"REDDITO DI CITTADINANZA" IN
CAMPANIA: ALTRO CHE "GRANDE CONQUISTA"!
Trovate di seguito una nota scritta dal compagno
Valerio Torre, dirigente campano di Progetto Comunista, sul "reddito di
cittadinanza" approvato di recente dalla giunta Bassolino in Campania e
presentato dal gruppo dirigente nazionale del Prc come una "grande
conquista" che confermerebbe la possibilità di spostare a sinistra
l'asse delle politiche del centrosinistra e quindi legittimerebbe gli accordi
di governo locali e, indirettamente, quello nazionale che si sta preparando.
Come il compagno Torre dimostra nel suo testo, invece, non si tratta di una
"grande conquista" ma piuttosto di una misura di carattere in realtà
regressivo. Il gruppo dirigente di maggioranza, nell'affannosa ricerca di una
foglia di fico per coprire la vergogna di un accordo con l'Ulivo
sempre più ingiustificabile -sottolineiamo, da ultimo, la non partecipazione
al voto della maggioranza ulivista (Triciclo) sul rifinanziamento della
missione imperialista in Irak- si appiglia disperatamente a
"conquiste" come quella campana. Sta a noi dimostrare che non vi
sono eccezioni: il programma di governo dell'Ulivo, ad ogni livello, è
impermeabile alle ragioni di classe dei lavoratori: perché è dettato dagli
interessi delle grandi famiglie del capitalismo italiano e dagli interessi dei
banchieri, incarnati da Romano Prodi.
Buona lettura, saluti comunisti,
Francesco Ricci
REDDITO DI CITTADINANZA IN CAMPANIA:
ALTRO CHE GRANDE CONQUISTA!
di Valerio Torre
Se - poverini - non fossero stretti nella ben triste
alternativa di essere macellati per finire sulle nostre tavole od abbattuti
per il timore dell'influenza aviaria, quella del "reddito di
cittadinanza", istituito con legge del 27 gennaio scorso dalla regione
Campania, sarebbe una vicenda da far ridere anche loro, i polli.
Si tratta, com'è noto, di una misura in favore dei nuclei familiari con
reddito inferiore ai cinquemila euro annui, consistente nell'erogazione di un
assegno fino a Euro 350 per famiglia, oltre ad un pacchetto di interventi
aggiuntivi in materia di inserimento scolastico e formativo dei singoli
componenti: e tutto ciò solo per i prossimi tre anni, durante i quali si
stima che circa ventimila nuclei familiari beneficeranno della provvidenza
licenziata dal Consiglio regionale una volta che sarà stato approvato il
regolamento d'attuazione ed i Comuni avranno iniziato a vagliare le domande.
La grancassa del gruppo dirigente di maggioranza del Prc ha da subito iniziato
a far sentire i suoi trionfali colpi: Bertinotti in persona e tutto il suo
stato maggiore hanno parlato di "esempio per le opposizioni" e,
addirittura, di "una cosa di sinistra" dal sapore morettiano.
È invece necessario contrapporre a questa campagna mediatica una fredda e
lucida analisi demistificatoria, che metta a nudo lo scheletro dello
scandaloso percorso di ricomposizione negoziale fra l'Ulivo e Rifondazione in
vista del futuro governo nazionale, di cui - in tutta evidenza - il reddito di
cittadinanza costituisce un fondamentale tassello: basti solo considerare che
subito dopo il voto del provvedimento, il primo atto di Bassolino, il
mallevadore della svolta governista del Prc, è consistito in una telefonata a
Bertinotti per esprimergli soddisfazione. E quest'ultimo ha dichiarato alla
stampa: "ci vedremo presto a cena per festeggiare".
In effetti, di motivi per festeggiare il segretario di Rifondazione ne ha
parecchi. La legge, su cui ha tanto investito per potere imbastire le prossime
campagne elettorali rivendicando il merito di avere "spostato a sinistra
l'asse dell'Ulivo", ha corso il rischio di essere impallinata proprio dai
tre consiglieri regionali comunisti, i quali avevano pubblicamente dichiarato
di non essere intenzionati a votare un provvedimento che era stato tanto
snaturato, rispetto all'originaria formulazione, da essere addirittura assunto
come proprio dal gruppo di A.N., che infatti lo ha approvato in Consiglio.
L'articolato del disegno di legge, che prevedeva l'erogazione dei benefici ai
singoli disoccupati, nel corso dei lavori in commissione si è trasformato
fino a disciplinare, al contrario, l'assegnazione delle provvidenze ai nuclei
familiari complessivamente intesi, dei quali possono evidentemente far parte
(anzi, è la regola in una regione come la Campania) più disoccupati: con la
qual cosa, oltre all'ovvia conseguenza del risparmio finanziario per l'ente,
viene affermato il principio - caro alla destra ed alla sua logica familistica,
che infatti ha spinto molto per introdurlo senza che il centrosinistra
opponesse la benché minima resistenza - delle agevolazioni in favore della
famiglia.
Per scongiurare l'eventualità che la legge non passasse proprio per
l'ostruzionismo dei tre consiglieri, il Prc ha sostanzialmente imposto loro un
voto favorevole sottoponendoli a forti pressioni, culminate in una telefonata
personale dello stesso Bertinotti: ed i consiglieri hanno votato
favorevolmente ma con dichiarazione di voto critica, paragonando nei loro
interventi in aula il reddito di cittadinanza alle abolite provvidenze
"ex E.C.A.".
