La
scuola-azienda di Moratti e Berlinguer
Intervista
a Roberto Spagnolo, dell’Esecutivo Nazionale Confederale Cobas
di
Fabiana Stefanoni
La
controriforma Moratti per gli studenti significa anzitutto un passo avanti nello
smantellamento dei già pochi diritti: aumenti delle tasse, tagli alle strutture
e alle borse di studio, prestazioni lavorative gratuite camuffate da “stages”.
Quali sono gli effetti della politica di tagli del governo Berlusconi per i
lavoratori della scuola?
Definire
la Legge n° 53/03 “la controriforma Moratti” ha un significato importante
per diverse ragioni. Si ristabilisce il significato delle parole: è una legge
che va contro le aspettative di riforma, vale a dire modifiche strutturali
progressive, che il mondo della scuola, sull’ascesa delle lotte del movimento
operaio fin dagli anni ’70, aveva elaborato: a) innalzamento dell’obbligo
scolastico –non formativo!- fino a 18 anni; b) istituzione di un biennio unico
della scuola superiore come superamento tendenziale del canale della formazione
e premessa al miglioramento del raccordo tra scuola elementare, media e
superiore; c) ruolo unico docente in ogni ordine di scuola: dall’infanzia alle
superiori.
Con la
specifica “Moratti” si indica a larghi settori popolari che la controriforma
Moratti è l’altra faccia di un disegno partorito con la collaborazione del
predecessore più importante al ministero: Berlinguer. Rappresenta una legge
“cornice”, anziché quadro, entro la quale la ministra Moratti ha delega per
smantellare l’intero ordinamento della scuola come l’abbiamo finora
conosciuta.
Per
meglio innestare questa devastazione l’attuale governo Berlusconi, attraverso
le leggi finanziarie, procede con tagli alle risorse per la scuola statale a
fronte di incrementi sempre più cospicui alla scuola privata essenzialmente
confessionale e con la riduzione del personale della scuola, sia docente,
attraverso la saturazione dell’orario di lezione frontale, sia non docente:
inserimento delle cooperative private a sostituzione dei collaboratori
scolastici e non adeguamento del personale tecnico- amministrativo ai maggiori
carichi di lavoro assegnati alle scuole dall’autonomia.
Quali
credi siano le differenze principali rispetto alle precedenti politiche dei
governi di Centro-Sinistra? anche i lavoratori, come gli studenti, riscontrano
una sostanziale continuità?
È
difficile, ad un’analisi di classe, individuare differenze sostanziali tra
l’attuale politica del governo Berlusconi e quella dei governi di
Centro-Sinistra.
Quale
responsabilità ha, nell’attuale politica di incentivi alla scuola privata, la
legge di parità varata dal ministro Berlinguer? Come non vedere la continuità
tra il disegno di Riforma dei Cicli di Berlinguer che voleva rimodulare la
scuola elementare e la riforma Moratti che prevede la scomparsa del tempo pieno
nelle elementari e quello prolungato nelle medie, conquiste di lotte generose
dei lavoratori degli anni ’70?
Come non
vedere che lo strumento cardine della spinta aziendalistica, imposta alla scuola
dalla politica del Centro-Destra, altro non è che l’autonomia degli istituti
scolastici introdotta dalla famigerata legge Bassanini (art. 21 L. 59/’97),
che, invece di rispondere alla ricchezza di sperimentazione
didattico-organizzativa del mondo della scuola, inoculò il virus dell’aziendalizzazione
e quindi della gerarchizzazione? Infine, come non ricordare che la modifica del
capitolo V della Costituzione, portato a compimento dal governo D’Alema, apre
le porte alla frantumazione regionalista del sistema scolastico così cara alla
componente leghista?
I
lavoratori della scuola hanno consapevolezza della di queste continuità? Non è
semplice rispondere. I lavoratori, i docenti soprattutto, hanno acquisito, negli
ultimi dieci anni, sempre più consapevolezza della loro progressiva
proletarizzazione, hanno misurato quanto il potere d’acquisto dei loro salari
si sia adeguato al loro prestigio sociale azzerato. Questo da solo purtroppo non
produce coscienza di classe e quindi organizzazione e lotta. Ne è la riprova
l’arretramento nelle elezioni delle RSU dei Cobas Scuola nonostante siano
stati la più conseguente opposizione alle politiche di devastazione della
scuola del Centro-Sinistra e del Centro-Destra. Al contrario la tenuta nel voto
delle burocrazie confederali è stata netta. La Cgil è cresciuta pur non avendo
smentito nessuna delle sue precedenti scelte.
