Il Ddl Fini: repressione e controllo sociale

 

di Christian Mazzini

 

Ancora una volta il governo delle destre di Berlusconi/Bossi/Fini si mostra per quello che è: governo reazionario, autoritario, antidemocratico. Il 13 novembre, infatti, il consiglio dei ministri, sotto l’egida della “tolleranza zero”, rivolta questa volta  ai tossicodipendenti e ai semplici consumatori di “droghe leggere”, ha approvato all’unanimità il Ddl Fini che, di fatto, peggiorerà il già pessimo Dpr 309 del 1990.

Non c’è da meravigliarsi! L’antico ritornello della tolleranza zero è stato una costante nell’operato di questo governo, volto a reprimere qualsiasi azione tendente a minare la pace sociale borghese o qualsiasi forma di dissenso espresso ormai quotidianamente da giovani studenti, operai in sciopero e dai tanti che continuano a denunciare le politiche nefaste dell’attuale maggioranza. Cosa ci può essere di meglio per colpire un’opinione pubblica che sembra digerire sempre meno l’operato di questo governo dell’ingaggiare la “war on drugs italian-style”, da sempre cavallo di battaglia dei fascisti?

 

Un inasprimento delle pene

Analizzando il testo della nuova controriforma targata Fini, scopriamo subito che verrà di colpo cancellata qualsiasi distinzione tra canapa e droghe pesanti: entreranno a far parte della stessa tabella di riferimento e porteranno alla medesima sanzione, si tratti di marijuana, di cocaina o di eroina.

Viene reintrodotto, e in modo peggiorativo, il concetto di “dose media giornaliera” (che aveva fatto la prima apparizione con la legge fortemente proibizionista Vassalli-Jervolino del 1990) intesa come soglia sopra la quale il possesso di sostanze stupefacenti è considerato ai fini di spaccio e quindi punibile penalmente. La novità rispetto alla vecchia norma, abrogata dal referendum del 1993, sta nel fatto che d’ora in poi verrà considerato reato anche il possesso di una quantità inferiore alla “soglia massima tollerabile”, punibile con una o più sanzioni amministrative quali la sospensione della patente, del passaporto o del permesso di soggiorno, per un periodo che può andare da un mese, fino ad un anno.

Non paghi di tutto ciò, qualora si “possa derivare pericolo per la sicurezza pubblica” (?!) o la persona risulti già condannata anche in via non definitiva per altri reati, il prefetto può sottoporre il malcapitato all’obbligo di presentarsi due volte alla settimana presso il posto di polizia o la caserma dei Cc; di rientrare o uscire dalla propria casa entro una certa ora; di non frequentare determinati locali pubblici ecc. Per i trasgressori si apriranno le porte del carcere, da tre a diciotto mesi.

 

Repressione e ruolo dei privati  

E’ evidente che la nuova legge annullerà qualsiasi distinzione tra trafficanti e semplici consumatori, visto che le sanzioni finora menzionate sono riferite al possesso di quantità massime che vanno dai 250 milligrammi per marijuana o hashish (0,25 grammi = una canna), 500 milligrammi di cocaina (0,5 grammi) e 200 milligrammi di eroina. Al di sopra di questi valori scatteranno automaticamente le sanzioni penali, ovvero le manette. E’ chiaro che il doversi rivolgere ad un mercato illegale porta il consumatore ad acquistare dosi che vanno oltre l’immediata soddisfazione, trasformandolo immediatamente da consumatore in spacciatore.

In alternativa al carcere, si potrà decidere di “farsi curare” in comunità terapeutiche private (totalmente parificate ai Sert), che potranno addirittura certificare la tossicodipendenza, nonché decidere il percorso riabilitativo e sulle quali verranno convogliate risorse sottratte per forza di cose alle strutture pubbliche, con il chiaro intento di una progressivo depotenziamento di quest’ultime. Un altro bel regalino alle comunità amiche delle destre che, sul modello di San Patrignano, basano sulla costrizione e l’annullamento della personalità i loro percorsi di disintossicazione, creando veri e propri imperi economici basati sullo sfruttamento vergognoso dei loro “ospiti”, costretti, di fatto, al lavoro forzato non stipendiato.

 

Questa in  sintesi è l’ossatura principale del Ddl Fini che evidentemente non si pone neanche lontanamente il problema della diffusione delle droghe (che a parte il discorso della canapa è innegabile sia un problema), ma ripropone ancora una volta politiche che si sono già verificate fallimentari sotto tutti i punti i vista. Repressione, controllo sociale, riduzione delle libertà individuali: queste sono le vere finalità di questa legge! Tutto ciò è ancor più evidente se si tiene conto che i consumatori di canapa sono quelli maggiormente penalizzati da tutto questo, e stiamo parlando di milioni di persone, ragazzi ma non solo, che da domani vivranno con l’incubo del carcere, spiati e intimiditi dalle forze dell’ordine che avranno tutti gli strumenti legislativi per farlo. Non è forse controllo sociale questo?