Per
un’Università laica, gratuita e di massa
La
lotta di Progetto Comunista all’Università La Sapienza di Roma
di
Francesco Fioravanti e Tiziano Latini
La
Sapienza di Roma, l’Università pubblica più grande d’Europa, ha
rappresentato per decenni un centro di vitale importanza politico-culturale,
dando spesso il via alle numerose lotte che si sono poi diffuse nel resto del
paese. Dopo l’oblio degli anni ‘80, La Sapienza ha conosciuto un breve ma
intenso risveglio nei primi anni dello scorso decennio, grazie al movimento
della Pantera, a cui però è nuovamente seguito un periodo di stallo politico
che non ha consentito di rispondere, con la dovuta forza, ai pesanti attacchi
che l’istruzione universitaria stava subendo.
Solo
recentemente la situazione ha cominciato a modificarsi, dapprima quando gli
improvvisi e pesanti aumenti delle tasse universitarie hanno trovato il
contrasto di un movimento numericamente forte, ma incapace di contrastare
efficacemente il disegno di un’Università sempre più classista che i governi
di Centro-Sinistra portavano avanti. Poi lo scoppio della Guerra in Iraq la
scorsa primavera ha visto affacciarsi sulla scena un vasto movimento
d’opposizione, dalle enormi potenzialità, il quale, però, non è riuscito a
incidere realmente: in parte perché le dirigenze (disobbedienti anzitutto) di
questo sono state incapaci -per evidenti limiti di analisi teorica e per la
mancanza di volontà politica- di creare un’opposizione che fosse realmente in
grado di contrastare efficacemente l’azione di guerra intrapresa dalle potenze
imperialiste; in parte perché la situazione politica esterna non era certamente
favorevole, viste le deboli piattaforme con cui soggetti come il movimento no-global,
la Cgil, la stessa maggioranza del Prc hanno risposto alla guerra imperialista
condotta dall’asse anglo-americano coadiuvato dai suoi fedeli scagnozzi
(imperialismo italiano in primis).
La
situazione attuale vede un livello di politicizzazione sempre alto, ma che non
riesce a trovare una corrispondenza nelle strutture esistenti. Si ripresenta,
quindi, il problema dell’incapacità di concretizzare le potenzialità
espresse dagli studenti nelle recenti lotte. Un ruolo di freno a un’azione
politica che vada in senso anticapitalistico e rivoluzionario è svolta dal
coordinamento dei collettivi della Sapienza, che vive di un codismo dannoso nei
confronti dei gruppi disobbedienti, i quali, in alcune facoltà, sono riusciti
ad acquisire una discreta forza con l’esplodere del movimento no-global.
Ancora
una volta, infatti, l’analisi teorica e la conseguente azione pratica
marxista, che dovrebbero essere bagaglio essenziale per ogni movimento che si
pone l’obiettivo di modificare lo stato di cose esistenti, vengono glissate in
nome di teorie “nuoviste” e “presunte radicali”, che nei fatti servono
solamente a nascondere l’incapacità e l’opportunismo tipiche dei
riformisti. Tutto questo è accompagnato da un’azione politica superficiale,
di facciata, che lascia troppo spazio a leaderismi di breve durata, con il
risultato di non far minimamente aumentare la coscienza politica di quei ragazzi
che spontaneamente si affacciano alla vita politica nell’Università, per di
più non riuscendo minimamente a raggiungere nemmeno quegli obiettivi immediati
che rappresenterebbero un’iniezione di fiducia importante in vista di un salto
di qualità delle lotte stesse.
Tutto
questo avviene in un momento cruciale per il sistema universitario in Italia, in
cui la riforma Moratti-De Maio peggiorerà ancor di più -se di peggioramento si
può parlare dopo la devastante riforma Zecchino voluta dal Centro-Sinistra (a
dimostrazione ulteriore della natura antipopolare di questa forza politica con
la quale la maggioranza di Rifondazione Comunista vorrebbe sedere al governo per
la prossima legislatura, ma questo è un altro discorso…)- la condizione degli
studenti, dei lavoratori dell’Università, dei professori stessi:
un’ulteriore tassello al disegno di ristrutturazione dell’istruzione in
senso classista ed elitario che i governi borghesi hanno portato avanti
nell’ultimo decennio.
Per
questo è necessario contrastare ora e subito il senso di smarrimento che
attraversa gli studenti, ormai stanchi di riportare solo sconfitte o vittorie di
Pirro. L’alternativa non può essere rappresentata da gruppi intrisi di logica
centrista e settaria come quello di Lotta Comunista, che con il loro agire
politico non fanno compiere nessun salto di qualità nello sviluppo di una
coscienza rivoluzionaria, che sappia indicare l’importanza degli obiettivi
immediati, ma che sia in grado di legare la lotta per questi ad un progetto di
trasformazione reale della società: trasformazione che, a prescindere da quanto
dicono i nostri cari riformisti nelle loro varie salse, per noi continua a
chiamarsi socialismo.