LA VERA LEZIONE DELLE PRIMARIE IN PUGLIA
di Marco Ferrando
La vittoria di Vendola nelle primarie pugliesi è e
sarà ampiamente utilizzata dal segretario del partito e nei congressi come
riprova della “giustezza della linea” e del suo carattere vincente.
L’ampia eco mediatica del caso, le difficoltà dei Ds, le strumentalizzazioni
propagandistiche della destra (“
E’ dunque opportuno analizzare la realtà
dell’accaduto e soprattutto definire i caratteri di una risposta.
Le primarie pugliesi sono parte di un’operazione
nazionale Prodi-Bertinotti già da tempo in corso. E’ un’operazione di
tandem e di reciproca sponda. Prodi cerca nelle primarie un’investitura
plebiscitaria e presidenzialista che gli consenta di acquisire un potere
incontrastato nel campo liberale della GAD sormontando la propria minorità sia
all’interno de
Cosa significa tutto questo in termini di classe? Che
il principale riferimento del grande capitale in Italia (Romano Prodi) si
appoggia… sul segretario del Partito della Rifondazione Comunista per
conquistare un controllo presidenziale sul possibile futuro governo della GAD,
ponendolo al riparo da imboscate (vedi il ’98) e assicurandogli così una
maggiore forza dirompente contro i lavoratori. E che il segretario del Partito
della Rifondazione Comunista scambia la propria subordinazione al grande
capitale e al disegno presidenzialista di Prodi con l’ottenimento della guida
virtuale di una nuova socialdemocrazia italiana quale strumento di controllo del
movimento operaio e dei conflitti sociali.
Ecco dunque la mistificazione della propaganda
interna: si spaccia per avanzata del PRc e della sinistra alternativa la
sanzione della sua progressiva integrazione nel centrosinistra e della sua
subordinazione a Prodi, alla borghesia e alle leggi del bipolarismo.
DOMANDA DI SINISTRA E IMPERMEABILITA’ DEL CENTRO
LIBERALE
Si dice che la vittoria di Vendola mette a nudo le
contraddizioni del centrosinistra e indica la possibilità di spostare a
sinistra il baricentro della coalizione. In realtà si confondono
strumentalmente due cose diverse.
Certo, Vendola ha capitalizzato le contraddizioni
interne ai Ds e l’evoluzione liberale del dalemismo (non se ne dispiaccia
Falcemartello) capitalizzando il consenso di larga parte della sinistra Ds, il
sostegno della Cgil e più in generale una domanda confusa ma reale di “vera
sinistra” che sale da ampi settori di base del popolo della sinistra in
contrapposizione al centro liberale della GAD, ai suoi stati maggiori, ai suoi
candidati. Qui sta indubbiamente la “valenza progressiva”, se così si può
dire, dell’affermazione di Vendola: la registrazione di una domanda di alterità
e di alternativa al liberalismo ulivista.
Ma cosa ha a che vedere tutto questo con la presunta
permeabilità del centro liberale a questa domanda? Tutti gli indicatori, prima
e dopo l’affermazione di Vendola, dicono l’opposto e non solo sul piano
locale: Rutelli inneggia alla morte dell’uguaglianza, Fassino rivendica le
guerre umanitarie e la propria disponibilità a rifarle all’occorrenza, D’Alema
loda il sistema maggioritario e si propone di rafforzarlo, Letta difende la
legge 30. Quanto a Prodi dopo aver rivendicato “una nuova ventata di mercato e
concorrenza”, assicura la futura “obbedienza” di Bertinotti al proprio
programma. Naturalmente in cambio della visibilità delle primarie.
Il giornale liberale Il Riformista titola:
“Meglio Vendola della patrimoniale”. In cui spiega con proverbiale cinismo
che proprio il regalo mediatico ed elettorale a Bertinotti può consentire ai
liberali della GAD di pretendere una subordinazione ancor più vincolante del
Prc ai contenuti del programma liberale, con la rinuncia definitiva alle sue
vecchie parole d’ordine.
La verità è che il capitale finanziario e i suoi
portavoce non basano il proprio programma sulla sensibilità e domanda sociale
delle masse, magari in virtù dei segnali delle primarie pugliesi, ma
sull’autonomia dei propri interessi. E che ogni partita di scambio e
compromesso col Prc gravita esattamente attorno al programma (controriformatore)
del liberalismo, e non al programma (riformista) del Prc.
