IV
mozione (Malabarba)
Al
governo nel capitalismo: ma restando
in anticamera
di
Ruggero Mantovani
Anche
per il IV documento congressuale denominato “Un’altra Rifondazione è
possibile”, “l’accordo programmatico di governo” rappresenta,
indubbiamente, la proposta centrale del nostro VI congresso.
Accomuna
i sostenitori del testo, si afferma, “una diversa proposta nel rapporto col
centrosinistra”, poiché quest’ultimo, per quanto non può essere accumulato
al centrodestra, per diversità di storia, cultura e radicamento sociale “si
presenta all’interno dello stesso schieramento capitalistico”.
Si
ritiene, in definitiva, che la globalizzazione capitalistica e le sue politiche
liberiste, avrebbero “quasi cancellato [ma un residuo di speranza per il IV
documento come vedremo rimane, n.d.a.], gli spazi di mediazione e di
compromesso”.
Di più,
si afferma: ”se Bush propone la guerra preventiva, il centrosinistra ha
inaugurato la guerra umanitaria”.
A
questo punto il lettore potrebbe obbiettivamente convincersi che il IV documento
ponga la rottura con la cosiddetta sinistra liberale (maggioranza Ds) e col
centro tradizionale borghese (Margherita, Sdi e Udeur) e nel nome della
“resistenza dei movimenti”, di un “altro mondo possibile” e della
“sinistra d’alternativa”, avanzi la costruzione di un polo autonomo e di
classe alternativo ai poli dell’alternanza borghese.
Nulla
di tutto questo!
L’unità
col centrosinistra, si obietta in particolare a Bertinotti, che sarebbe
richiesta “dai lavoratori”, sempre a detta del IV documento, si
consoliderebbe “dalle istanze del movimento".
Ed
essendo “la questione del governo un passaggio da valutare di volta in volta
in funzione dell’analisi della fase”, il IV documento ammonisce: prima i
programmi e poi l’entrata nella Gad e nell’eventuale governo Prodi bis.
E’
forte di chissà quale grande novità per la storia del nostro partito, per
istaurare un rapporto ottimale col centrosinistra, il IV documento avanza di
“verificare e promuovere differenti gradazioni capaci di rimuovere il quadro
politico insieme alle forze di movimento e della sinistra alternativa”.
E se
almeno per adesso “un altro Prodi non è possibile”, è viceversa
“possibile” un accordo “politico-elettorale”, condizionato più o meno
ai taumaturgici paletti programmatici avanzati anche dal documento Essere
Comunisti.
Questo
pamphlet del tatticismo politico (alla faccia dell’autonomia dei
movimenti!), per il IV documento permetterebbe di non essere coinvolti in
responsabilità di governo, mantenere intatta la “nostra autonomia” e al
contempo renderebbe “immediatamente comprensibile l’eventuale necessità di
far nascere il governo”, giudicando per il futuro "di volta in
volta" i provvedimenti presi. E se neppure “questi impegni irrinunciabili
trovassero il consenso del centrosinistra”, il lettore a questo punto,
smarrito, non si deve perdere d’animo, poiché si propone comunque un
accordo-tecnico, nelle forme rese “possibili dalla legge attuale” -e non
dalla nostra autonomia di classe.
L’impostazione
“critica” del IV documento congressuale nei confronti della linea del
segretario del Prc, in definitiva, riflette tutte le contraddizioni e le
ambiguità, di metodo e di merito, maturate in questi anni da Erre nei rapporti
con il bertinottismo.
Bertinotti
è stato presentato da questa tendenza come il veicolo, sia pure empirico, di un
processo di radicalizzazione progressiva a sinistra di Rifondazione.
Qui
sta tutto il concentrato della subordinazione politica del IV documento al
bertinottismo, che emerge platealmente persino nelle pieghe di un’apparente
criticità alla prospettiva avanzata dal segretario.
Tutta
l’argomentazione proposta mancante
di una base di principio di classe: ignora che il centrosinistra è il braccio
politico degli interessi borghesi; dichiara di non avere “pregiudiziali”
verso un governo comprensivo degli interessi del capitalismo italiano; non pone
la rottura, come unica alternativa di una politica di classe con il centro
liberale.
Insomma,
si avanza oggi un rafforzamento del movimento, speculare, domani, al
“confronto con il centrosinistra”, proponendo, in definitiva, un
movimentismo incapace di prospettare un’alternativa di classe al compromesso
riformista avanzato con le 15 tesi di Bertinotti.
Al
contrario, tutte le istanze che sono emerse con la nascita dei
movimenti nel periodo 2001-2004, dimostrano la loro inconciliabilità con
gli interessi delle forze del capitalismo italiano e con la sua rappresentanza
politica.
Una
verità elementare che pone sia la necessità della rottura con il centro
liberale e sia un’alternativa di
classe e anticapitalista.
Non si
tratta di avanzare come fa il documento di Erre - Sinistra Critica un programma
più radicale o più antiliberista, che richieda alla borghesia liberale “i
rinnovi contrattuali, la lotta contro la legge 30, un dibattito corretto sul
salario” o la “realizzazione transitoria di nazionalizzazioni di alcuni
gangli produttivi”, o forme “innovate di scala mobile” per il recupero di
potere di acquisto di salari e pensioni.
Si
tratta di proporre un programma di rottura con il centro liberale borghese,
capace di cancellare le controriforme imposte dal padronato.
Si
tratta in definitiva di combinare la cancellazione della controriforma sulle
pensioni di Berlusconi con la cancellazione della controriforma Dini voluta
dall’Ulivo. Di combinare la cancellazione della legge 30 con l’abolizione
del "pacchetto Treu" imposto dal Governo Prodi. Di cancellare la legge
Bossi-Fini sull’immigrazione, includendo l’eliminazione dei campi di
detenzione voluti dal centrosinistra. Di produrre aumenti salariali, delle
pensioni e un vero salario garantito ai disoccupati, senza contropartita in
flessibilità. Di avanzare una forte espansione della spesa sociale, sanitaria e
dell’istruzione pubblica, finanziata con misure di tassazione progressiva dei
grandi patrimoni, rendite e profitti. Di nazionalizzare le imprese in crisi,
senza indennizzo ai padroni e sotto il controllo dei lavoratori.
Un
programma di alternativa che dimostra, ancora una volta, che l’antiliberismo
avanzato dal IV documento -in assenza dell’anticapitalismo- finisce per
riproporre con l’antica illusione riformista nuovi ambiti di compromesso di
classe con la borghesia liberale.
Un
nuovo compromesso che cancellerebbe il Prc quale rappresentanza sociale e
politica delle istanze popolari e dei movimenti sociali, che in questi anni
hanno rialzato testa.