E
alla fine della “strada percorsa”... la collaborazione di classe?
Il
“Segretariato Unificato della IV internazionale” (SUQI) entra nel
governo di “fronte popolare” di Lula in brasile.
di
Franco Grisolia
La
nascita del governo di Lula in Brasile è stato salutato come un importante
successo dall’insieme del riformismo, della socialdemocrazia e del
centrosinistra internazionali. In effetti il governo dell’ex sindacalista
si pone nell’ambito delle esperienze del “progressismo”, in quel
quadro di alternanze politiche che non mettono in discussione né il
capitalismo come sistema, né le sue compatibilità immediate. Il governo
Lula è quindi, con le sue specificità, un governo borghese, che si serve
del controllo del Partito dei Lavoratori (PT) per cercare di portare avanti
la sua politica senza reazioni da parte della classe operaia e degli altri
strati oppressi. Ciò è evidenziato dal fatto che il vicepresidente eletto
in ticket con Lula è un politico di destra, dirigente del piccolo Partito
Liberale, grande industriale tessile (ha quindicimila dipendenti sottopagati
in fabbriche in cui i diritti sindacali sono praticamente inesistenti).Così
come va ricordato la situazione da unità nazionale che si è creata in
parlamento, dove il PT e i suoi alleati diretti di centrosinistra non hanno
la maggioranza (il carattere politico del governo in Brasile è determinato
dalla sua costituzione semibonapartista, che accentra i poteri nel
presidente). Le assicurazioni date al Fondo Monetario Internazionale di non
voler modificare in nulla le relazioni economico-finanziarie internazionali,
in particolare rispetto al debito, sono in questo quadro riprova del
carattere nemmeno limitatamente antimperialista del nuovo governo (senza
naturalmente escludere in assoluto la possibilità di future parziali
frizioni in particolare con l’imperialismo americano). Una politica,
quella del governo Lula, più moderata di quella, timidamente riformista, di
un fronte popolare come quello di Allende nel Cile degli anni ’70.
Una
novità è rappresentata dall’entrata nel governo dell’ex
vicegovernatore dello stato del Rio Grande do Sul (quello di Porto Alegre)
Miguel Rossetto nominato ministro dello sviluppo agricolo. Rossetto è uno
dei principali dirigenti della corrente interna al PT che ha il nome di
Democrazia Socialista. Una corrente che si pone ,con il sostegno di circa il
10% degli iscritti, tra la maggioranza “Lulista” apertamente riformista
(circa 60% del partito) e la sinistra radicale (30%circa) del PT. Democrazia
Socialista (DS) è la sezione brasiliana dell’organizzazione
internazionale che si fregia del nome di “Segretariato Unificato della IV
Internazionale” (o “IV Internazionale” tout court) e che è
rappresentata in Italia dalla corrente che ha come principali esponenti
Livio Maitan e Franco Turigliatto (Associazione Bandiera Rossa)
Rossetto
è incaricato di sovraintendere alla delicatissima questione della riforma
agraria. I latifondisti, tuttavia, non dovrebbero essere presi dal terrore.
Lula ha affermato di voler realizzare la riforma nella concordia sociale
(con i fazenderos che usano
costantemente la peggiore violenza delle squadracce omicide contro sem terra e indios!).
Rossetto nell’assumere il suo incarico ha avuto accenti analoghi. In realtà
quello che si prospetta pare soprattutto un utilizzo delle terre incolte e,
al massimo, qualche esproprio con adeguato compenso, in tempi assai lenti .
Insomma una riforma lungi dal soddisfare la fame di terra dei poveri del
Brasile e più moderata di quelle realizzate in altri tempi, nella stessa
America Latina, da governi nazionalisti borghesi.
Questo
ingresso nell'ambito di un governo borghese, in sé una novità, ovviamente,
per i maitaniani brasiliani, ha tutto una fase di preparazione profonda a
partire dal ruolo da loro giocato nella gestione delle amministrazioni
locali di Porto Alegre e del Rio Grande do Sul. Come detto Rossetto è l'ex
vice-governatore del Rio Grande do Sul e l'ex governatore Olivio Dutra è un
simpatizzante di Democrazia Socialista. Quanto a Porto Alegre, il dirigente
di DS Raul Pont ne è stato sindaco per diversi anni. In questi ruoli,
esaltati dal carattere federale del Brasile per cui gli "enti
locali" hanno poteri amplissimi, essi hanno portato avanti una politica
di collaborazione di classe, con finanziamenti all'industria e ai servizi
privati, ipotesi di riforme previdenziali a negativo, opposizione
all'adeguamento dei salari dei dipendenti pubblici, uso, in alcune
occasioni, delle forze di repressione contro le lotte dei lavoratori. In
questo quadro il "bilancio partecipativo" è lo specchietto per le
allodole, la democrazia di base-bidone per coprire la realtà.
