LA II CONFERENZA INTERNAZIONALE SUI BALCANI E IL MEDIO ORIENTE

Atene, 15-19 marzo 2001

 

Il Centro socialista dei Balcani “Christian Rakovsky” ha tenuto la sua II conferenza internazionale ad Atene. Stavolta all’ordine del giorno c’era l’esame degli sviluppi esplosivi tanto nei Balcani quanto in Medio Oriente. Un seminario internazionale svoltosi il 15 e il 16 marzo ha preceduto la conferenza, che ha avuto luogo nel corso del weekend il 17 e 18 marzo. Lunedì 19 marzo si è tenuta un’assemblea pubblica al Politecnico di Atene che ha presentato i risultati politici delle quattro giornate di lavoro. All’assemblea hanno preso parte duecento persone. Delegazioni di dodici paesi hanno partecipato e/o inviato dei testi preparati specificatamente per questo evento.

Dalla Grecia: il Eek (Partito operaio rivoluzionario), che era anche l’organizzatore dell’evento. Il Nar (Nuova corrente di sinistra), l’Aristeri Anasyntaxi (Raggruppamento di sinistra), la sezione greca del Gruppo di ricerca internazionale “Logica della storia” e i compagni del Gruppo della sinistra sociale hanno preso parte come osservatori.

Dalla Turchia: la Lega operaia marxista e la Lega marxista rivoluzionaria.

Dalla Slovenia: il Collettivo Globala.

Dalla Jugoslavia: l’Istituto per la democrazia economica ha inviato un documento (per motivi tecnici il delegato non è potuto venire).

Dalla Romania: la Resistenza comunista e l’Unione antifascista hanno inviato un messaggio di solidarietà, esprimendo la propria disponibilità a tradurre in rumeno e a pubblicare i materiali della Conferenza, ed hanno anche inviato un documento per la discussione.

Dalla Bulgaria: un rappresentante operaio di Sofia.

Dal Kurdistan: il Partito kurdo di liberazione-Rizgari

Da Israele/Palestine: Militanti per la Quarta Internazionale, il Comitato d’azione per una repubblica democratica e laica, il movimento Abna el Balad.

Dall’Iran: i Fedayin del popolo.

Dalla Russia: rappresentanti del movimento politico panrusso Alternativi, e un membro del comitato esecutivo del Partito dei comunisti (Regione di Leningrado).

Dall’Ucraina: al rappresentante dell’Opposizione trotskista ucraina, un gruppo affiliato all’Oti (Opposizione trotskista internazionale) è stato impedito l’ingresso da parte delle autorità greche, che gli hanno rifiutato il visto. L’Otu ha inviato un documento che era stato preparato come contributo alla Conferenza.

Dall’Italia: l’Associazione marxista rivoluzionaria Proposta, che dirige la minoranza di sinistra Progetto communista nel Prc.

Alla Conferenza è stato letto un contributo politico scritto per l’occasione dal Comitato nazionale del Partido Obrero d’Argentina. Messaggi di solidarietà sono stati inviati da: Osvaldo Coggiola (dirigente dei sindacati universitari in Brasile e membro del Comitato nazionale del Partido Obrero d’Argentina), Rafael Fernandez del Comitato nazionale del Partito dei lavoratori dell’Uruguay, dalla Lega operaia marxista della Finlandia e da Antifascistisk Aktion della Svezia. La Corrente leninista internazionale ha pubblicato estratti dell’Appello per un Seminario ed una Conferenza internazionale sui Balcani e il Medio Oriente del Centro Rakovsky nel suo sito web ed il suo ufficio politico ha inviato le sue note critiche agli organizzatori e ha chiesto di ricevere le risoluzioni della conferenza.

Tutte le delegazioni hanno preso parte con passione a questo intenso lavoro collettivo durato cinque giorni sui problemi centrali della guerra e della rivoluzione in questa vasta area, incentrandosi sulle contraddizioni del capitalismo mondiale in questa fase avanzata del suo declino storico e crisi. Il nostro Seminario-Conferenza Internazionale si è svolto in condizioni straordinarie: il Precevo nella Serbia meridionale e la Macedonia sono in fiamme e i Balcani stanno esplodendo di nuovo, mentre in Medio Oriente l’Intifada palestinese si fronteggia con un governo sionista di “unità nazionale” composto da criminali di guerra, ed esacerba la crisi tanto del sionismo quanto dell’imperialismo USA.

