CONTRO LA NUOVA CROCIATA
IMPERIALISTA
UN PIANO D’AZIONE NEI BALCANI E IN
EUROPA
1
- Con il pretesto dell’11 settembre, l’imperialismo degli Stati Uniti,
insieme ai propri alleati, hanno lanciato una crociata mondiale, la cosiddetta
guerra al terrorismo. In nome dei valori occidentali, l’Afghanistan, già
devastato, è stata ricacciato di nuovo nell’età della pietra; in nome della
democrazia occidentale, minacciata dai Bin Laden di questo mondo, la popolazione
civile di Jenin, in Palestina, è stata seppellita viva dai carri armati di
Sharon. Tutta l’ipocrisia, dall’11 settembre in poi, si manifesta nella
barbara guerra per lo sterminio dei palestinesi intrapresa da Sharon con il
supporto di Bush e la complicità dell’Unione Europea. La tragica situazione
odierna della Palestina non può essere separata dal contesto e dalla natura
della “guerra al terrorismo” come dottrina ufficiale e strategia mondiale
portata avanti dall’imperialismo degli Stati Uniti per il suo predominio
politico.
2
- La “guerra al terrorismo” non è altro che una controrivoluzione
imperialista lanciata contro gli oppressi in tutto il mondo, dall’Asia
centrale, Medio Oriente e Filippine fino all’America latina e all’Africa. Ma
è mirata anche contro i diritti sociali e democratici dei lavoratori europei e
americani. Ciò è dimostrato dalle nuove leggi repressive e antipopolari varate
negli Stati Uniti (Patriot Act) e nell’Unione Europea. A tutto questo
bisogna aggiungere la formazione di “squadre speciali”, annunciata dall’Fbi,
che opereranno a livello internazionale, la follia della nuova dottrina militare
“dell’uso tattico di armi nucleari” (portata avanti dal Pentagono) e la
paranoia di Bush nel suo discorso sul cosiddetto “asse del male”.
3
- La Cia ha inserito la Russia ai primi posti nella lista dei paesi che
possiedono “armi di distruzione di massa”, nonostante il regime di Putin
sia, in questo momento, il miglior alleato di Bush nella cosiddetta “guerra al
terrorismo”. Nella nuova guerra afghana, i successi più importanti
dell’imperialismo statunitense non sono stati riportati sul piano delle
operazioni militari bensì nella costruzione di basi militari nelle repubbliche
ex sovietiche dell’Asia centrale e del Caucaso, area al secondo posto per la
più vasta estensione di riserve petrolifere al mondo. Ovviamente, la presenza
dell’imperialismo ha a che fare con il petrolio ma anche con il controllo del
processo di restaurazione in tutte le sue insolubili contraddizioni, in
particolar modo in Russia e in Cina.
4
- Gli unici a beneficiare del fallimento del vertice dei paesi del Mar Caspio (Azerbaijan,
Kazakhstan, Turkmenistan, Russia and Iran tenutosi il 24 e 25 aprile 2002) sono
stati gli Stati Uniti e il loro progetto dell’oleodotto di Baku-Ceyhan. Ma
questo sviluppo avrebbe potuto aggravare il conflitto tra l’Europa e
l’America nella regione, come si vede dai progetti per l’oleodotto Tabriz-Ankara-Komotini,
che collega i giacimenti petroliferi dell’Iran all’Italia e all’Europa
occidentale, promossi dalla Grecia e dalla Turchia sotto la supervisione
dell’Unione Europea.
5
- C’è un collegamento oggettivo tra la crisi dell’Asia centrale, del Medio
Oriente, del Caucaso, dell’ex Unione Sovietica e l’attuale devastazione dei
Balcani. In seguito all’ultima guerra della Nato contro la Jugoslavia e la
destituzione del regime di Milosevic, è stato accelerato il processo di
disintegrazione di ciò che rimane della Jugoslavia ed è culminato nella
costituzione di un’entità artefatta chiamata “Serbia e Montenegro”, nuovo
protettorato dell’Unione Europea e della Nato dopo Bosnia, Kosovo e Macedonia.
