Lo sciopero prolungato non era un'utopia?
Riflessioni sulla vertenza degli
autoferrotranviari
di Marco Veruggio
Genova, 19 dicembre. A un incrocio intasato di auto, nel traffico caotico
provocato dallo sciopero degli autoferrotranvieri genovesi, due vigili, dopo una
giornata massacrante, si scambiano poche battute: "Hai visto quelli...
hanno messo gli autobus di traverso e hanno bloccato tutto!" "Altro
che noi, che facciamo sempre finta. Se vuoi ottenere qualcosa bisogna fare così!"
E' la migliore sintesi dell'ondata di lotte che si è verificata nel mese di
dicembre, soprattutto perché esprime il significato che queste lotte hanno
assunto nella percezione di vasti settori di proletari italiani. Ammaestrati
anche dall'esempio di Scanzano Jonico, dove la lotta "selvaggia" ha
prodotto per la prima volta in due anni il ritiro di un provvedimento
governativo, gli autoferrotranvieri sono i primi che hanno dimostrato di aver
imparato la lezione. E del resto proprio questo è il pericolo da cui ha messo
in guardia il presidente della Commissione di Garanzia Martone: "Molti
lavoratori potrebbero pensare che per ottenere qualcosa si debbano rompere le
regole."
Lo stesso pericolo che il 20 dicembre ha spinto la trimurti Epifani, Pezzotta,
Angeletti a chiudere uno degli accordi più odiosi firmati negli
ultimi anni dal sindacato. Anche il più moderato degli autisti ha capito la
sproporzione tra la forza che i lavoratori sono riusciti a mettere in campo a
sostegno dei propri diritti e quanto "ottenuto" al tavolo di
trattativa. E del resto le dichiarazioni di Epifani subito dopo la firma sono
chiare: "Abbiamo chiuso l'accordo per evitare che la situazione
degenerasse" è stato il messaggio lanciato al padronato italiano. Il
problema della burocrazia sindacale è che non tutto ha funzionato a dovere. In
alcune città, come Roma, lo sciopero è iniziato proprio dopo la stipula
dell'accordo del 20 e l'apice delle agitazioni si è avuto il 21 e il 22. Al
momento in cui scriviamo la firma del contratto a Milano rischia di
"rompere il fronte" e compromettere la vertenza nazionale, ma potrebbe
anche incoraggiare la ripresa degli scioperi in altre grandi città.
Il Partito Bipartisan dell'Ordine
Come spesso accade, quando le direzioni politico-sindacali non sono all'altezza
dei propri compiti (o viceversa lo sono anche troppo) i
lavoratori devono decidere da soli quali siano le forme più adatte a difendere
i propri diritti. Lo hanno fatto a suon di scioperi spontanei e
proclamati - si badi - ad oltranza. Il fatto che poi questi scioperi siano
durati al più 48 ore e che si siano svolti a scacchiera è il prodotto
dell'estrema difficoltà delle condizioni oggettive e della mancanza di una
direzione politico-sindacale adeguata: sarebbe stato compito della sinistra
appoggiare gli scioperi, cercare di generalizzarli e di promuovere forme di
organizzazione e di autodecisione nel movimento. In ogni caso i lavoratori hanno
espresso con chiarezza la loro presa di coscienza politica: rompere le regole
appunto, anche a costo di rischiare multe e denunce. La campagna di
criminalizzazione che si è cercato di costruire ai danni dei lavoratori ha
avuto successo per qualche giorno, ma alla lunga non ha retto. Nonostante la
grancassa fornita da giornali e televisioni non si è riusciti a nascondere un
crescente sentimento di solidarietà della gente nei confronti degli
scioperanti. Il fatto che alcune associazioni dei consumatori, dopo aver
lanciato anatemi contro gli autisti, abbiano improv-visamente fatto dietro
front, abbozzando addirittura l'idea di uno sciopero del biglietto, anche a
sostegno della lotta, è indicativo del clima che si respirava attorno alla
lotta.
La posizione dei partiti politici ha ricalcato sostanzialmente, forse anche con
qualche peggioramento, gli schieramenti del referendum sull'articolo 18: tutti
contro i lavoratori, da Fini a Fassino, con la sola eccezione del Prc e di
qualche pezzo di "sinistra d'alternativa". Il Governo ha cercato di
cavalcare il malcontento degli utenti e di destreggiarsi nell'uso del bastone e
della carota verso gli autisti. I futuri alleati del Prc, Fassino e Rutelli,
hanno dato il meglio di sé, l'uno sponsorizzando pateticamente i bottegai,
infuriati con gli scioperanti perché avevano venduto meno panettoni, l'altro
arruolando 100.000 autoferro-tranvieri in Al Qaida con l'insinuazione, neanche
troppo velata, che gli scioperi selvaggi favoriscono il terrorismo. Destra e
sinistra hanno di fatto sostenuto l'ondata di interviste spot a giovani puerpere
al settimo mese cariche di borse della spesa e abbandonate dagli infidi
tranvieri al loro destino nelle periferie di Milano. Cgil-Cisl-Uil hanno tratto,
sia pure con qualche imbarazzo, le dovute conseguenze. L'atto di nascita
ufficiale del Pbo (Partito Bipartisan
dell'Ordine) può datare dicembre 2003. Qualche parola va spesa anche sul
sindacalismo extraconfederale. Gli autonomi della Faisa-Cisal, tradizionalmente
moderati, si sono visti costretti a dimissionare il proprio segretario nazionale
e a fargli ritirare la firma dall'accordo sottoscritto insieme ai Confederali e
all'Ugl: anche questo è un segno della difficoltà che le burocrazie, hanno nel
contenere l'insofferenza della base. Cub e Slai Cobas hanno dato un contributo
importante allo sviluppo degli scioperi, spesso però in un'ottica tutta
autocentrata e che mette la polemica anticonfederale, pur condivisibile, davanti
agli interessi reali dei lavoratori. Lo sciopero nazionale del 9 gennaio - ad
esempio - mi è sembrato più un modo per fare una conta piuttosto che per
costruire un proseguimento della vertenza utile ai diretti
interessati.