La Conferenza ha preso il via con un minuto di silenzio in memoria del grande rivoluzionario boliviano e dirigente dell’Oposicion Trotskista, il compagno Juan Pablo Bacherer.

La relazione principale per conto del Centro Socialista Balcanico “Christian Rakovsky” è stata svolta dal compagno Savas Michael (dell’Eek). Dopo la discussione sul rapporto internazionale ci sono state delle relazioni nazionali e la discussione sulla situazione nei diversi paesi rappresentati alla Conferenza.

Dopo il dibattito su un progetto di testo, e sui vari emendamenti proposti, è stata votata all’unanimità nelle sue linee generali una Risoluzione politica.

E’ stato deciso un piano d’azione comune comprendente una serie di passaggi pratici. Fra i quali, l’ampliamento e lo sviluppo di una rete di solidarietà; l’invio di messaggi di sostegno ai prigionieri politici nelle prigioni turche, e ai popoli Palestinese e Curdo in lotta; di avere un volantino comune il Primo Maggio 2001 con i principali slogans della conferenza (“Fuori la Nato dai Balcani”, “Abbasso il Fmi”, “Vittoria all’Intifada”, “Per una federazione socialista nei Balcani e in Medio Oriente”); di costituire un contingente internazionale ed internazionalista comune in occasione della mobilitazione contro i G8 a Genova a luglio; di pubblicare tutti i materiali in forma di libro in inglese e di tradurre la maggior parte dei testi nelle lingue dei paesi partecipanti; di aiutare il lavoro del Centro “Christian Rakovsky”; di effettuare ulteriori riunioni con lo stesso carattere internazionale ed internazionalista su questioni generali così come su questioni particolari nei vari paesi partecipanti; di tenere una nuova Conferenza Internazionale fra un anno per verificare e sviluppare il lavoro comune.

La questione centrale dell’internazionale è stata sollevata e dibattuta nel corso di tutte le discussioni. L’Eek della Grecia, la Lega operaia marxista della Turchia, i Militanti per la Quarta Internazionale della Palestina, l’Amr Proposta dell’Italia, il contributo inviato dal Partido Obrero d’Argentina, i messaggi del PT dell’Uruguay, della Lega operaia marxista della Finlandia e del compagno Osvaldo Coggiola (PO) dal Brasile hanno posto la questione urgente della lotta per rifondare la Quarta Internazionale, come base storica e programmatica dell’Internazionale operaia rivoluzionaria. Altre delegazioni hanno espresso le proprie riserve o disaccordi. Tutti i partecipanti si sono espressi per la continuazione del dibattito e per azioni congiunte di solidarietà internazione e di internazionalismo.


Risoluzione politica della II conferenza internazionale sui Balcani e il Medio Oriente

 

1. I Balcani e il Medio Oriente sono di nuovo il punto focale di tutte le contraddizioni esplosive del capitalismo mondiale.

Due anni dopo la guerra di aggressione della Nato per il Kosovo e pochi mesi dopo la caduta di Milosevic, la Serbia meridionale e la Macedonia sono in fiamme; una nuova serie di guerre di sterminio minaccia di polverizzare non soltanto i resti della ex-Jugoslavia ma anche tutti gli altri paesi dei Balcani.

In Medio Oriente, l’eroica Intifada del popolo palestinese fronteggia il più reazionario governo sionista di “unità nazionale” composto da criminali di guerra capeggiati dal macellaio Ariel Sharon; al tempo stesso l’Iraq è diventato di nuovo il bersaglio delle aggressioni militari dell’imperialismo Usa. Una nuova devastante guerra è un pericolo presente come mai prima d’ora dalla fine della Guerra del Golfo.