Quest’ultimo piccolo stato, che era apparso, in passato, come l’unica
soluzione possibile per evitare il tragico destino delle repubbliche jugoslave,
alla fine le ha unite. Apparentemente i violenti conflitti tra gli slavi e gli
albanesi non ci sono più ma è sempre presente la minaccia di una nuova ondata
di violenza. In Bulgaria e Romania lo smantellamento dello stato sociale ed
economico raggiunge dimensioni catastrofiche. La classe dirigente, con le sue
illusioni reazionarie, è convinta che l’ingresso nell’Unione Europea porterà
ad un miglioramento della loro condizione. L’unico interesse degli Stati Uniti
è l’integrazione dei paesi dell’Europa dell’Est nella Nato per
trasformarli in Stati-guarnigione scaricando i costi finanziari sull’Unione
Europea. L’Unione Europea, dal canto sua, cerca di evitare ulteriori oneri.
Nell’attuale struttura controllata dal capitalismo, i Paesi dell’Est e i
Balcani si trovano davanti ad un grosso dilemma: entrare a far parte
dell’Unione Europea accettando, in questo modo, uno stato semi-coloniale o
essere emarginati nella periferia del capitalismo dell’est. La ripresa dei
conflitti è all’ordine del giorno considerando la crisi imminente in Europa e
il suo conflitto con l’America. La Terza conferenza internazionale del Centro
socialista dei Balcani Christian Rakovsky ha deciso di organizzare, in un futuro
immediato, una conferenza sull’Europa occidentale e orientale, inclusa la
Russia, che si terrà in Europa centrale. Si discuteranno i problemi comuni e si
cercherà una comune via d’uscita socialista che, a nostro parere, deve
basarsi sulla rottura con il capitalismo europeo e l’unificazione socialista
dell’Europa con l’Unione socialista degli Stati europei.
6
- La crisi mondiale comincia molto prima dell’11 settembre: è cominciata,
infatti, con il crollo degli equilibri internazionali del dopoguerra e con la
trasformazione dell’espansione capitalistica in una crisi di sovraccumulazione
del capitale senza precedenti. Il tentativo di trovare una via d’uscita
attraverso la globalizzazione finanziaria non solo ha fallito ma ha aggravato
tutte le contraddizioni del capitale a livello globale. La recessione economica
non è stata rovesciata dall’aumento di liquidità fatto dalla Federal Reserve
dopo gli avvenimenti dell’11 settembre. Al contrario, un’attenta lettura del
Rapporto di Alan Greenspan, con i suoi continui richiami alla prudenza, mostra
che la stabilità non può durare mentre “la crisi da investimenti”
continua. L’ultima guerra commerciale, che vede contrapposte l’Unione
Europea e gli Stati Uniti (dazi sull’acciaio e sussidi all’agricoltura) è
la dimostrazione lampante della crisi che è in atto. Il Giappone, dopo più di
un decennio di recessione, è sull’orlo del collasso. L’Argentina è lo
specchio in cui il capitalismo mondiale vede riflesso il suo destino, e i
lavoratori e le masse popolari vi riconoscono il loro futuro.
7
- La “guerra al terrorismo” assume il carattere di un colpo preventivo. Il
mondo intero si trova davanti ad un ultimatum:o si è integrati nel cosiddetto
processo democratico o si è bollati come terroristi, dal Kurdistan alla
Turchia, dalla Francia fino, persino, agli Stati Uniti. Ci rifiutiamo di
accettare, in nome del “male minore” o della “democrazia” Chirac o altri
politici borghesi per contrastare estremisti ultrareazionari come Le Pen, Haider,
Fini, Bossi. Per combattere il fascismo c’è bisogno dell’unità e
dell’indipendenza, dell’organizzazione e della consapevolezza della classe
operaia, non della collaborazione di classe con la borghesia in crisi.
L’appello della Lcr francese a votare Chirac al secondo turno dell’elezioni
presidenziali in Francia è stata una resa vergognosa a questo tipo di
terrorismo “repubblicano-democratico” e la negazione del potenziale delle
masse che si erano affidate alla sinistra rivoluzionaria. L’unità d’azione
della classe operaia, le masse popolari e i giovani devono combattere e battere,
in maniera risoluta, attraverso un fronte unito delle loro organizzazioni, il
terrorismo di stato e il terrorismo “democratico” del dissenso. Chiamiamo
alla mobilitazione tutti i lavoratori e le organizzazioni popolari europee e
balcaniche per combattere e difendere le vittime di chi marchia come
“terroristi” i movimenti di liberazione nazionali e le organizzazioni dei
popoli oppressi. Ci opponiamo, in maniera risoluta, a tutti i tentativi dei
capitalisti europei di costruire la “Fortezza Europa”, la quale
implicherebbe una muraglia cinese da erigere contro le masse povere provenienti
dall’Europa dell’Est, dai Balcani, dall’ex Unione Sovietica, dall’Asia e
dall’Africa, con il conseguente sfruttamento della loro manodopera a buon
mercato. Giù le mani dagli immigrati! Per l’unità del movimento operaio
europeo insieme con i fratelli di classe dell’Est e del Sud! Abbasso
l’Unione Europea imperialista! Per gli Stati uniti socialisti d’Europa!
