Continua la straordinaria stagione di mobilitazione dei lavoratori

Quale prospettiva per le lotte operaie?

 

di Antonino Marceca

 

La segreteria confederale della Cisl ha inviato nel mese di gennaio di quest'anno una lettera alle segreterie di Cgil e Uil a cui proponeva un incontro finalizzato a "delineare una proposta strategica" e a "definire un organico impianto di politica economica"; a questa richiesta riscontrava "disponibilità ad elaborare una piattaforma condivisa", ad iniziare "un nuovo corso". Fa da sponda, dentro la Cgil, alle proposte della Cisl, la componente liberal-riformista diretta da Panzeri, la cui relazione, nell'assemblea tenuta a Roma il 19 febbraio dal titolo significativo E' tempo di costruire una piattaforma unitaria, sottolineava il valore della concertazione, la centralità della crescita e dello sviluppo delle imprese, apprezzava il riferimento alla politica dei redditi emerso nel direttivo della Cgil del 16 febbraio, criticava " il lasciar fiorire i conflitti" ed infine auspicava un nuovo percorso unitario con Cisl e Uil assieme ai quali stringere un nuovo patto sociale con la prossima direzione di Confindustria, prospettiva sostenuta dallo stesso Epifani, disponibile a raffreddare la contrattazione in cambio di qualche riduzione fiscale.

 

Il documento Per costruire il futuro presentato il 10 marzo "all'assemblea dei delegati" di Cgil, Cisl e Uil rappresenta infine la piattaforma per l'unità ritrovata, il nuovo corso. Si rinsalda il blocco tra le burocrazie sindacali, centrato sul modello sindacale neocorporativo, che grazie al controllo esercitato sul movimento operaio riceva riconoscimento e legittimazione dai governi e dai padroni ottenendo ed estendendo la compartecipazione ad operazioni di sottogoverno (gestione di fondi pensioni, enti bilaterali, ecc). Questo avviene mentre entra in crisi l'ipotesi che stava alla base dell'ultimo congresso della Cgil (2002), quello di lottare, di fronte al rifiuto del governo Berlusconi e del padronato, per il ritorno alla politica di concertazione, dell'accordo del 23 luglio.

 

Crisi che investe la stessa componente Lavoro Società - Cambiare Rotta che a quel congresso aveva votato con la maggioranza congressuale e giustificato tale voto con il nuovo atteggiamento critico da parte della maggioranza verso le politiche di concertazione. Toccava al compagno Manganaro esprimere con il voto contrario il proprio dissenso e le ragioni di classe dei lavoratori. Infatti, dentro il quadro dirigente maggioritario della Cgil, era assente una reale alternativa alle politiche di concertazione, assenza parzialmente nascosta agli occhi di milioni di lavoratori dalle manifestazioni e dagli scioperi quadrimestrali del biennio 2001-2002. I lavoratori che partecipavano alle manifestazioni, dirà Zipponi, quando tornavano nei luoghi di lavoro ritrovavano i soliti meccanismi concertativi.

 

Il fronte padronale in questi anni ha registrato risultati significativi: dopo le politiche liberiste del trattato di Maastricht e di Amsterdam sostenute dai governi di centrosinistra con il consenso di Cgil, Cisl e Uil, dopo le politiche che aprono alla precarizzazione/flessibilità del lavoro salariato, inizia l'offensiva da parte della Confindustria con la piattaforma di Parma (2001) e il sostegno del secondo governo Berlusconi, viene superata la politica di concertazione e si fanno accordi a geometria variabile con chi è disponibile. Un percorso segnato da una serie di modifiche normative: con la L. 66/2003 si afferma la massima flessibilità della prestazione lavorativa, la forza lavoro viene utilizzata in funzione delle necessità dell'impresa, l'orario di lavoro giornaliero non è più un riferimento contrattuale e normativo principale; con la L. 30/2003 si instaura il regime della precarietà lavorativa, salariale e previdenziale, della totale flessibilità in entrata nel mondo del lavoro salariato; con il disegno di legge del governo sulle pensioni, del febbraio 2004, non si realizza soltanto l'obiettivo di fare cassa con il risparmio del 0,7% sul Pil, ma con la destinazione del trattamento di fine rapporto, il Tfr verso i fondi pensione si sostituisce il sistema pensionistico pubblico con quello privato, a tutto vantaggio del capitale finanziario e speculativo, mentre si peggiorano le condizioni di vita e di lavoro del proletariato.