La Conferenza Internazionale sui Balcani e il Medio Oriente, convocata dal Centro socialista balcanico “Christian Rakovsky” ad Atene il 17-18 marzo 2001, e che ha raccolto forze internazionaliste di dodici paesi provenienti da un ampio spettro politico della lotta di classe rivoluzionaria, della sinistra antiburocratica, fa appello con urgenza a tutti i lavoratori, i contadini, le masse impoverite della nostra regione ad unirsi e a battersi contro questa moderna barbarie e contro le forze responsabili: la Nato, l’imperialismo americano e l’imperialismo dell’Unione Europea, il sionismo, il Fmi e la Banca mondiale, e tutte la classi dominanti e le cricche burocratiche locali.

Noi diciamo: Dieci anni sono troppi!

La decade di disastri, frustrazione e disperazione, che ha fatto seguito alla disintegrazione e alla tragedia della Jugoslavia, della Guerra del Golfo, la frode del “processo di pace” di Oslo non possono continuare indefinitamente.

Il popolo palestinese è stato il primo a dire No con la pratica della rivolta: con la sua eroica ribellione, la nuova Intifada, ha detto la parola fine alla trappola di Oslo ed ha esacerbato la crisi del sionismo e dell’imperialismo.

“Dieci anni sono troppi!” Questo slogan portato con uno striscione ad una manifestazione a Ljulbljana, in Slovenia, nel febbraio 2001, è il grido di battaglia di tutte le masse oppresse dei Balcani, del Medio oriente, di tutto il pianeta. I nuovi movimenti contro la globalizzazione capitalista lo ispirano da Seattle fino a Praga ed oltre. Esprime la necessità storica e l’attualità della lotta per l’emancipazione.

 

2. L’attuale crisi nella regione con tutti i suoi pericoli mortali, la sua barbarie e le nuove minaccie catastrofiche, esprime non soltanto la forza ma anche la debolezza storica e il declino del capitalismo globale. Il crack asiatico del 1997, il fallimento della Russia nel 1998, il disastro latinoamericano nel 1999 e nel 2000, ed ora, la nuova fase calante negli Stati Uniti sono segni evidenti dell’esaurirsi della globalizzazione finanziaria come via d’uscita dalla crisi e meccanismo di controllo delle masse.

Nel corso della settimana in cui si svolgeva la nostra riunione, “circa 310 miliardi di dollari degli investitori si sono vaporizzati in una frenetica attività di vendite” nelle borse mercati da New York a Tokyo, come riferisce un commentatore borghese (Azioni massacrate, il Dow Jones al di sotto dei 10.000, di H. Haddadin, dailynews.yahoo.com). Lo stesso giornalista aggiunge: “Questo porta la cifra complessiva di distruzione di ricchezze, a partire dal punto massimo dei mercati del marzo 2000 alla cifra impressionante di 4,9 trilioni di dollari - che è quasi la metà del valore complessivo di tutti i beni e i servizi degli Stati Uniti nel corso dell’ultimo anno”. L’intero mito di un “nuovo paradigma americano” e di una “New Economy” basata sulla tecnologia dell’informazione immune alle crisi è stato fatto a pezzettini.

L’esplosione di questa gigantesca bolla finanziaria ha delle ripercussioni immediate nell’“economia reale”, nella sfera produttiva, dove si intensifica la crisi di sovraccumulazione e il calo. Le implicazioni per tutti i rapporti socio-politici a livello internazionale in seno ad ogni paese sono esplosive.

Il collasso nei mercati finanziari globalizzati ha un significato che ne sovrasta l’indubbio significato economico: è un colpo alle illusioni feticistiche che presentavano il capitale finanziario globalizzato come la “fine della Storia” con la “vittoria completa e finale del capitalismo sul socialismo”, come era stata presentata nel momento del collasso dell’Unione Sovietica e del suo passaggio controrivoluzionario alla restaurazione capitalista. La tragedia all’Est non ha ravvivato il senile capitalismo ad Ovest né su scala globale.

