Sudafrica: le lotte contro le privatizzazioni e il neoliberismo
di Fabrizio Billi
La
fine della legislazione dell’apartheid in Sud Africa, all’inizio degli
anni novanta, non ha certo significato l’avvio di una fase di sviluppo e
di uscita dalla povertà. La società continua a rimanere fortemente
polarizzata: le leve del potere economico sono rimaste saldamente nelle mani
dei bianchi, mentre le masse nere continuano a vivere nella miseria. La
situazione è migliorata solo per l’elite dirigente nera, che ha potuto
accedere alle cariche pubbliche, non facendosi tra l’altro scrupolo di
avviare una diffusa corruzione che ha contribuito a creare malcontento verso
il partito di governo, l’African National Congress. Ma il maggiore motivo
di delusione verso l’Anc è la gestione dell’economia, negli ultimi anni
caratterizzata dalle privatizzazioni e da una forte impronta liberista.
Quando l’Anc iniziò a governare, erano molte le speranze che le masse
nere, protagoniste di una durissima lotta contro l’apartheid, avevano
riposto nel governo.
Il
governo dell’Anc disponeva di un sostegno veramente ampio: alle prime
elezioni libere, nel 1994, aveva ottenuto un consenso plebiscitario, sintomo
della soddisfazione per la fine del regime di segregazione razziale. Il
governo era sostenuto dai maggiori protagonisti della lotta all’apartheid,
tra cui il Partito Comunista, che partecipava e partecipa tuttora con propri
ministri, e la confederazione sindacale Cosatu.
Vennero
varati ambiziosi piani di lavori pubblici per costruire case per i neri che
abitavano nei ghetti, e per portare nei villaggi elettricità e acqua. Si
trattava del Recovery and Development Plan (Rdp), che costituiva la politica
economica del primo governo dell’Anc. Ben presto questi progetti furono
ridimensionati perché il governo decise di allineare la politica economica
alle direttive del Fmi, riducendo le spese sociali e avviando nel 1999 un
processo di privatizzazioni di aziende pubbliche. Il governo nel marzo 1998
sostituì al Rdp il piano Gear (Growth, Employment and Redistribution), di
forte impronta neoliberista. Già nel congresso della Cosatu, tenutosi
sempre nel 1998, diversi sindacati adottarono documenti che criticavano
aspramente il Gear, ed il 27 aprile si tenne il primo sciopero generale
contro il nuovo governo.
Le
privatizzazioni, la constatazione che dopo dieci anni di governo dell’Anc
le condizioni di vita non erano migliorate, e la corruzione dei burocrati
dell’Anc, hanno causato un sempre maggiore scontento sia nelle masse nere,
che nel Partito Comunista e nella Cosatu. Lo scontento di massa si è
espresso nella diminuzione dei voti all’Anc, che pur ha continuato ad
ottenere la maggioranza assoluta, non esistendo altre alternative di governo
praticabili, e poi perché, pur criticabile, l’Anc è per milioni di
persone il partito della lotta all’apartheid e gode ancora di un capitale
di fiducia che, per quanto intaccato, è ancora cospicuo.
Nel
Partito Comunista sono iniziate accese discussioni sulla propria azione di
governo e sull’opportunità di uscire da un governo che ha fatto ben poco
per migliorare le condizioni di vita delle classi povere. Il Sacp vive la
contraddizione di governare il paese e contemporaneamente di essere parte
della protesta sociale contro il governo, aderendo per esempio agli scioperi
che sono stati indetti dalla Cosatu contro le privatizzazioni.
Alcune
componenti del partito sostengono la politica governativa, per esempio in
occasione dell’approvazione del Gear il Sacp definì il Gear
“equilibrato e idoneo a fronteggiare le priorità e i bisogni del
paese”. Altre componenti meno legate ad interessi ministeriali criticano
invece aspramente la politica economica governativa. I contrasti e i
malumori si sono espressi platealmente nell’estate scorsa durante
l’annuale assemblea del partito, con l’esclusione di due ministri
comunisti dal comitato centrale; in tal modo ampia parte del partito ha
espresso il proprio dissenso alla prosecuzione della partecipazione
governativa.
Ma
i guai maggiori per il governo vengono dalla Cosatu. Nel 2001 il sindacato
iniziò una campagna contro le privatizzazioni, e nell’agosto di
quell’anno ci fu uno sciopero generale contro il governo, successivamente
al quale si arrivò ad un accordo secondo cui il governo si impegnava a
consultare il sindacato in occasione di ogni nuova privatizzazione, cosa che
peraltro non ha mantenuto.
Nel
novembre scorso ci sono stati due giorni di sciopero generale, che hanno
visto un’adesione, secondo la Cosatu dell’80 per cento, secondo governo
e associazioni padronali del 20 per cento. Il governo si è impegnato al
massimo perché lo sciopero non riuscisse, anche comprando pagine di
pubblicità sui maggiori quotidiani per pubblicare annunci in cui si
sostiene che lo sciopero è contro gli interessi del paese.
A
livello locale, le politiche neoliberiste del governo sono state contrastate
da mobilitazioni popolari come l’occupazione di terre o il non pagamento o
l’autoriduzione delle bollette dell’elettricità, proteste animate dal
movimento dei contadini senza terra e dal Forum contro le privatizzazioni,
oltre che da numerosi gruppi locali, che stanno costruendo una sorta di
coordinamento chiamato Movimento sociale Indaba, una specie di forum sociale
contro il neoliberismo e le privatizzazioni.
A
livello internazionale, la crescente opposizione contro il governo si è
notata al Forum Onu sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile che si è
tenuto lo scorso anno. In quell’occasione vi sono state accese discussioni
nel movimento antiliberista sudafricano, fino ad arrivare a due
manifestazioni differenti: la discriminante era proprio la valutazione sul
governo sudafricano e le sue politiche neoliberiste.