Legge
30
di
Riccardo Bocchese
Oltre
40 tipologie di rapporto di lavoro. "Lavoro a chiamata" (con
retribuzione solo per il lavoro svolto più un’eventuale indennità di
disponibilità), "apprendistato" (fino a sei anni! con un
inquadramento di due livelli inferiore a quello spettante), "contratto
d’inserimento" (dai 9 ai 18 mesi, inquadramento di due livelli inferiori
e nessun obbligo per l’azienda di assunzione se questa vuole ricorrere allo
stesso contratto), "lavoro ripartito" (due persone per uno stesso
lavoro e se uno si dimette o viene licenziato perde il posto anche l’altro),
"lavoro occasionale" per disoccupati, casalinghe, immigrati, studenti
e pensionati (chi lo vorrà potrà acquistare in tabaccheria buoni da 7,50 Euro
ma al lavoratore rimarranno solo 5.80 Euro) e così via…
Hanno
trasformato il lavoro in un "mercato". Un mercato dove la merce è
proprio il lavoro. Una nuova possibilità quindi di sfruttamento e di guadagno,
per le "agenzie per il lavoro" e per altri soggetti poco
raccomandabili che saranno autorizzati all’attività di intermediazione quali
le associazioni dei datori di lavoro; le associazioni del "prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative che siano firmatarie di contratti
collettivi nazionali di lavoro", ecc.
E’
in vigore, dallo scorso 24 ottobre 2003, il decreto legislativo 276 del 10/9/03
che attua le deleghe in "materia di occupazione e mercato
del lavoro" previste dalla Legge 30 (legge delega al governo del 14
febbraio 2003).
“L’Italia
avrà il mercato del lavoro più flessibile d’Europa e così si incrementerà
l’occupazione” ha detto il governo. Pubblicizzata anche in televisione come
una legge che aumenterà l’occupazione e l’occupabilità in caso di perdita
del lavoro, di fatto la Legge 30 regala alle aziende flessibilità e costi di
manodopera più bassi permettendo loro di affittare, vendere, cedere, comprare
lavoro al prezzo più favorevole.
Per
i lavoratori e le lavoratrici invece questa legge significa precarietà,
flessibilità, meno diritti, meno tutele; significa lavoratori più soli e più
deboli.
Con
tutti questi tipi di contratti il risultato sarà una divisione sempre maggiore
tra i lavoratori.
Ma
ci sarà anche la possibilità di un luogo di lavoro che funziona in gran parte
senza lavoratori propri. Questi verranno comandati e organizzati dalle agenzie o
dagli appaltatori, senza avere la possibilità di diventare dipendenti
dell’azienda per cui veramente lavorano.
I
diritti sono studiati per i padroni, che potranno trasferire un’impresa o un
ramo di essa all’infinito indipendentemente da esigenze produttive o da
autonomia funzionale. Con la libertà per le imprese di esternalizzare pezzi di
produzione si apre di fatto la possibilità di allontanare i lavoratori non
graditi rendendo di fatto inefficace l’articolo 18.
Come
si è arrivati alla legge 30?
Il
3 ottobre 2001 il governo ha presentato il suo "manifesto": il
"Libro Bianco per il lavoro", libro al quale partecipa il consulente
del ministro Maroni, Marco Biagi (1), assassinato nel marzo del 2002. Il libro
presenta un nuovo modello sociale dove il Lavoro è totalmente subordinato alle
necessità dell’impresa e del mercato. Non a caso raccoglie le sollecitazioni
provenienti da Confindustria. Ecco alcuni passi che si commentano da soli:
"Esiste
in Italia un problema di deficit culturale: i dipendenti si sentono estranei ad
un coinvolgimento nell’impresa in cui sono occupati. Il lavoratore assai più
che un semplice titolare di un “rapporto di lavoro” deve sentirsi un
collaboratore all’interno di un ciclo".