Il
29 novembre Cgil-Cisl-Uil hanno indetto una manifestazione a difesa della scuola
pubblica, cui i dirigenti di maggioranza di Prc e Giovani Comunisti hanno
aderito in un ottica unitaria. Eppure le burocrazie sindacali si limitavano a
rivendicare “maggiori finanziamenti”, senza mettere in discussione
l’intervento dei privati nella scuola pubblica e i finanziamenti alle scuole
confessionali. Come credi si spieghi l’atteggiamento subalterno della
maggioranza dirigente del nostro partito?
La
manifestazione del 29 indetta dai confederali è stata un chiaro monito delle
burocrazie sindacali al mondo della scuola per affondare la costruzione di una
larga opposizione dal basso contro la soppressione del tempo pieno della riforma
Moratti, che generosamente si era concretizzata nella manifestazione del 26
settembre, dopo la secca bocciatura della sperimentazione della riforma degli
insegnanti in tutti i collegi docenti e l’opposizione dei coordinamenti dei
genitori. Proprio contro quel percorso e contro quelle ragioni, che si sono
concentrate nella manifestazione di Bologna, è stata costruita dalle burocrazie
confederali la manifestazione di Roma. Non è secondario l’effetto
“vetrina” in prossimità delle elezioni Rsu. Ne è la prova lampante la loro
piattaforma: è assente completamente la denuncia della controriforma Moratti,
non appaiono mai persino i termini “ riforma” e “Moratti”!
La
maggioranza dirigente del Prc cosa fa? Decide di aderire unicamente
alla manifestazione di Roma contro la gran parte dei suoi militanti attivi che
indicavano Bologna e la sua piattaforma come innesco della lotta coerente contro
la riforma Moratti. Persino Verdi e Lega ambiente si rendono conto che è
controproducente andare contro le ragioni della manifestazione di Bologna.
È
naturale pensare che l’”ottica” unitaria della dirigenza del partito
permette di vedere lontano nel futuro, per esempio fino agli accordi elettorali
di governo con il Centro-Sinistra!
D’Alema
ha recentemente annunciato che un futuro governo di Centro-Sinistra non metterà
in discussione la “riforma” Moratti nel suo complesso. Il fatto che il Prc
annunci l’accordo di governo con l’Ulivo per la prossima legislatura
compromette fin d’ora la credibilità del nostro partito quale referente per i
lavoratori della scuola?
Infatti
la dirigenza del Prc vede così bene le linee di convergenza future che ha colto
nitidamente il pensiero inconfessato di D’Alema: “…la riforma Moratti
realizza quanto noi del Centro-Sinistra avevamo pianificato, magari con qualche
eccesso, ma sicuramente in accordo con quanto gli ambienti confindustriali ci
avevano chiesto: obbligo formativo
da svolgersi in alternanza scuola-lavoro e relativi finanziamenti pubblici alle
aziende; rompere la rigidità dei lavoratori della scuola con l’introduzione
della carriera e la conseguente gerarchizzazione; annullare il valore legale del
diploma superiore…”.
Inutile
dire che il la maggioranza del partito ha svolto un ruolo paradossalmente
opposto a quello che le ragioni del suo dirsi comunista imporrebbero o
l’opportunità di un coerente radicamento consiglierebbero, disarmando le
lotte che generosamente si costruiscono.
Credi
sia importante che ci siano mobilitazioni comuni di studenti e lavoratori della
scuola? quali sono secondo te le rivendicazioni in grado di coniugare le nostre
lotte a una reale prospettiva anticapitalistica?
Oggi
la lotta contro il tempo pieno e il tempo prolungato risulta centrale per
mobilitare vasti settori popolari, soprattutto del Centro-nord, spaventati dalla
riduzione del tempo scuola gratuito, ma è anche un elemento di forte frizione
per gli insegnanti che vedono, oltre ad un sostanziale arretramento sul piano
didattico-padagogico -anche con la figura dell’insegnante prevalente-, una
concreta minaccia al proprio posto di lavoro.