 

3. Non solo; ma il fallimento della Russia ha persuaso l’imperialismo che dopo un decennio di sforzi continui il pieno riassorbimento dell’ex-spazio sovietico nel mercato capitalistico mondiale non è ancora un evento compiuto. Questa incapacità determina che l’espansione della Nato fino ai confini della Russia, la sua nuova dottrina e la ristrutturazione militare, la cui prima applicazione pratica è stata nella guerra del Kosovo, e il piano di trasformare i Balcani in una vasta base militare, ci lascia con una terra desolata piena di staterelli polverizzati e di protettorati.

Gli attacchi da parte di unità dell’Uck, che erano stati uno strumento per l’aggressione imperialista contro la Jugoslavia, nel Precevo e nel Tetovo, mostrano i limiti del controllo della regione da parte dell’imperialismo. Essi minacciano la distruzione della Macedonia ex-jugoslava, ed anche di spingere tutti i popoli dei Balcani ancor di più verso la loro reciproca distruzione. Chi ne trarrà beneficio non saranno i diritti legittimi della comunità di etnia albanese, ma la Nato, il vero istigatore del massacro permanente che si perpetra nella regione ad opera dei gruppi dirigenti nazionalisti.

Oggi con più urgenza che mai facciamo appello ai lavoratori e alle masse impoverite alla lotta per cacciare dai Balcani la Nato, tutte le truppe e le basi militari imperialiste.

Gli imperialisti, tanto gli Stati Uniti come l’Unione Europea sono i responsabili della tragedia dei Balcani e dell’istigazione e manipolazione dei nazionalismi locali, dell’uso del loro odio reciproco e della reciproca distruzione per imporre una totale incapacità di resistere.

Gli imperialisti occidentali avevano promesso, durante la guerra del Kosovo, che “il mercato e il Deutschmark porteranno la pace”. Il passaggio al mercato, al dollaro e al marco - o meglio, alla sua facciata, l’euro - ha portato la catastrofe. Ecco la lezione del Kosovo e ora del Tetovo.

Noi respingiamo ogni intervento della cosiddetta “comunità internazionale” dei briganti, compresi quelli fatti sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, o con l’intermediario dei loro dipendenti, le ong.

* Abbasso l’imperialismo american ed europeo!

* No al “Patto di stabilità” dell’UE, ai programmi di fame del Fmi e alla barbarie delle cosiddette “riforme di mercato” portate avanti dalle elite dominanti locali.

  * Per il diritto di tutti i rifugiati di ritornare alle proprie terre.

  * No alla ricolonizzazione dei Balcani! Per una Federazione Socialista dei Balcani costruita dal basso, dalle masse degli oppressi, degli sfruttati, degli sfrattati di tutte le nazionalità, organizzati con propri Consigli sovrani (Soviet).

 

4. Il recente crollo della Turchia e il collasso della lira turca sono una poderosa manifestazione della crisi mondiale e hanno un forte impatto sulla situazione interna e su tutte le relazioni internazionli del paese.

Il Fmi, totalmente incapace di controllare la crisi, com’è avvenuto in precedenza in occasione del crack asiatico, impone una politica che affama le masse, e questo porta ad un’esplosione sociale. Questa politica fa sconfitta con l’azione di massa.

* Alt ai licenziamenti in massa e alla chiusura delle fabbriche! No alle “riforme di struttura” e alle privatizzazioni che il Fmi vuole imporre; per la rinazionalizzazione di tutte le imprese statali, ora privatizzate, sotto il controllo e la gestione dei lavoratori; per una scala mobile dei salari e delle ore - lavorare meno, lavorare tutti!

* Per l’abolizione di tutti debiti esteri; ogni accordo con il Fmi, con la Banca mondiale, e tutti gli accordi bilaterali con gli stati imperialisti vanno cancellati. Combattere la corruzione mediante l’apertura dei libri contabili sotto controllo operaio! Per l’esproprio di tutte le banche e le istituzioni finanziarie private.

 La crisi economica coincide ed interagisce con la crisi politica, con le fratture fra i dominanti e l’intensificarsi della repressione dello Stato contro i prigionieri politici di sinistra, come si è visto nei recenti eventi in maniera drammatica, e con la repressione del popolo Curdo.

