VI CONGRESSO: LE DICHIARAZIONI DI VOTO SULLO STATUTO E SUL DOCUMENTO FINALE
Iniziamo da oggi la pubblicazione di materiali relativi al VI Congresso nazionale del Prc che si è concluso nel fine settimana scorso a Venezia.
Quanto è avvenuto in sede di Commissione e nella discussione plenaria del Congresso a proposito delle modifiche dello Statuto del Partito è un fatto molto grave, senza precedenti in tutta la storia di Rifondazione Comunista.
Forte di uno scarto di voti molto contenuto, la maggioranza ha deciso di stravolgere lo Statuto del Partito a colpi di maggioranza, non mostrando alcuna disponibilità al confronto con le opposizioni interne. Nonostante la ferma contrarietà sempre mostrata da tutto il Partito nei confronti dei principi e della pratica del maggioritario, la maggioranza non ha esitato ad applicarne la logica: chi vince prende tutto.
Per questo ci siamo risolti ad una decisione sin qui mai assunta e che mai avremmo voluto prendere: quella di votare contro lo Statuto del nostro Partito. Grave e irricevibile sempre, l’uso del maggioritario lo è soprattutto quando materia del contendere sono le norme che regolano la vita di una comunità e che dovrebbero tutelare la democrazia interna garantendo le minoranze da eventuali forzature della maggioranza.
Su aspetti centrali della struttura organizzativa del Partito (a cominciare dalla composizione e dalle funzioni della Segreteria nazionale, della Direzione nazionale e dell’Esecutivo), la maggioranza ha imposto modifiche statutarie che d’ora in avanti le consentiranno di assumere decisioni nella sostanziale assenza di confronto con le minoranze. In queste nuove condizioni, la guida politica e la gestione reale del Partito saranno assunte da un organismo (l’Esecutivo) che - in rappresentanza di istanze territoriali e di dipartimento - esprime però quasi esclusivamente la parte maggioritaria del Partito, espropriando la Direzione nazionale di qualsiasi effettivo ruolo dirigente. Dinanzi a tale operazione di costruzione sostanzialmente maggioritaria degli organismi dirigenti, le minoranze chiedono congiuntamente che non si proceda per il momento all’elezione della prossima Direzione nazionale e decidono - qualora tale richiesta non venisse accolta - di sospendere la propria presenza nella Direzione nazionale, in attesa di conoscere la composizione dell’insieme dei nuovi organismi dirigenti.
C’è una gran parte del Partito della Rifondazione
Comunista che non acconsente con tale modalità maggioritaria: una gran parte
- oltre il 40% - che subisce oggi una prevaricazione ma che già da domani
intende far pesare tutta la propria influenza, nella certezza di disporre di
una forza importante.
Claudio Grassi - mozione 2 “essere comunisti”
Marco Ferrando - mozione 3 “per un progetto comunista”
Salvatore Cannavò - mozione 4 “un’altra rifondazione è
possibile”
Claudio Bellotti - mozione 5 “rompere con Prodi, preparare
l’alternativa operaia”
Lido di Venezia, 5 marzo 2005.
Dichiarazione
di voto di Marco Ferrando per Progetto Comunista
La relazione e replica del segretario confermano e aggravano le ragioni di
dissenso che come progetto comunista - terza mozione - abbiamo sostenuto in
congresso: sia in riferimento alla linea politica sia in riferimento alla
ristrutturazione del partito e alle relazioni interne.
La linea politica di governo è stata non solo riproposta ma razionalizzata
sotto forma di "compromesso sociale" con la cosiddetta "borghesia
produttiva": così nel nome del "nuovo", si ritorna alle vecchie
illusioni riformiste del centrosinistra degli anni '60, per di più nel momento
storico in cui la credibilità del riformismo è azzerata dalla crisi
capitalistica e dal rilancio della competizione globale. Non a caso Romano Prodi
ha così definito, testualmente, la relazione del segretario: «La proposta di
un partito socialista pienamente riformista, compatibile con le responsabilità
di governo». Un giudizio purtroppo fondato e, dunque, l'esatta misura della
gravità dell'attuale svolta politica.
Quanto al fatto che Bertinotti ci assicuri che «sarà sempre con gli operai ma
che non vuole regalare per sempre il governo ai padroni», vorrei osservare che
la migliore retorica non può cancellare la realtà: se vai al governo con i
padroni, ti schieri inevitabilmente contro gli operai. Non conta dove sta la tua
anima o la tua intenzione. Conta la tua collocazione materiale, politica e
sociale. Come tutte le coalizioni di governo con i liberali hanno comprovato
nella storia.
La ristrutturazione che è stata operata degli organismi del partito è
direttamente legata a questa prospettiva di governo. Quando si vuole guidare la
nave del partito verso il porto di Romano Prodi è logico si pretenda il
monopolio del timone, tanto più sapendo che il mare è burrascoso e che la
ciurma non è convinta della rotta. Così si spiega l'apparente assurdità di
una segreteria omogenea senza minoranze, di una direzione nazionale senza la
presenza al suo interno della segreteria, di un comitato operativo senza la
presenza al suo interno della direzione.
La ristrutturazione imposta a colpi di maggioranza semplice, il cui significato
è uno solo: tutto il potere si concentra nelle mani del segretario, la
direzione nazionale è ridotta a un parlatoio ininfluente, alle minoranze resta
solo il "diritto di tribuna". Il fatto che questo avvenga in presenza
di minoranze attestate oltre il 40% rende il tutto ancora più abnorme.
Questa linea di rottura totale con l'altra metà del partito che Bertinotti ha
voluto imporre apre una fase nuova nel Prc. Le ipotesi di "condizionamento
critico" della linea del segretario che altre mozioni avevano sinora
perseguito sono politicamente fallite ed hanno esaurito ogni spazio. L'attuale
ricollocazione all'opposizione da parte dei compagni del secondo e del quarto
documento è la registrazione di questo fatto.
Ora il 40% del partito ha una grande responsabilità. Quella di costruire
insieme, finalmente, una prospettiva politica coerentemente alternativa alla
deriva governista, puntando alla conquista della maggioranza del partito e ad un
altro gruppo dirigente. Sulla base di un impegno di fondo: salvare l'esistenza,
irrinunciabile, di un'opposizione comunista e di classe in Italia.
In ogni caso, Progetto comunista si batterà sino in fondo nel Prc per affermare
questo impegno.