 

Ma sono tutti i servizi dalla scuola alla sanità che sono oggetto di processi di frammentazione regionalistica e di privatizzazione. Successi rilevanti, da parte del capitale, ma non sufficienti ad uscire dalla crisi capitalistica che attanaglia l'economia mondiale ed italiana in particolare, con il declino industriale che investe maggiormente regioni come la Lombardia, Piemonte, Campania, Sicilia, con oltre 2350 aziende in crisi. Un elenco parziale comprende oltre alle aziende che hanno fatto crack, Fiat, Ilva, Siemens, Acciaierie di Terni, Montefibre, Pirelli, Alitalia, Marzotto, Fila e i distretti tessili di biella, Prato, ecc.

 

La stagione contrattuale 2003/2004 ha visto una accelerazione della deriva neocorporativa, con arretramenti rispetto allo stesso impianto concertativo.

I Ccnl delle Poste e del Turismo, anche con la firma della Cgil, hanno visto lo slittamento nei tempi del rinnovo dei successivi bienni economici; il Ccnl del trasporto locale, del 20 dicembre '03, segna il superamento e il peggioramento del modello contrattuale concertativo. Un accordo che non recupera nemmeno l'inflazione programmata e di fatto ridimensiona il valore del contratto collettivo nazionale, mentre la contrattazione aziendale assume il compito di recupero delle differenze dovute all'accordo del 23 luglio '93 e all'inflazione programmata, aprendo la strada ad ulteriori riduzioni di salari, alla frantumazione contrattuale, alle gabbie salariali.

L'intesa per l'artigianato, firmata anche dalla Cgil il 3 marzo '04, rappresenta infine un vero colpo di piccone al Ccnl con l'apertura ai contratti regionali con conseguenti salari differenziati per territorio, il concreto avvio del federalismo contrattuale.

 

Il quadro che emerge è di una profonda crisi, della fine, del modello contrattuale concertativo, di una ulteriore deriva delle politiche sindacali emerse con l'accordo del 23 luglio '93. Queste vicende contrattuali hanno reso evidente tutti i limiti politici e programmatici della sinistra sindacale Lavoro Società - Cambiare Rotta, al quadro dirigente maggioritario di questa componente è mancata una capacità di critica, di organizzazione e coordinamento dei delegati che si ponevano su posizioni critiche rispetto agli accordi firmati, spesso la componente ha oscillato tra deboli osservazioni critiche (come nel caso dell'accordo degli autoferrotranvieri e dell'intesa per l'artigianato) al sostegno (come nel caso dell'accordo delle poste). Solo la minoranza di classe della componente si è posta l'obiettivo di sostenere le lotte e proporre soluzioni organizzative all'altezza dello scontro (vedi i comunicati sugli scioperi degli autoferrotanvieri pubblicati, in parte, su Liberazione).

 

Da qui la crisi di Lavoro Società - Cambiare Rotta, lo scollamento con i delegati nei luoghi di lavoro, di cui la lettera aperta al coordinamento nazionale della componente, firmata da diversi delegati, né è espressione. Nella lettera aperta si critica la natura sostanzialmente autoreferenziale dell'assemblea nazionale del 4 e 5 marzo e si chiede una reale assemblea nazionale, con la partecipazione dei delegati, in grado di fornire "l'area di una piattaforma e di un programma che produca pratiche coerenti e verificabili".

Il documento presentato all'assemblea nazionale da parte della sinistra di classe (documento che riproduciamo in queste pagine), rappresentata da Manganaro, dà una prima risposta, all'altezza dello scontro di classe, ai delegati e ai lavoratori. Nel documento si chiede, tra l'altro, alla componente il passaggio all'opposizione nella confederazione rispetto sia alla destra di Panzeri che al centro attorno ad Epifani.

 

La Fiom-Cgil dopo il lungo scontro contrattuale dei metalmeccanici, anche per gli accordi firmati dalle altre categorie della stessa Cgil, attraversa una fase di isolamento e vede ridursi i propri spazi di manovra, da questa gabbia tenta di uscire mediante il congresso anticipato, in cui si confronteranno due documenti: uno della componente di destra liberal-riformista Le ragioni del sindacato, che come tutta la componente confederale propone il riallineamento verso gli accordi unitari, la politica dei redditi, la fine della conflittualità; l'altro documento Valore e dignità del lavoro, sostenuto dal centro socialdemocratico della federazione e appoggiato da Lavoro Società - Cambiare Rotta, prende atto della crisi della concertazione, dell'esaurimento dell'accordo del 23 luglio '93; un documento che pur rivendicando il necessario recupero salariale, dentro un quadro di difesa del contratto nazionale, e pur rappresentando un contraddittorio tentativo di tenuta rispetto alla deriva in atto, è complessivamente insufficiente rispetto alla necessaria svolta programmatica; si pone quindi per la componente di classe della Fiom-Cgil la necessità di esprimere una forte correzione di linea, coerente con gli interessi dei lavoratori.