* Chiudere tutti i carceri di massima sicurezza! Liberare i prigionieri politici!

* Libertà e autodeterminazione per il popolo curdo! Per un Kurdistan unito, libero e socialista!

 

5. La destabilizzazione, per via della crisi capitalista, colpisce in modo diseguale e in forme diverse tanto la Turchia che la Grecia.

Seguendo i dettami dell’Unione Europea e della Mue, il governo greco lancia quella che definisce “la seconda ondata di modernizzazioni”, un attacco selvaggio contro tutte le conquiste sociali delle masse lavoratrici, mediante la “flessibilità” nei rapporti di lavoro, lo smantellamento del sistema sanitario nazionale, gli attacchi in preparazione contro il sistema pensionistico, ecc. La resistenza sociale contro questi attacchi ha portato il sistema politico borghese nella sua crisi più profonda dal momento della caduta della dittatura militare nel 1974. Una controffensiva della classe operaia alla testa delle masse dei lavoratori e dei poveri delle città e delle campagne è al tempo stesso possibile e necessaria. Va organizzata con un progamma socialista di esproprio del capitale sotto controllo operaio e sotto gestione operaia da parte di una forza rivoluzionaria completamente independente non soltanto nei confronti dei partiti borghesi, ma anche di tutte le forme di coalizione di collaborazione di classe, siano esse di “centrosinistra” o di “sinistra plurale”.

L’acutizzarsi della crisi sociale, economica e politica sul piano interno interagisce con la caotica situazione nei Balcani che i capitalisti greci considerano la “propria” sfera di sfruttamento.

Gli antagonismi fra le classi dominanti in Grecia ed in Turchia per l’egemonia nella regione, alimentati dalla crisi, possono sempre portare ad una situazione di guerra per il Mar Egeo o per Cupro. In questo caso si tratterebbe di una guerra reazionarias da ambo le parti che andrebbe trasformata da parte dei due popoli in una guerra di classe contro i propri oppressori e sfruttatori locali, e in una guerra rivoluzionaria contro l’imperialismo.

Cipro è da sempre una vittima di questi antagonismi e del ruolo complessivo dell’imperialismo nel Mediterraneo orientale e in Medio Oriente. Noi siamo contro le nuove “soluzioni” propugnate dall’imperialismo UE ed Usa con la copertura delle Nazioni Unite e della diplomazia secreta, con al collaborazione di Atene ed Ankara e della borghesia cipriota greca e turca. Le pseudo-”soluzioni” di una “Federazione” o “Confederazione” non possono nascondere il fatto che la divisione verrebbe sancita de jure. Le masse povere di Cipro si devono mobilitare in modo indipendente dalle cricche borghesi, e insieme alla classe operaia in Grecia e in Turchia, per porre fine alla divisione e all’occupazione dell’isola, per porre fine all’insediamento di coloni turchi nella parte settentrionale, per garantire il diritto dei rifugiati di tornare alle proprie case, per cacciare via tutte le truppe straniere e le basi imperialiste e per integrare un’isola di Cipro libera, unita e socialista in una Federazione Socialista dei Balcani.

 

6. Il punto massimo di crisi mondiale si pesrime nella regione con la nuova Intifada palestinese contro la stato sionista di Israele contro l’imperialismo. L’attuale insorgenza palestinese nella quale dei giovani armati di pietre e di fucili fronteggiano carri armati, elicotteri e missili è un’espressione della lotta nazionale delle masse popolari palestinesi per la propria liberazione.

Noi sosteniamo pienamente la lotta di massa del popolo palestinese, compresa la lotta armata contro l’esercito sionista e contro i coloni di estrema destra, fatta eccezione per atti di terrorismo indiscriminato contro la popolazione civile, che rafforzano i sionisti.

La nuova Intifada è la rivolta contro gli accordi di Oslo il cui fine è sempre stato quello di costringere i palestinesi a rinunciare al proprio diritto all’autodeterminazione tanto con mezzi diplomatici che militari, dando alla direzione dell’Olp un potere ridotto su un quinto della Palestina storica. Il cosiddetto “processo di pace” si è dimostrato un’operazione volta a tagliare a pezzi la West Bank e Gaza, creando un regime di Apartheid su vari Bantustan controllati militarmente ed economicamente dallo stato sionista con l’accordo di Arafat e del suo regime.

