Le ragioni delle lotte di questi anni non hanno nulla a che fare con le ragioni dei banchieri!

 

NO AL PROGRAMMA DI ROMANO PRODI!

 

 

di Marco Ferrando

 

"Appresa la lezione del Kosovo e dei massacri che solo l'intervento della Nato e dell'America riuscirono a fermare, possiamo affermare con orgoglio che l'Europa ha fatto la sua parte sino in fondo (...) Se i Balcani cesseranno per sempre di essere quel focolaio di crisi internazionali che sono stati per secoli, il merito fondamentale sarà stato dell'Europa. Dal Baltico ai Balcani l'Europa sta dimostrando in modo tangibile quanto essa sia in grado di fare come potenza (...) Il che vuol dire per l'Europa accettare anche sul piano strettamente militare le crescenti responsabilità, comprese quelle di bilancio, che si collegano alla sua ambizione di protagonista della politica mondiale (...) Pace, libertà, sicurezza non sono date una volta per tutte e in ogni parte del mondo. Esse possono richiedere di essere difese anche con le armi." (da Europa: il sogno, le scelte).

No, non si tratta di un comizio di qualche vecchio generale coloniale. Si tratta del programma di governo per l'Europa e per l'Italia con cui Romano Prodi ha lanciato la sua sfida "progressista" a Berlusconi, e su cui ha raccolto attorno a sé, e ai propri piedi, l'insieme delle direzioni del movimento operaio italiano.

Domando: che rapporto c'è tra la domanda di massa per il ritiro delle truppe italiane dall'Irak quale si è espressa nella grande manifestazione del 20 marzo a Roma e i disegni di potenza della principale autorità politica dell'attuale Europa imperialista? Che rapporto c'è tra la professione ideologica della nonviolenza da parte di Fausto Bertinotti e la sua disponibilità a governare con un campione dell'imperialismo italiano, dei suoi bombardamenti umanitari, delle sue spedizioni coloniali?

   

Europeismo imperialista

Il testo programmatico di Romano Prodi ha un impianto molto serio e molto organico. Soprattutto ha un motivo ispiratore che traspare in ogni rigo: rilanciare peso e forza del capitalismo europeo nella "competizione mondiale con l'America e nella sfida con l'India e con la Cina"; rilanciando in quel quadro lo stesso capitalismo italiano. "Noi europei abbiamo straordinari punti di forza su cui contare: un interscambio quasi pari a quello di Stati Uniti e Sud-Est asiatico messi insieme (...) una potenza commerciale che non conosce confronti (...) un mercato di consumatori che si avvierà ad essere il doppio di quello americano (...) una moneta comune, l'euro, che si sta muovendo accanto al dollaro sui mercati finanziari internazionali (...) un'industria areonautica e telefonia mobile che sono ai vertici della scala mondiale (...), un allargamento della nostra Unione, in prospettiva, sino a più di trenta Paesi (...)." Come valorizzare allora questi punti di forza investendoli in una nuova potenza? La risposta sta nell'intero programma di Prodi. E si articola su diversi piani.

 

I banchieri al comando

Innanzi tutto -afferma Prodi- "se vogliamo comportarci da pari a pari sui mercati internazionali, dobbiamo essere in grado di decidere in modo altrettanto veloce ed efficiente."

E una democrazia borghese a velocità di mercato deve superare "la mancanza di chiare linee di autorità", "parlare con una voce sola", disporre di un sistema di governo integrato capace di subordinare ogni istituzione -continentale, nazionale, locale- all'interesse superiore della Ue: cioè dei suoi banchieri e dei suoi capitalisti.

E' l'ispirazione del trattato costituzionale: che rimuove la tradizionale finzione "democratica" delle vecchie costituzioni borghesi nazionali, per affermare persino formalmente il primato "della moneta, del mercato". E che per questo richiede un più robusto braccio militare.

Parallelamente, dentro una Ue più larga, più integrata, più armata, deve potersi sviluppare "un vero mercato finanziario." "Mercati liberi e concorrenza" titola Prodi: "importante è sfruttare l'intero potenziale offerto dal mercato unico abbattendo gli ostacoli che ancora permangono, dal settore dei trasporti aereo e ferroviario, a quello dell'energia, sino al fondamentale mercato dei capitali." E' l'incentivo a intensificare liberalizzazioni e privatizzazioni su scala continentale: al fine di favorire quelle concentrazioni capitalistiche capaci di concorrere sul mercato mondiale. Naturalmente sulla pelle dei lavoratori (Alitalia insegna).

