II mozione (Grassi)

Al governo nel capitalismo: ma battendo i pugni sul tavolo

 

 

 

di Ruggero Mantovani

 

 

Il problema del governo “è obbiettivamente il tema all’ordine del giorno” del VI congresso del Prc.

Un’affermazione assolutamente onesta quella contenuta nella premessa del II documento congressuale, ma che, al contempo, rappresenta una straordinaria chiave interpretativa della reale proposta politica in esso contenuta.

L’apparente critica al documento di Fausto Bertinotti, che è possibile cogliere  nell’articolazione complessiva del documento Essere Comunisti, al di là della recitazione simbolica dell’identità e della memoria del movimento operaio e comunista, sul terreno  politico e programmatico avanza, in definitiva, l’antico compromesso, seppur "progressivo", con la borghesia liberale. 

Certo, per la II mozione l’entrata di Rifondazione in un futuro governo Prodi bis sarebbe  possibile “solo a precise condizioni”, per evitare di “firmare cambiali in bianco” al centrosinistra. 

Ma volendo discernere l’essenziale dall’accidente (suggerirebbe Rosa Luxemburg), è evidente che le decantate virtù dei cosiddetti “paletti programmatici” rappresentano la cornice formale entro cui il nostro partito, a detta della II mozione, potrebbe finalmente svolgere la sua funzione: “fornire un contributo indispensabile a qualificare in senso progressivo la piattaforma programmatica del futuro governo”.

Una proposta non certamente nuova che rende evidente il recupero della "via italiana al socialismo", della via graduale: accettare e promuovere alleanze con la cosiddetta borghesia democratica o progressista è, in definitiva, l’imperativo politico della rifondazione neo togliattiana proposta da Essere Comunisti.

Viene avanzata una concezione idealistica del quadro politico: una sinistra “moderata” (maggioranza Ds), che in questi anni sarebbe stata “influenzata” dall’ideologia neoliberista e una sinistra radicale o di alternativa, basata su tutte quelle forze che si sono mobilitate contro la guerra e il neoliberismo, con cui occorrerebbe, sempre a detta della mozione Essere Comunisti, “l’unità d’azione politica e programmatica”, la cui funzione sarebbe “controbilanciare gli orientamenti moderati della parte maggioritaria  del centrosinistra” (dall’Udeur alla maggioranza Ds).

Ciò che si propone, al fondo, è la costruzione di una sinistra radicale, e in essa di una Rifondazione Comunista, collocata stabilmente quale costola a sinistra delle forze di rappresentanza della borghesia liberale.

Tutta l’argomentazione proposta dalla II mozione congressuale risulta mancante di una base di principio: ignora il carattere di classe del centro liberale come rappresentazione della grande borghesia; dichiara apertamente la compatibilità del Prc con un governo comprensivo degli interessi del capitalismo italiano; non pone la rottura con quel centro liberale come asse centrale di una politica di classe.

Sia detto di passata, le dinamiche emerse dalla crisi capitalistica in particolare in Italia negli anni Novanta, ribaltano tutta l’argomentazione avanzata da Essere Comunisti.

La vicenda italiana è stata segnata proprio dall’incontro tra il centrosinistra e la grande borghesia, che, ricordiamo, solo dopo l’esito del voto alle politiche del 2001 ha scelto di investire  sul centrodestra.

Per i gruppi dominanti, l’aggancio alla socialdemocrazia pidiessina è risultato indispensabile non solo per superare nella contingenza le contestazioni operaie del 1992 contro il governo Amato e stabilizzare il quadro politico dopo la caduta del Governo Berlusconi nel 1994. Ma al contempo per disporre di un personale politico che potesse gestire complessivamente le politiche controriformatrici sul terreno nazionale ed internazionale; capace d’investire i legami di massa del Pds ed organizzare un sistema di consenso e sostegno sociale.

E proprio l’abbraccio negli anni Novanta tra grande capitale e il centrosinistra ha eroso e demotivato la base operaia, passivizzando il conflitto, permettendo al capitalismo italiano un reale processo d’integrazione nel polo imperialistico europeo.

Un fenomeno che nel suo complesso ha inciso profondamente sulla stessa evoluzione liberale dell’apparto Pds-Ds, che lungi da poter essere qualificato come una forza classicamente “moderata”, è divenuto gestore diretto degli interessi dell’imperialismo italiano.

Tutto il contenuto politico-programmatico avanzato dal documento Essere Comunisti, nonostante le denuncie sulla gestione e sul metodo imposto da Bertinotti, fa emergere la subalternità della rifondazione al programma della borghesia liberale.

Si chiede a Prodi, paladino del rigore europeista, “un’Europa democratica e pacifista”: ma nell’attuale quadro capitalistico.

Si chiede a Prodi: l’abolizione della legge 30; della Bossi-Fini; della riforma delle pensioni e della legge Moratti sulla scuola; nella consapevolezza che la borghesia seppur disposta ad elargire qualche correttivo, per incassare la pace sociale, contrasterebbe con tutte le sue forze la rivendicazione di un programma di classe: abolizione del "pacchetto Treu", della legge Dini sulle pensioni, dei campi di detenzione per gli immigrati, attacco alle grandi rendite e ai profitti.

I “paletti” oggi rivendicati dal documento Essere Comunisti non reggono alle contraddizioni di una posizione che non esclude, ma rilancia, un compromesso forte con il centro liberale borghese, testimoniata anche soggettivamente dalle responsabilità assunte in questa direzione da suoi autorevoli esponenti.

Si domanda: come si concilia la richiesta “di introdurre misure efficaci al fine di smantellare la controriforma istituzionale (devolution e presidenzialismo) e per difendere la Costituzione ”, con il voto favorevole della bozza Amato sulle riforme istituzionali, siglata nella commissione paritetica per la costruzione del programma col centrosinistra, primo firmatario Claudio Grassi?.

Un documento di riforma che rivendica esplicitamente di completare e migliorare  la riforma già realizzata del titolo V della Costituzione, il cui contenuto da un lato è un federalismo pro devolution, e dall’altro punta ad adeguare la forma di governo al cosiddetto premierato inglese, strumento ben collaudato per stabilizzare i governi borghesi.

La “prospettiva del superamento del capitalismo”, decantata nel documento Essere Comunisti (sostitutivo dell’abusato “socialismo o barbarie” del V congresso), si scioglie come neve al sole: la prospettiva comunista diviene, più modestamente, “una porta aperta”, in un futuro indefinibile “al sol dell’avvenire”, ma domani nel prossimo governo Prodi bis.

Una prospettiva che spazza via, al di là dei richiami identitari sulla necessità della “battaglia contro il revisionismo”, il programma fondamentale del marxismo rivoluzionario e lo stesso Lenin che, in un epistolario immaginario, risponderebbe al documento Essere Comunisti: “alla coalizione aperta mascherata, tra borghesia e socialdemocrazia i comunisti oppongono il fronte unico di tutti gli operai contro il potere della borghesia. Questi governi sono soltanto un inganno raffinato nei confronti delle masse”.