L’Olp ha abbandonato la prospettiva di una repubblica democratica e laica in tutto il territorio della Palestina e l’ha sostituita con il programma della sinistra sionista e dello stalinismo di “Due Stati per due popoli”. Quest’ultimo non solo nega l’esistenza di un milione di palestinesi che vivono sotto il diretto controllo dello stato ebraico, ma rappresenta anche una rinuncia al diritto al ritorno per tre milioni e mezzo di rifugiati palestinesi.

La bancarrotta della politica di riconciliazione e rappacificazione delle dirigenze di Arafat e di Ocalan, che hanno scelto la collaborazione con le potenze regionali ed internazionali, è ovvia. Quando il Pkk rinuncia al diritto di autodeterminazione della nazione curda nel nome della “Repubblica Democratica” compie un atto di autodistruzione. Per riprendere la lotta per la liberazione nazionale oggi più che mai bisogna rompere con la disastrosa teoria “per tappe” dello stalinismo e del nazionalismo, bisogna legare la lotta democratica alla lotta per l’emancipazione sociale e per il socialismo, mediante una rivoluzione socialista dove la classe operaia si ponga alla testa della masse povere delle città e delle campagne.

Noi difendiamo il Kurdistan meridionale da tutti gli attacchi provenienti dal regime iracheno e dalle altre potenze regionali e dall’imperialismo occidentale. Il popolo può e deve emanciparsi in un Kurdistan libero, unito e socialista.

Questa lotta colpisce per forza di cose l’“ordine internazionale” imposto storicamente dai centri del capitalismo globale. I diritti nazionali del popolo palestinese, così come quelli del popolo curdo, si scontrano con la division artifiziale degli esistenti confini statali in Medio Oriente. E’ necessaria una ristrutturazione rivoluzionaria radicale a partire dal basso, con le masse popolari della regione che affermano la propria sovranità. La rivoluzione può partire su base nazionale ma si può sviluppare ed affermare soltanto come una rivoluzione internazionale e mondiale.

Per il popolo palestinese non c’è futuro nella creazione di un regime di Apartheid coi Bantustan ribattezzatti “cantoni”. Non c’è futuro nemmeno nella partizione –  la cosiddetta “soluzione dei due stati” - tanto nella sua forma “democratico borghese” form proposta da elementi della sinistra israeliana e dagli stalinisti, e nemmeno della sua versione “socialista” (“Un’Israele socialista accanto ad una Palestina socialista”) proposta da alcuni gruppi che fanno riferimento al trotskismo.

 L’eguaglianza fra gli ebrei e gli arabi palestinesi si può instaurare soltanto in una repubblica indipendente, democratica, laica e socialista su tutto il territorio storico della Palestina, senza alcuna discriminazione etnica o religiosa per i suoi abitanti. Questo territorio veramente liberato può porre le basi per la liberazione e la riorganizzazione dell’intera regione dal basso in una Federazione di Stati Socialisti del Medio Oriente, compreso il libero Kurdistan e l’Iran.

La II conferenza internazionale sui Balcani e il Medio Oriente sostiene tutte le lotte per l’emancipazione, e in questo contesto fa appello al sostegno alle masse iraniane nella loro lotta tanto contro l’imperialismo e contro il regime reazionario, per la loro totale emancipazione nazionale e sociale.

* Alt al terrorismo dello stato sionista, e all’occupazione!

* Abbasso l’imperialismo e il sionismo! Vittoria all’Intifada! Distruggere lo stato sionista! Per il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese!

* Per il diritto al ritorno di tutti i rifugiati palestinesi!

* Per l’unità rivoluzionaria delle masse arabe palestinesi con gli operai ebrei per l’instaurazione di una repubblica socialista democratica ed unificata in tutto il territorio storico della Palestina!

* Per una federazione socialista del Medio Oriente!