DOMANDA DI SINISTRA E COALIZIONE CON I LIBERALI
Ecco allora la contraddizione vera e di fondo che
proprio la vittoria di Vendola rivela: la contraddizione tra la domanda di
sinistra delle classi subalterne in contrasto con i liberali, e la perdurante
volontà delle direzioni della sinistra di coalizzarsi con i liberali
subordinandosi, inevitabilmente, ai loro programmi. E’ la contraddizione che
investe sia la politica del Prc sia l’orientamento più generale di quella
“sinistra di alternativa” che attraverso le sue leadership politiche e
intellettuali si autodefinisce “più prodiana dei prodiani” (vedi Asor Rosa
all’assemblea nazionale convocata da Il Manifesto a Roma il 15
gennaio).
E’ una contraddizione clamorosa.
Chi è accorso a votare Vendola ha espresso, a suo
modo, un rifiuto di candidati tecnocratici e liberali, dei loro programmi di
austerità e rigore, persino del loro profilo elitario. I vertici del Prc e
della sinistra sociale e politica italiana si subordinano invece in tutta
Italia, nel nome della GAD, proprio a quei candidati liberali che in Puglia sono
stati respinti: da Burlando all’industriale Sarfatti; da Mercedes Bresso
all’industriale Cardini a Loiero ecc. E allo stesso Vendola si raccomanda come
contropartita dell’inattesa vittoria un profilo moderato, rassicurante,
compromissorio, compatibile insomma con la subordinazione alla borghesia
pugliese e ai suoi potentati.
Del resto le bugie della propaganda hanno le gambe
corte. Se la vittoria di Vendola esprime “il trionfo dell’alternativa”,
come recita la propaganda di Liberazione, cosa dire per le altre tredici
regioni? Che il Prc ha scelto la subordinazione all’alternanza come (solo)
Progetto Comunista ha denunciato?
Ma soprattutto la segreteria nazionale del Prc
utilizza le primarie pugliesi e la vittoria di Vendola per consolidare la
prospettiva di governo con Prodi, Rutelli, D’Alema: con quegli stati maggiori
del liberalismo contro cui si sono di fatto pronunciati, indirettamente, gli
elettori pugliesi del popolo di sinistra. Così una domanda di svolta viene
piegata in direzione contraria, ed anzi viene utilizzata per accelerare la
marcia nella direzione contraria. Accade in piccolo quello che tante volte è
avvenuto, su basi ben più ampie, nella storia del movimento operaio: la
pressione di massa contro la borghesia viene usata come leva negoziale di un
accordo con la borghesia contro le masse. E’ stato questo per tanto tempo il
riflesso condizionato della socialdemocrazia e dello stalinismo. Oggi viene
riesumato dalla “Rifondazione Comunista” di Bertinotti, naturalmente come
sempre… nel nome del nuovo. E per di più in un momento storico di crisi in
cui la borghesia può concedere alle masse non “riforme”, ma solo nuovi
sacrifici.
VOTO PUGLIESE E POLO AUTONOMO DI CLASSE
I comunisti debbono ricavare dall’esperienza
pugliese un’indicazione esattamente opposta alla linea di Bertinotti e dei
gruppi dirigenti della sinistra italiana. Quella di sfidare la sinistra sociale
e politica a raccogliere sino in fondo la domanda di svolta dei lavoratori e
delle classi subalterne: rompendo con il centro liberale e assumendosi
un’autonoma responsabilità di massa sul terreno dell’alternativa; avanzando
un proprio programma indipendente, una propria iniziativa di massa sul terreno
dell’opposizione radicale a Berlusconi, una propria prospettiva indipendente
di alternativa di classe al berlusconismo.
Questo è l’approccio giusto, a me pare, nello
stesso dibattito interno al partito. Sarebbe un’errore contrapporsi alla
mistificazione propagandistica e trionfalistica di Bertinotti dicendo che “in
Puglia non è successo niente” o con la semplice critica generale del sistema
delle primarie (che pure è importante). Non solo perché così si negherebbe
l’evidenza di un fatto politico reale e il suo vero significato, ma perché si
lascerebbe a Bertinotti il rapporto di monopolio con il diffuso sentimento di
soddisfazione che si respira nel partito per il successo di un proprio candidato
contro il candidato liberale.
L’approccio va esattamente capovolto: rapportandosi a quel sentimento diffuso e alla sua valenza di sinistra per contrapporlo alla politica di coalizione con i liberali e per dargli una traduzione politica coerente: quella del polo autonomo di classe, che solo Progetto Comunista sostiene nel Prc e nel movimento operaio.