Tuttavia, l'iter del provvedimento è stato burrascoso anche per
responsabilità dello stesso gruppo dirigente regionale di maggioranza ed in
particolare del segretario regionale, Vito Nocera, che della linea subalterna
del partito in seno alla coalizione è l'alfiere più illustre.
Fu proprio il segretario regionale, infatti, a dare il placet del
partito a Bassolino quando questi, per far fronte allo spaventoso buco nel
bilancio della sanità regionale, pensò bene di distrarre - con il voto
favorevole in giunta dell'assessore all'agricoltura del Prc, Vincenzo Aita! -
lo stanziamento di 73 milioni di euro destinati, appunto, alla legge sul
reddito di cittadinanza allora in discussione (ottobre 2003). Fu lo stesso
segretario regionale - che oggi, dalle pagine di Liberazione,
commenta con entusiasmo pari all'ipocrisia: "una cosa di sinistra ...
un fatto che ha un rilievo politico straordinario, un provvedimento senza
precedenti che abbiamo realizzato con la tenacia nostra e il rapporto con i
movimenti" - a tentare di bloccare le iniziative dei tre consiglieri
in seno all'assemblea mettendo loro la mordacchia ed osteggiando pubblicamente
la loro azione, tesa ad impedire lo "scippo" dei fondi. E se oggi
quella legge è stata approvata non lo si deve certo alla "tenacia"
di Vito Nocera od all'azione dei "movimenti" (che, anzi, in quanto
portatori della ben diversa rivendicazione del "salario garantito",
sono assolutamente critici rispetto alla complessiva politica del Prc in seno
alla maggioranza), bensì ad un ordine del giorno, sottoscritto dai capigruppo
dei partiti dell'Ulivo, che, per scongiurare complicazioni probabilmente
irreparabili per gli equilibri nella maggioranza, impegnava la Giunta a
rifinanziare la posta di bilancio: dunque, una soluzione politicista del tutto
sganciata da ogni iniziativa di movimento - e non già l'azione di questi o la
"tenacia" del partito - è alla base del varo di una legge che non
ha affatto incrociato le istanze sociali dei movimenti di lotta.
Ora si tratta di smascherare l'operazione a tenaglia condotta con grande
dispiego di mezzi da Bassolino, da un lato, e da Bertinotti, dall'altro: il
primo, proponendosi come trait d'union fra l'Ulivo e Rifondazione; ed il
secondo, traghettando quell'area sensibile alle tematiche della precarietà e
del "reddito", che va dalle più ampie e meno radicalizzate fasce
del movimento ai settori dell'antagonismo sociale, verso un centrosinistra con
cui non è in naturale consonanza.
E quale migliore moneta di scambio, se non quella del reddito di cittadinanza?
Si tratta di una moneta con cui Bassolino, candidandosi a garante della lealtà
del Prc in una futura coalizione di governo borghese, si accredita sempre di
più come possibile vice-premier in ticket con Prodi, come anima
"sociale" del prossimo governo dei banchieri e dei tecnocrati;
governo nel quale, d'altro canto, Bertinotti porta in dote un partito non più
riottoso e depurato, grazie all'opera di revisionismo compiuta su Liberazione,
di tutta la "paccottiglia" novecentesca: un partito ammansito dalla
concessione di una misura illusoria che, volutamente sovrapponendosi all'idea
del reddito garantito, punta verso un sottoproletariato individuato come
possibile serbatoio di voti; un partito, insomma, che potrà placare la
propria ansia governista definitivamente candidandosi a fungere da copertura
"di sinistra" delle politiche padronali del Prodi-bis assumendo un
ruolo di contenimento della pressione di massa.
Dunque, il reddito di cittadinanza, in quest'ottica, si configura non come
strumento di inclusione, come conquista e riappropriazione da parte delle
classi disagiate in contrapposizione antagonista al soverchiante potere di
esclusione del capitale, ma addirittura come reddito minimo di sussistenza,
come misura di regolazione interna al capitale stesso e, quindi, di
perpetuazione dell'esclusione.
Eppure, Bassolino, confidando sull'impatto mediatico della legge ora
approvata, l'ha definita "un'idea di nuovo e moderno welfare",
contrapponendola alle politiche di distruzione dello stato sociale messe in
atto dalla destra. Il fatto che poi egli consideri (il Riformista,
10/2/2004) "la flessibilità come una conquista importante e una
frontiera irrinunciabile per favorire l'accesso, soprattutto dei più giovani,
nel mercato del lavoro" e ritenga la legge Biagi una riforma che
"nei fatti frantuma e sminuzza gli strumenti di flessibilità che più
si erano rivelati interessanti" rende sin troppo chiaro quale sia il
welfare che ha in mente: tutto infarcito, appunto, di abbondanti dosi di
flessibilità in entrata ed in uscita. E, quando non è più possibile per le
più varie ragioni ricollocare il lavoratore spremuto e sfruttato, il piatto
viene guarnito con l'assistenza caritatevole (per favore, non chiamatelo
assistenzialismo, chiosa Bassolino) del reddito di cittadinanza.
In questo quadro, Rifondazione si candida a recitare il ruolo di copertura di
sinistra di tali politiche liberali, come in altre occasioni è già accaduto
(ad esempio, con il voto favorevole espresso, durante il governo Prodi, al
"pacchetto Treu", propagandato poi, sulle pagine di Liberazione
dell'epoca, come "la sconfitta del lavoro interinale").
Perché scandalizzarsi tanto, in fondo? Un paio di ministri e qualche
sottosegretario nel futuro governo borghese e, voilà: il nuovo
comunismo liberale del XXI secolo è realtà!
18/2/2004