Conflitto o referendum?
Al Prc va dato atto di aver appoggiato dall'inizio le agitazioni. La copertina
di Liberazione del 2 dicembre, col titolo "Hanno ragione loro!",
ha lanciato un segnale chiaro. Ma è altrettanto chiaro che gli imbarazzi nei
confronti dei futuri alleati di governo (e ancor più nei confronti delle loro
controparti sociali) non potevano non avere delle ricadute. E infatti il
Partito, invece di promuovere la generalizzazione degli scioperi e la nascita di
un coordinamento dei delegati delle realtà in lotta, ha lanciato la parola
d'ordine del referendum, corretta, in astratto, ma inadeguata alla situazione in
corso. Per usare una metafora, rimanendo nel campo del trasporto, direi che
quando si ha a disposizione un autobus è sciocco usare la bicicletta. E finché
erano in piedi le lotte quelle bisognava sostenere.
Il referendum, nel modo e nei tempi in cui è stato proposto, ha rappresentato
un modo per cercare di istituzionalizzare lo scontro. Ma allora perché
riempirsi continuamente la bocca di paroloni come antagonismo e conflitto
sociale? Ancora una volta tra l'altro è mancata una sponda politica a quei
compagni del Prc che magari, con un sostegno esterno, avrebbero potuto porre la
questione anche in Cgil. E nei casi in cui ciò è stato fatto la cosa è stata
fatta passare in sordina (ad esempio a Genova, dove gli autisti hanno votato
compatti una breve mozione che diceva in sostanza: "Noi il referendum
l'abbiamo già fatto, scioperando" e sostenuto pubblicamente l'appello
Manganaro-Grisolia per lo sciopero prolungato).
Dicevamo prima delle interviste choc a poveri utenti rimasti a piedi per
"colpa" degli scioperanti. Naturalmente i direttori dei Tg nazionali
in questi anni si sono dimenticati di far intervistare i poveri utenti rimasti a
piedi, non per un giorno ma per sempre, in seguito ai tagli delle corse e alle
riduzioni del servizio decise in tutta Italia da giunte di centrodestra come di
centrosinistra. Anche su questo il Prc dovrebbe fare un esamino di coscienza. A
Genova ad esempio i lavoratori hanno ricordato al Sindaco, piombato in una
rimessa per portare loro la sua solidarietà pelosa, che il problema non era
solo il contratto ma anche il piano di smembramento e privatizzazione di Amt,
che mette in discussione contratti, livelli occupazionali, tariffe, sicurezza e
qualità del servizio. Proprio nei giorni in cui questo numero di Progetto
Comunista andrà in stampa Pericu chiederà alla sua maggioranza, Prc incluso,
di dare il via libera al suo progetto. A me personalmente la questione è stata
posta nel corso di un'assemblea con circa un centinaio di autisti in una rimessa
genovese: cosa farà il Prc?
Il nostro intervento
Infine credo sia utile e doveroso tracciare un bilancio anche dell'intervento di
Progetto Comunista. Da un anno e mezzo sosteniamo la parola d'ordine dello
sciopero prolungato. Molti profeti del "buon sano realismo" ci hanno
risposto che è il solito estremismo verbale, spiegandoci che i lavoratori sono
arretrati e che bisogna essere "realisti". Quando abbiamo ricordato
che lo sciopero prolungato è stato fatto recentemente in altri paesi hanno
usato tutto il loro zelo pedagogico per spiegarci che in Italia è tutto
diverso. Come spiegheranno adesso la decisione assunta in numerose città di
proclamare gli scioperi a oltranza? Radio 24, organo radiofonico di
Confindustria e naturalmente attento osservatore della lotta di classe in
Italia, poche ore dopo la proclamazione dello sciopero a oltranza a Genova ha
intervistato Marco Ferrando, riconoscendoci in qualche modo di essere più
"realisti" della maggioranza Prc in merito a quanto circola nelle
teste dei lavoratori.A parte ciò l'esperienza diretta di intervento e contatto
con le realtà in lotta è stata interessante e articolata nelle varie città
italiane in cui ci siamo attivati. I lavoratori hanno apprezzato il nostro
sostegno alla loro vertenza, e a partire dalla questione delle privatizzazioni
ci hanno posto delle domande, spesso critiche, sulle contrad-dizioni del
rapporto tra Prc e Centrosinistra, chiedendoci le nostre posizioni in merito e
sollecitandoci a tenerci in contatto.
Già immagino che qualcuno ci accuserà di aver lavorato per noi stessi. contro
il Partito. Un solo esempio per smentirli. Il Manifesto e alcune testate locali
hanno pubblicato la notizia che il Prc avrebbe lanciato una cassa nazionale di
resistenza quando fossero piovute le prime multe sugli scioperanti.
L'iniziativa, nostra, era stata attribuita dall'Ansa alla Segreteria Nazionale.
Quindi non solo non abbiamo lavorato contro il Partito, ma gli abbiamo anche
fatto fare bella figura!
15 gennaio 2004