 

Il sindacalismo di base non ha, ad oggi, rappresentato l'alternativa alla crisi del sindacalismo confederale, per la eccessiva frammentazione (sparso a macchia di leopardo in varie categorie), per la presenza di concezioni sindacaliste-movimentiste, di logiche burocratiche di autoconservazione, di una concezione autocentrata di organizzazione che propone di acquisire a se pezzi di sindacato e di avanguardie di classe, operazione legittima vista in termini di sviluppo dell'organizzazione stessa, ma che di fatto ostacola i percorsi di coordinamento, le saldature tra chi opera all'interno della Cgil e chi agisce al di fuori, tra gli stessi sindacati di base.

 

Dentro questo quadro la vicenda degli autoferrotranvieri ha rappresentato una significativa novità: la costituzione di un coordinamento nazionale di lotta, con la presenza di diversi sindacati di base, la partecipazione alle lotte di lavoratori iscritti alla Cgil, la "rottura delle regole" imposte dalle "leggi antisciopero" (la L. 146/90 successivamente modificata in peggio dal governo D'Alema con la L. 83/2000), i primi tentativi di sciopero ad oltranza; alle lotte degli autoferrotranvieri si sono aggiunte le lotte degli operai minacciati di licenziamento a seguito della ventilata chiusura della fabbrica: le lotte all'Ilva di Cornigliano (Ge) con blocchi stradali e ferroviari, l'unità realizzata con i lavoratori delle ditte appaltatrici (le imprese di pulizia Hospes e della mensa Risochef), le lotte operaie alle acciaierie di Terni, della multinazionale Thyssen Krupp, con il blocco delle autostrade, l'assalto all'albergo dove i dirigenti della multinazionale tedesca assieme ai rappresentanti degli enti locali e dei sindacati discutevano della chiusura degli impianti, lo sciopero generale cittadino con la solidarietà delle masse popolari di Terni. Lotte quest'ultime che hanno dimostrato la necessità dello sciopero ad oltranza e al di fuori delle "regole" anche per conquiste parziali come la promessa-accordo sul mantenimento del posto di lavoro (Acciaierie di Terni), la stessa convocazione dei rappresentanti sindacali (Ilva di Cornigliano), di adeguamenti salariali dovuti (autoferrotranvieri di Milano).

 

Quella che è mancata, nella lotta degli autoferrotranvieri, la più estesa e di più lunga durata, è stata l'elezione dei delegati nelle varie aziende locali, il loro coordinamento locale e nazionale, la determinazione e la gestione dei delegati della piattaforma e della modalità di proseguimento della lotta. Coordinamento che avrebbe avuto, agli occhi delle grandi masse, la legittimità a chiedere la solidarietà nella lotta alle altre categorie, l'apertura di una vertenza generale sostenuta dallo sciopero generale prolungato contro il governo e il padronato. Ma soprattutto è mancata una piattaforma unificante che parli a tutto il mondo del lavoro, per unire le lotte oggi disperse, i lavoratori, i giovani e i disoccupati intorno alle rivendicazioni di un vero recupero salariale, la difesa e la riqualificazione delle pensioni e dei servizi sociali, la convalida referendaria da parte di tutti i lavoratori dei contratti, l'abolizione della flessibilità e delle leggi contro i lavoratori immigrati, un adeguato salario ai disoccupati, ma anche quelle rivendicazioni a carattere transitorio che mettano a nudo, nel corso della lotta, le contraddizioni del sistema capitalistico: la richiesta dell'apertura dei libri contabili delle aziende che licenziano, la nazionalizzazione sotto controllo operaio delle aziende in crisi (Alitalia, Parmalat, Fiat, ecc), con l'obiettivo dichiarato di cacciare questo governo reazionario, per un governo basato sulla forza e l'organizzazione dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati.

 

Solo sulla base di una piattaforma unificante è possibile l'unità e il coordinamento delle lotte tra la sinistra di classe di opposizione dentro la Cgil e il sindacalismo di base. Una piattaforma unificante che necessità di un presupposto politico, senza se e senza ma, l'indipendenza di classe dei lavoratori dai governi di collaborazione di classe e dai padroni; qui emerge tutta la debolezza e la radice della crisi di Lavoro Società - Cambiare Rotta, una componente che nei suoi apparati burocratici si muove come una delle componenti del nuovo blocco di alleanza con il centro liberale nella prospettiva di un cambio di governo. Solo nelle componenti di classe, nella Cgil e nel sindacalismo di base sono presenti le forze per un'alternativa programmatica all'altezza della fase. In questo percorso Progetto comunista ha un ruolo centrale.