cui la sezione italiana è rappresentata nel PRC dai compagni di bandiera rossa.
[2] Engels “Sulle origini del cristianesimo (scritti 1883 –1895) Ed. Riuniti)
[3] Engels “Sulle origini del cristianesimo (scritti 1883 –1895) Ed. Riuniti)
[4] Liberazione novembre 2003
[5] Marx - La questione ebraica.
[6] K.Marx Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, pag. 49 Ed.Riuniti
[7] Heinrich Heine – poeta.
[8] L.Trotskij rivoluzione e vita quotidiana, pag. 65 Ed. Savelli
[9] Intervista di Bertinotti su Liberazione novembre 2003