"Occorre
continuare ad accrescere la flessibilità eliminando quegli ostacoli normativi
che ancora rendono complicato l’utilizzo delle tipologie contrattuali
flessibili"
"Nell’ambito
della nozione di ‘raffreddamento’ del conflitto occorrono decisioni più
coraggiose sulla “rarefazione oggettiva” (adeguati intervalli tra uno
sciopero e l’altro) e l’istituzione del referendum come condizione per la
legittima proclamazione dello sciopero. Si possono sperimentare forme di
sciopero virtuale e/o solidale, che non produca la sospensione o
l’interruzione del pubblico servizio ma la devoluzione del corrispondente
sacrificio economico ad un fondo gestito bilateralmente dai lavoratori e
dall’Azienda".
E
il Prc?
Con
quest’unica frase è stato liquidato l’argomento. Come se il problema fosse
soltanto la moltiplicazione della precarietà. La precarietà esistente,
prodotta e promossa da tutti questi partiti di centrosinistra, non viene messa
in discussione. Del resto sarebbe difficile smentire la lunga serie di
provvedimenti che partono ancora dal 1996 con il “Patto per il Lavoro” tra
Sindacati, Associazioni padronali e governo, (Patto che toglie le "rigidità"
in materia di prestazione temporanea, introduce la flessibilità degli orari e
introduce nuovi impegni in favore dell’impresa) e nel 1997, con il
"Pacchetto Treu" col quale vengono normati il lavoro temporaneo e
interinale.
E
nel documento del centrosinistra e Rifondazione non si legge come obiettivo
l’eliminazione della precarietà né si annuncia l’eventuale cancellazione
di questa e di tutte le altre leggi che hanno portato a queste forme di lavoro
iperflessibili e precarie. Del resto i consulenti ispiratori del Libro Bianco
sul Lavoro sono le stesse persone chiamate a collaborare dall’allora governo
di centrosinistra (2).
Treu,
presidente della Fondazione Adecco
A
Vicenza, città natale dell’ex ministro del lavoro Tiziano Treu sono oltre 30
le agenzie aperte in città. E l’onorevole risulta presidente di una
Fondazione dell’Adecco che prepara corsi di formazione e progetti di
inserimento specifici per over 40, come orgogliosamente dichiarato dalla
direttrice operativa del Triveneto dell’Adecco (la società col maggior numero
di filiali in provincia (12) in un settimanale locale di fine novembre.
Come
Rifondazione Comunista, in vista delle prossime elezioni del 2006 possa
partecipare a strane commissioni sul Lavoro assieme all’Ulivo, collaborando
fattivamente con personaggi come Treu, resta del tutto incomprensibile a larga
parte della base del partito. Come restano incomprensibili continui proclami
contro precarietà e flessibilità, quando poi si sottoscrivono documenti comuni
e si lavora assieme con chi della precarietà e della flessibilità ha fatto la
sua bandiera ed addirittura presiede Fondazioni finanziate da multinazionali
della precarietà.
(1)
Marco Biagi, è stato tra i promotori della riforma dell'articolo 18 e uno degli
autori del Libro Bianco sul mercato del lavoro. Socialista anche negli anni
della caduta di Craxi, negli anni novanta nel mondo laico-socialista ogni volta
che a Bologna si parlava di un rimpasto di giunta o di un assessorato, saltava
fuori il suo nome. Collaborava con il Comune di Milano e con l'Unione Europea.
Con i sindacati e con la Confindustria. Consulente degli ultimi governi del
centrosinistra, da Bassolino a Treu all'amico bolognese Angelo Piazza, aveva
scritto un libro sulle politiche del lavoro con Tiziano Treu.
Da
consulente del ministro Roberto Maroni partecipa alla elaborazione del
"libro bianco sul mercato del lavoro", un testo che secondo il
professore bolognese "può davvero costituire un punto di svolta per il
diritto del lavoro prossimo venturo". Una svolta liberale.
(2)
Vedi nota precedente.