Naturalmente
sappiamo bene che anche dei veri marxisti che si trovassero a dover gestire,
sulla base di un successo elettorale, un "ente locale" non
potrebbero pensare di realizzare il "socialismo in una sola città
"o "in una sola regione", a prescindere dal fatto che il
potere statuale resti nelle mani della borghesia e dei suoi rappresentanti
politici e indipendentemente da una prospettiva di rivoluzione socialista
sul piano nazionale. Tuttavia come è già avvenuto nelle migliori
tradizioni del movimento comunista rivoluzionario è possibile sviluppare
una azione anticapitalistica sia pur limitata (1) e segnalare al
proletariato e agli oppressi che i limiti di tali azione sono superabili
solo nella misura in cui si sviluppi una complessiva lotta per abbattere il
regime borghese sul piano statale. E' esattamente il contrario che hanno
fatto, seguendo le peggiori tradizioni riformiste, i revisionisti del
trotskismo di DS. Sul terreno concreto hanno sviluppato una politica di
collaborazione di classe e poi la hanno presentata come la realizzazione di
un "nuovo mondo" (con la disoccupazione di massa in aumento e
centinaia di migliaia di persone nelle favelas di Porto Alegre, mentre i
profitti degli industriali locali aumentavano più di quelli dei capitalisti
del resto del Brasile).
In
questo senso l'ingresso di Rossetto nel governo nazionale non rappresenta
che l'espressione a livello più generale di una politica consolidata da
tempo e il salto di qualità a negativo di DS verso il riformismo (2), non
sta di fronte a noi ma già indietro nel passato. Tuttavia è necessario
riconoscere che non solo per le masse, ma anche per l'avanguardia più
politicizzata è quasi sempre necessario un evento che mostri apertamente
quella realtà che poteva fino ad allora non apparire chiara. L'entrata di
Rossetto nel governo rappresenta questo evento. Esso consolida la deriva
riformista di DS, segnalata del resto da tutto l'atteggiamento verso il
lulismo e la sua politica di conciliazione con l'imperialismo e il Fondo
Monetario (come si evince da una intervista di Raul Pont al quotidiano di
Porto Alegre Zero hora in cui egli
afferma testualmente "quando si
diceva "non pagare il debito" era nel senso di una
moratoria").
Gli
sviluppi brasiliani pongono di fronte ad un bivio preciso il
"Segretariato Unificato". Questa corrente ha abbandonato il
troskysmo conseguente da molti decenni. Anzi è la continuità lineare della
corrente, allora maggioritaria, della Internazionale che realizzò la
revisione politica dei suoi fondamenti programmatici agli inizi degli anni
'50, seguendo il suo segretario Michel Raptis, detto "Pablo" (da
ciò il termine "pablisti" per indicare i suoi sostenitori)
appoggiato, tra gli altri dai giovani dirigenti internazionali Maitan e
Mandel.. Questa revisione, che non è possibile riassumere compiutamente in
poche righe, si incentrava in particolare nella rinuncia alla prospettiva di
costruire la IV come internazionale rivoluzionaria di massa e a quella della
costruzione di partiti marxisti rivoluzionari indipendenti, nella ricerca su
questa base di leader e correnti che svolgessero ,sulla base di una pretesa
dinamica obbiettiva, il ruolo di riferimento per i processi rivoluzionari.
Su questa base c'è stata una politica di adattamento a volte acritico a
Tito ,Gomulka, Castro, Ben Bella, Ortega e i sandinisti, in Italia ieri
Ingrao come oggi Bertinotti , Lula e molti altri, senza parlare
dell'adattamento, più grave anche se "critico", a nazionalisti
borghesi in nome dell'antimperialismo (da Nasser a Khomeini). Questa deriva
storica verso destra ha portato naturalmente a molte revisioni teoriche
delle basi programmatiche del marxismo rivoluzionario e si è accentuata nel
periodo successivo all'89, in cui nel SU si è iniziato a parlare
apertamente di chiusure dell'epoca della rivoluzione socialista e della
necessità di lottare per tutta una fase storica per una prospettiva non
socialista ma di "democrazia radicale". Malgrado tutto ciò fino
ad oggi il Segretariato unificato non era ancora passato sul terreno del
riformismo, mantenendosi su quello del centrismo, cioè di una posizione
intermedia tra marxismo rivoluzionario e riformismo controrivoluzionario,
sia pure sempre più spostato a destra.
Oggi
il SU, le sue diverse sezioni e i suoi singoli militanti devono scegliere.