 

Un programma sociale antioperaio

Inoltre, un'Europa capace di "competere" deve alleggerire il cosiddetto "Stato sociale". Quest'ultimo -afferma Prodi- "deve essere adattato ai tempi, perché oggi si vive molto più a lungo" e quindi "riconsiderato" in base all'esigenza di "riportare i nostri conti pubblici in ordine". La priorità è indicata da Prodi in modo esplicito: "La previdenza deve fare in ogni Paese i conti con un allungamento della vita che mette a repentaglio i vecchi sistemi di finanziamento."

E colpire la previdenza pubblica significa sia liberare il campo per il gigantesco mercato dei fondi privati, possibile volano del capitale finanziario europeo, sia accantonare risorse utili per la ricerca tecnologica e le spese militari della Ue. E' un caso che la commissione europea a guida Prodi sia in prima fila in tutta Europa (Italia inclusa) nel comandare i tagli della previdenza?

Infine luogo una Ue che voglia sfidare gli Usa sul mercato mondiale deve darsi "forme di occupazione più flessibile mano a mano che l'età progredisce" e soprattutto "tendere più a proteggere il lavoratore che non a difendere il singolo posto di lavoro" perché -afferma Prodi- le politiche europee "devono essere dentro e non contro il mercato".

Si può essere più chiari? Dopo dieci anni di politiche di flessibilità e precarizzazione, Prodi chiede di preservarle ed estenderle. Salvo predisporre quella che chiama "una rete di protezione" per una parte delle vittime sociali designate (lavoratori licenziati, precari cronici, ecc.) attraverso un "reddito minimo garantito": un classico sussidio di povertà che -dice Prodi- "in cifre può variare da Paese a Paese" perché "non si può credere, pretendere, promettere che si possa avere tutto attraverso la leva della spesa pubblica". Anche la carità, insomma, deve essere compatibile col Capitale, con la sua crisi, con le leggi della competizione mondiale.

 

Un programma contro i movimenti

Bene. Questo programma generale, combinato con il rilancio del metodo della concertazione, non è una improvvisazione contingente o un esercizio letterario. E' il programma annunciato del prossimo governo di centrosinistra in Italia, garantito e scritto dal candidato premier, e posto alla base dell'unificazione politica del centro liberale dell'Ulivo. Cos'hanno a che spartire i lavoratori, i giovani, i protagonisti di anni di lotte con un programma che attacca tutte le loro ragioni? Cos'ha a che vedere l'opposizione popolare e di massa a Berlusconi con un programma scritto dai banchieri nell'interesse dei banchieri contro l'opposizione popolare? E' ancora possibile continuare a recitare la favola di una possibile correzione di questo programma grazie alla "pressione" dei movimenti quando sono proprio i movimenti e le loro ragioni il bersaglio dichiarato e di fondo di quel programma? E peraltro è talmente evidente l'impermeabilità di fondo del programma del centro liberale che le stesse direzioni della sinistra dell'Ulivo e del Prc -pur di preservare la rotta verso l'accordo di governo con Prodi- non solo non hanno posto alcuna pregiudiziale su quel programma ma sono riuscite addirittura a valorizzarlo. Così Fausto Bertinotti ha speso un'intera pagina di Liberazione per spiegare che, al di là di limiti e insufficienze, il programma di Prodi configurerebbe un "ripensamento positivo, seppur incompiuto, delle vecchie politiche dominanti" e quindi "un utile e proficuo terreno di confronto" (Liberazione, 14 novembre). Se si afferma questo al solo piede di partenza della prospettiva di governo, cosa mai si affermerà (e si farà) una volta entrati nell'esecutivo con un paio di ministri, sotto la guida dei liberali?

 

Cacciare Berlusconi sì, governare con l'Ulivo no

Ogni fatto, ogni avvenimento politico conferma sempre più la proposta alternativa di Progetto Comunista, rivolta sia al Prc sia al movimento operaio e all'avanguardia di tutti i movimenti: la proposta dell'indipendenza politica delle ragioni di classe e delle loro lotte dalle ragioni opposte del centro liberale e della borghesia italiana.

Solo una piena autonomia politica, solo la rottura col centro dell'Ulivo, può liberare un'opposizione radicale a Berlusconi in funzione dell'unica alternativa vera: l'alternativa dei lavoratori e delle lavoratrici. Senza quell'autonomia si compromette invece presente e futuro dei lavoratori.

"Cacciare Berlusconi sì, governare con l'Ulivo no." Dopo la presentazione del programma di Prodi questa sarà ancor più di ieri la nostra indicazione generale.

(18 marzo)