8
- Soprattutto nei Balcani, regione che è al centro di tutti i conflitti
internazionali, stretta tra due pietre miliari, la crisi dell’Unione Europea e
il vulcano del Medio Oriente, dobbiamo lottare con forza contro gli interventi
imperialistici, contro le classi dirigenti locali, contro la restaurazione di
cricche burocratiche, contro la trappola del cosiddetto Patto di stabilità e
contro una seppur incerta integrazione nell’Unione Europea e nella Nato, per
l’unità internazionalista del popolo balcanico e la Federazione socialista
dei Balcani. Il Centro Christian Rakovsky, fondato su questa prospettiva,
deve estendere il suo lavoro a tutti i partecipanti, in tutte le nazioni nel
prossimo periodo ?????, attraverso un programma di attività comuni. Va data
particolare attenzione ai paesi in cui abbiamo siamo già presenti o con i quali
abbiamo contatti come la Grecia, la Turchia, il Kurdistan, la ex Jugoslavia e
altri paesi della penisola balcanica e del Medio Oriente. La Palestina è al
centro delle nostre preoccupazioni: dobbiamo organizzare un’ampia e costante
campagna di solidarietà per il popolo palestinese, per i suoi eroici
combattenti rivoluzionari e per il movimento di liberazione. Va dato un aiuto ed
un’attenzione particolare all’avanguardia che combatte per unire i
lavoratori ebrei e i poveri ???? alle masse arabo-palestinesi nella lotta
per l’autodeterminazione del popolo palestinese, per il ritorno di tutti i
rifugiati palestinesi, per la costruzione di una Palestina laica e socialista,
all’interno di una federazione socialista del Medio Oriente.
9
- La Terza conferenza internazionale condanna tutti i preparativi imperialistici
di una nuova aggressione militare all’Iraq. Dichiara il suo sostegno
incondizionato all’Iraq e tutta la sua solidarietà al popolo iracheno,
stremato dalle barbare conseguenze di dieci anni di embargo.
10
- Difendiamo e sosteniamo pienamente la libertà e l’autodeterminazione del
popolo kurdo. Ci opponiamo ad ogni controllo imperialistico e coloniale delle
terre kurde – incluso Kurdistan del Sud, che difendiamo da tutti gli attacchi
imperialistici del regime iracheno e di altre potenze regionali e dell’Est. Il
popolo kurdo può e sarà emancipato in un Kurdistan libero, unito e socialista!
11
- I lavoratori europei non potranno emanciparsi senza unire la loro lotta alla
lotta per l’emancipazione nazionale delle masse oppresse in Medio Oriente e in
Africa. Questo è il compito specifico del movimento internazionale contro la
globalizzazione capitalistica dispiegatosi da Seattle a Genova, a Barcellona e
oltre. Questo movimento dovrà svilupparsi come una potente forza politica
internazionale capace di rompere le barriere che le forze burocratiche e
capitalistiche cercano d’imporre, ingannando le masse con l’utopia
reazionaria di un capitalismo globale umanizzato, riformato, regolato, secondo
lo spirito di Attac, delle organizzazioni non governative e gli organizzatori
del Social Forum di Porto Alegre. E’ assolutamente necessario costruire e
rafforzare un polo marxista di forze rivoluzionarie all’interno di questo
movimento.
12 - Solo una lotta per il rovesciamento del sistema capitalistico a livello internazionale, una lotta per il potere della classe operaia, sostenuta dalle masse oppresse, può dare una risposta alla sfida lanciata dalla nuova crociata imperialistica: capitolare sotto la pressione della “guerra al terrorismo” imperialistica o lottare per l’Internazionale rivoluzionaria del proletariato e degli oppressi, che per molti di noi coincide con la lotta per la rifondazione della Quarta Internazionale.