 

7. La Conferenza Internazionale sui Balcani e il Medio Oriente avverte l’urgente necessità di sviluppare un Piano d’azione comune in tutta la regione.

* I Centro “Christian Rakovsky” pubblicherà tutti i materiali teorici e politici di questo Seminario-Conferenza Internazionale in inglese, in un libro. Parti di essi verranno tradotti e pubblicati nelle lingue dei paesi rappresentati.

* Bisogna sviluppare una rete di collegamento e di scambio fra tutte le organizzazioni e gli attivisti che appartengono all’ala sinistra internazionale del movimento radicale di lotta di classe. Il Centro socialista balcanico “Christian Rakovsky” contribuirà a questo grande sforso, e dovrà essere aiutato a svolgerlo.

* In tutti i paesi rappresentati alla conferenza si dovranno tenere delle riunioni internazionali, in varie forme:

Seminari su questioni generali o specifiche (ad esempio la questione di Cipro, il futuro dell’ex-Jugoslavia, il problema delle discriminazioni contro gli immigrati, il razzismo, il sionismo e l’antisemitismo, il movimento contro la globalizzazione capitalista, la Russia a dieci anni dal collasso), eventi culturali (ad esempio un Festival di controcultura balcanico) ecc.

* Il 30 marzo, il Giorno della terra, e il 7 aprile, il Giorno dei diritti dei rifugiati palestinesi, degli speciali messaggi verranno inviati da parte di tutte le delegazioni dei vari paesi al popolo palestinese.

* Il giorno di Newroz, il 21 marzo, per il nuovo anno del popolo curdo in lotta verrà inviato uno speciale messaggio di saluti alle masse popolari curde da parte della Conferenza.

* La conferenza invierà una Lettera di solidarietà ai prigionieri politici in Turchia.

* La conferenza condanna gli attacchi polizieschi contro migliaia di di manifestanti nella forte mobilitazione contro la globalizzazione capitalista a Napoli.

* La conferenza condanna le nuove leggi “antiterrorismo” del governo greco, che minaccia i diritti democratici dei lavoratori e degli immigrati.

* Il Primo maggio 2001 un volantino comune con gli slogan principali di questa conferenza (Fuori la Nato dai Balcani, Schiacciare il Fmi, Vittoria all’Intifada, Per federazioni socialiste nei Balcani e in Medio Oriente) verrà pubblicato e distribuito nell’intera regione.

* Si formerà un comune contingente internazionale ed internazionalista che prenda parte alla mobilitazione anti-G8 di Genova nel luglio 2001.

* Una particolare attenzione va prestata ad azioni di solidarietà con tutte le vittime della repressione in tutti i paesi della regione.

* Una nuova conferenza internazionale si terrà in un anno per verificare il lavoro svolto, per analizzare le esperienze ed elaborare ulteriormente la nostra prospettiva.

Queste sono soltanto alcune delle idee e delle proposte pratiche che vanno sviluppate con l’immaginazione e l’iniziativa di tutti e di ciascun partecipante.

Dobbiamo aprire insieme nuove strade verso il nostro obiettivo di fondo: l’emancipazione umana universale. L’internazionalismo non è un qualche vago principio morale astratto ma l’espressione dei bisogni più profondi dello sviluppo storico. Ha bisogno di un corpo in carne ed ossa, di teoria, organizzazione e programma politico internazionali. Come dice il canto immortale della classe operaia internazionale, è in questo modo che “L’internazionale sarà futura umanità!”

(Atene, 18 marzo 2001)

 

La risoluzione è stata emendata e votata unanimemente nelle sue linee generali da tutte le delegazioni delle Grecia, della Turchia, di Israele-Palestina, del Kurdistan, dell’Iran, della Slovenia, della Bulgaria, della Russia, dell’Italia. L’Amr Proposta (Italia) sostiene la risoluzione pur esprimendo delle riserve sui punti 3 and 6. Il partito di liberazione curdo Rizgari sostiene la risoluzione, ma è contro il punto 3, essendo a favore della diplomazia e dei rendiconti alla luce del sole.