E' possibile che essi scelgano, completando un processo storico a negativo,
di fare dell'esperienza brasiliana un punto di riferimento, invitando a
costruire una "nuova internazionale" sulla base della piattaforma
di "Porto Alegre" (bilancio partecipativo, unità aclassista di
tutti movimenti, gestione "progressista" delle istituzioni
borghesi), cioè della collaborazione di classe. E' praticamente esclusa nei
fatti,invece. una reazione diversa, come quella che nel lontano 1964 portò
il SU a rompere con la sua più importante sezione, quella di Ceylon -l'attuale
Sri Lanka- (nella cui deriva a destra il gruppo dirigente internazionale
aveva ampie responsabilità) per il suo ingresso in un governo di fronte
popolare. Esiste infine la possibilità di un atteggiamento più ambiguo, di
accettazione senza identificazione, in attesa degli eventi, magari sperando
in qualche contraddizione nella gestione futura che provochi contrasti tra
DS e il resto del governo (3). Queste diverse posizioni possono trovarsi
presenti contemporaneamente all'interno dell'SU. Persino in Brasile -dove la
delimitazione politica tra coloro che si richiamano al trotskismo è già
avvenuta (4)- in DS si stanno esprimendo alcuni dissensi. Viceversa in
Italia (salvo forse per qualche singolo militante) gli articoli di Livio
Maitan e Salvatore Cannavò segnalano l'identificazione con la politica dei
Rossetto e dei Pont.. Ma per altre sezioni e gruppi di militanti,
soprattutto nei paesi dove non esistono altre significative forze trotskiste
o dove i limiti politici di queste hanno rafforzato l'immagine del SU, c'è
la possibilità di una battaglia per una riflessione che tiri il bilancio
dell'esperienza brasiliana e porti ad una prospettiva di ritorno al
trotskismo di una parte (anche se presumibilmente molto limitata) dei
militanti del SU.
In
ogni caso gli avvenimenti brasiliani dimostrano pienamente la validità
della prospettiva della rifondazione della IV Internazionale. Dimostrano la
validità anche del concetto indicato nell'appello internazionale con cui
sei anni fu lanciato per tale prospettiva, secondo cui è necessario una
sconfitta politica del Segretariato Unificato. Perché, pur se si tratta di
una organizzazione non di massa e che raggruppa solo una minoranza di coloro
che nel mondo si richiamano al trotskismo, con il presentarsi come "IV
Internazionale", mentre ne abbandona e tradisce costantemente il
programma, costituisce un ostacolo per il raggruppamento dell'avanguardia
rivoluzionaria sulle basi conseguenti del trotskismo e di una vera IV
Internazionale.
Per
la cui rifondazione la nostra battaglia insieme ai compagni di tanti altri
paesi trarrà argomenti anche dall'esperienza brasiliana; per ricostruire,
nonostante e contro la politica del SU una Internazionale che per usare le
parole di Trotsky nel "Programma di Transizione" del 1938 "Non trova, né può trovare posto in nessun fronte popolare. Si
contrappone intransigentemente a tutti i gruppi politici legati alla
borghesia. Suo compito è rovesciare la dominazione del capitale. Suo fine
è il socialismo. Suo metodo è la Rivoluzione.
NOTE
(1)
Lo stesso Manifesto (articolo di
Beatrice Montini, sabato 18 gennaio 2003) ha dovuto riconoscere che
l'amministrazione della grande città amazzonica di Belem sviluppa una
esperienza diversa e più radicale di quella della capitale del Rio Grande
do Sul "in sfida al "bilancio partecipativo"di Porto Alegre".
Sindaco di Belem è Edilson Rodriguez, della sinistra radicale del PT. Senza
voler esaltare l'esperienza di Belem, che risente dei limiti politici della
corrente che la esprime, è giusto dire che essa evidenzia la differenza fra
degli onesti centristi che cercano di creare una esperienza alternativa e
degli pseudo-trotskisti riformisti, che imbrogliano le masse e praticano la
collaborazione di classe.
2)
Nel caso concreto non si può parlare che di riformismo; altre esperienze,
in cui organizzazioni centriste sono entrate in governi di fronte popolare
non hanno affinità con la situazione attuale del Brasile. Prendiamo
l'esempio classico del Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM) nella
rivoluzione spagnola del 1936. Esso entrò nel governo di fronte popolare
(del resto nella sola Catalogna ) ritenendo, con un errore gravissimo, che
ciò fosse necessario per vincere la guerra contro il fascismo e che potesse
essere una tappa transitoria verso il potere proletario. Una rottura
completa col marxismo rivoluzionario, ma da parte di chi voleva realmente
avanzare verso il socialismo (e per questo fu rapidamente escluso dal
governo) e non come i revisionisti di DS gestire nella "pace
sociale" con capitalisti e latifondisti (e col FMI) lo stato borghese e
una moderata riforma agraria
3)
Non è naturalmente possibile escludere ciò in assoluto. Persino
l'esperienza italiana dimostra come una forza riformista di sinistra, certo
più organicamente portata alla collaborazione di classe di DS in Brasile,
possa trovarsi nella necessità di rompere con un governo borghese e
radicalizzare momentaneamente il proprio discorso politico. Tuttavia questo
in sé non ne cambia la natura.