A
Prodi non si disobbedisce!
Alcune considerazioni sulla vicenda degli “espropri”
di Marco Veruggio
La vicenda dei cosiddetti espropri proletari in un
supermercato e poi presso una delle librerie Feltrinelli di Roma offre spunto
per una serie di riflessioni sia sulla traiettoria del movimento dei
Disobbedienti sia su quella del nostro partito.
Azione simbolica e
azione diretta
Per prima cosa una precisazione di carattere lessicale:
non si è trattato – ce lo dicono gli stessi protagonisti – di espropri
proletari. La pratica degli espropri, così come l’abbiamo conosciuta negli
anni ’70, rientrava nella sfera della cosiddetta “azione diretta”, cioè
di un’azione promossa da soggetti sociali organizzati per dare una risposta
non mediata ad alcuni dei propri bisogni fondamentali: merci, abitazioni,
cultura, ecc. Spesso ciò avveniva coinvolgendo folti gruppi di massaie,
pensionati, disoccupati. Dario Fo ne trasse spunto per una divertente commedia, Non si paga, non si paga! che in qualche modo riproduceva il clima
in cui avvenivano tali episodi e anche le contraddizioni che scoppiavano tra gli
stessi protagonisti.
A Roma si è agito invece sul piano dell’ “azione
simbolica”, che è una forma legittima di propaganda connaturata alla stessa
pratica della disobbedienza, ma è altra cosa. In particolare nell’episodio
del supermercato i protagonisti sono stati alcune decine di militanti di centri
sociali, paracadutati da altri quartieri di Roma o addirittura dal nord est, i
quali hanno svolto un’azione a partire non dai bisogni degli abitanti di quel
quartiere, bensì dai propri. Ciò che più ha colpito la gente del quartiere e
che è stato ovviamente sottolineato dalla stampa, è il fatto che i carrelli
dello shopsurfing si siano riempiti di
computer e telecamere digitali piuttosto che di generi alimentari. Non ne do’
un giudizio moralistico, perché è vero che oggi l’informatica è diventata
quasi un genere di prima necessità per alcune fasce sociali. Il punto è che ciò
probabilmente non valeva per la gente che assisteva a quell’iniziativa, in
gran parte pensionati e casalinghe a quel che mi è stato raccontato. L’unico
risultato è stato quello di dare visibilità mediatica ai vari Caruso e Casarin,
oltre che scatenare una campagna stampa contro l’ “estremismo” della
sinistra antagonista.
Pochi giorni dopo i lavoratori della Ixfin di Marcianise,
senza stipendio da mesi, occupavano un centro commerciale e realizzavano un vero
esproprio proletario, riempiendo i carrelli di pasta e scatole di pelati e
dandone una parte alla Chiesa locale a favore dei poveri della zona. Il vescovo
si schierava a loro sostegno e la stampa nazionale, con la lodevole eccezione de
Il Manifesto, ben si guardava da darne
notizia, perché in quel caso sarebbe stato più difficile censurare la
“violenza” degli operai (che in realtà era solo la reazione a una violenza,
questa sì reale, perpetrata nei loro confronti) e chiedere “tolleranza
zero”. Ma proprio questo silenzio dimostra che questa azione rappresentava un
pericolo ben maggiore per il capitalismo italiano.
Colpire Inge per
bacchettare Fausto…
Vi è poi un altro aspetto in questa vicenda. Non è
possibile pensare che le azioni di Roma non siano state progettate con un occhio
alla scena politica istituzionale. Le conseguenze, assolutamente prevedibili,
aiutano a valutare gli intenti di quell’operazione. Il Prc è stato chiamato a
prendere le distanze. Fausto Bertinotti ha naturalmente risposto positivamente e
con la consueta abilità, esprimendo una critica politica formalmente in parte
corretta, non legalitaria, all’impianto ideologico
dello shopsurfing, ma senza alcuna analisi in termini di classe. Era
possibile dire che quell’azione era velleitaria e avanguardistica, ma al
contempo sottolineare che dopo gli espropri padronali di massa realizzati da
Prodi e Berlusconi è ridicolo stracciarsi le vesti per la sparizione di quattro
prosciutti, peraltro non finiti sulle tavole di banchieri o industriali. Ciò
naturalmente non è stato detto e in questo modo è passata mediaticamente la
presa di distanze dai Disobbedienti, che certo è valsa a rassicurare Prodi sul
fatto che, quando saremo al governo insieme, mai e poi mai avalleremo simili
nefandezze…
A differenza di Bertinotti altri hanno assunto un
atteggiamento cautamente positivo. Da una parte Russo Spena e alcuni dirigenti
locali dei Giovani Comunisti (i dirigenti nazionali sono stati perlopiù
allineati e coperti). Ma soprattutto la sponda è stata assicurata da Paolo
Cento, da sempre vicino ai Disobbedienti. In altre parole è cambiato il
riferimento politico-istituzionale prevalente del movimento disobbediente, dal
Prc ai Verdi. Un caso?
Questo fatto dovrebbe indurre, approfittando del dibattito
congressuale, a riflettere sulla politica dei Giovani Comunisti in questi anni.
L’appiattimento sulla posizione delle ex Tute bianche, peraltro estranea a
un’impostazione anche soltanto classista, ha di fatto consegnato la nostra
organizzazione giovanile all’egemonia dell’area politica che viene
dall’esperienza dell’autonomia operaia. Il risultato è che oggi le
contraddizioni tra Prc e Disobbedienti rischiano di regalare centinaia di nostri
giovani militanti proprio ai Casarin e ai Caruso, militanti che rischiano di
essere impiegati contro Rifondazione in operazioni politiche non “più di
sinistra”, ma tutte interne anch’esse alla logica del bipolarismo.
Tutto ciò avviene nel quadro di un deteriorarsi più
generale dei rapporti col movimento che trae origine (in alcuni casi pretesto)
proprio dalla scelta di governo. Nel giro di due anni siamo passati
dall’affermazione secondo cui dovevamo essere a priori d’accordo col
movimento (e chi non lo era veniva classificato come un vecchio reperto da museo
del socialismo reale) a un atteggiamento di celestiale indifferenza rispetto al
fatto che, ad esempio, la Fiom ed Emergency, in occasione del voto parlamentare
unitario sull’Iraq, ci abbiano detto chiaramente: “Questa non è la
posizione del movimento pacifista!”
Ciò equivale a un “tradimento” del V Congresso?
Neanche per idea. Esattamente come oggi Bertinotti ci dice che il cuore della
discussione congressuale in corso non è la questione del governo, due anni fa
ci diceva che il centro del dibattito erano i movimenti e non il rapporto col
centrosinistra. Purtroppo i fatti hanno dimostrato il contrario!