VI CONGRESSO PRC: INTERVENTI NELLA TRIBUNA; ALCUNE PRIME INFORMAZIONI SULL'ANDAMENTO DEI CONGRESSI
Potete leggere qui sotto i più recenti interventi pubblicati nella tribuna congressuale di Liberazione a sostegno della mozione 3 ("Per un progetto comunista").
O
alternativa coi lavoratori o alternanza con Prodi-Montezemolo
L’entrata
nella GAD e la prospettiva di un accordo programmatico con ministri in un
futuro governo Prodi sarebbe per il PRC l’accettazione di un orizzonte di
riforma in senso antiliberista della società capitalistica, come unica
possibile scelta “realistica” per l’oggi. Il secondo ed il quarto
documento pur contrapponendosi “criticamente” alle tesi del segretario, mi
sembra si pongano con diverse sfaccettature sulla stessa prospettiva, sempre
nel nome di un sano realismo.
Immaginare
una soluzione riformistica complessiva, che sia ad un tempo compatibile col
capitalismo e di carattere progressivo, significa nelle condizioni di oggi
perseguire un’utopia. Le esperienze concrete dei governi Prodi I, Jospin, e
oggi Lula hanno dimostrato che quel programma di riforme possibili si è
capovolto in una politica controriformatrice e in una pesante
corresponsabilizzazione dei comunisti alle politiche liberiste del capitale.
L'impostazione
programmatica dell'intervento di classe va allora esattamente rovesciata. Il
PRC non può assumere come proprio orizzonte i cosiddetti obiettivi
"tangibili e possibili", deve invece costruire la propria politica
nella consapevolezza che nessun obiettivo di progresso sociale può essere
raggiunto e consolidato senza mettere in discussione i rapporti di proprietà
e di potere.
Ciò
non significa rinunciare alle rivendicazioni immediate ed elementari, si
tratta piuttosto di spiegare, sulla base dell'esperienza pratica dei
lavoratori e dei movimenti, che ogni riforma, ogni eventuale conquista
parziale, ogni eventuale difesa di vecchie conquiste può realizzarsi solo
come sottoprodotto di uno scontro generale con la società capitalistica, le
sue leggi di proprietà, i suoi governi di centrodestra o di centrosinistra. E
che solo la rottura dei rapporti capitalistici, solo un governo dei lavoratori
e delle lavoratrici basato sulla loro forza organizzata, può dischiudere una
reale alternativa di società.
E'
necessario individuare su ogni terreno un sistema di rivendicazioni e proposte
(un programma transitorio) che da un lato si raccordi alla specifica
concretezza dello scontro di classe e sul quale possano mobilitarsi i
lavoratori; e dall'altro prefiguri la necessità di uno sbocco
anticapitalistico complessivo, fuori da ogni illusione riformistica. Che è
cosa ben diversa da “paletti” da conficcare in un programma ulivista (come
propongono L’Ernesto ed Erre).
Si
deve proporre al movimento operaio e a tutti i movimenti di lotta, di
mobilitarsi intorno ad una piattaforma che contempli cancellazione delle
controriforme del governo Berlusconi insieme a quelle varate dai precedenti
governi di centrosinistra, che richieda una forte dislocazione di risorse sul
versante della spesa sociale a fronte della compressione dei salari e dei
servizi, l’aumento di salari e pensioni, la garanzia di un vero salario
sociale ai disoccupati, il rifinanziamento dei servizi pubblici in primo luogo
scuola e sanità, attraverso la tassazione dei profitti e delle rendite, il
taglio degli aiuti pubblici alle imprese, a scuola e sanità private. Allo
stesso modo è centrale porre la questione della proprietà privata con la
rivendicazione della nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo
operaio e popolare dei servizi privatizzati, delle aziende che licenziano e/o
delocalizzano, che inquinano o che producono armi (per una loro
riconversione), che speculano e truffano i consumatori.
Un
programma per l’alternativa o è anticapitalistico o non è, e deve quindi
essere incompatibile con qualsiasi compromesso di governo con la borghesia e
con il suo blocco sociale di riferimento. Può rappresentare lo strumento di
unificazione per costruire un fronte anticapitalistico del movimento operaio e
di tutti i movimenti, in piena autonomia dalla borghesia, capace di liberare
il potenziale di lotta manifestato in questi anni per cacciare oggi il governo
Berlusconi e per costruire all’opposizione di qualsiasi governo borghese,
una vera alternativa di società e di potere.
Maria
Pia Gigli
(Comitato
Politico Nazionale)
Altro
che “paletti programmatici”: il centrosinistra rappresenta il programma di
un’altra classe
Oggetto
vero del nostro dibattito è senza dubbio la questione del governo e delle
alleanze.
Interventi
precedenti in questa tribuna hanno evidenziato le ragioni che, a partire da un
bilancio critico, dovrebbero condurre il partito ad una scelta diametralmente
opposta a quella della collaborazione col centrosinistra, che conduca
piuttosto a una ricollocazione forte centrata sull’opposizione di classe
anticapitalistica in Italia e in Europa. Se qualcuno, tuttavia, considera il
bilancio cosa vecchia, perché il mondo sarebbe cambiato e i movimenti
avrebbero "pervaso" il centrosinistra modificandolo, allora bisogna
proprio guardare nell’attualità per scovare che tutto ciò non è vero.
Prendiamo
il caso della regione Sardegna e del suo Presidente, il signor Soru. Uomo tra
i più ricchi in Europa, ha incarnato nella sua persona la migliore
interpretazione dello sfruttamento regalatogli dalla Legge 30, e il miglior
servizio antisindacale degli ultimi tempi nella organizzazione dei suoi Call
Center. Non a caso proprio in questi giorni la Cgil ha dichiarato lo stato di
agitazione a Tiscali con minaccia di sciopero per l’impossibilità di
avviare un dialogo con Soru sulla "umanizzazione" dei turni di
lavoro. Soru ha deciso, guarda caso, di entrare in politica all’indomani
della perdita di più del 40% del suo pacchetto azionario. Soru fu eletto col
sostegno di tutto il centrosinistra, del sindacalismo confederale, di settori
di movimento e anche del Prc (che lo salutò come "candidato di
svolta") sotto il vessillo della "sconfitta del centrodestra".
Adesso, a pochi mesi dalla sua vittoria, il peso della rappresentanza di
classe del signor Tiscali e dei partiti del centrosinistra si fa molto
evidente. Scrivo questo contributo all’indomani del voto contrario al
rifinanziamento del Piano straordinario per il Lavoro, Legge voluta e scritta
dal Prc nel passato. Un no venuto con un voto unanime in Giunta, dove siede un
assessore, quello al lavoro, del nostro partito... Un no con un voto a
maggioranza in Consiglio regionale che ha visto l’unità di tutte le forze
del centrosinistra contro il rifinanziamento del Piano.
Avevamo
detto nel passato che avremmo fatto i conti nel futuro sulla scelta del
sostegno del capo della borghesia sarda, e ora ne abbiamo ampia dimostrazione.
A partire dal DPEF regionale, in cui sono stati previsti i maggiori tagli agli
assessorati degli ultimi dieci anni -compresi i settori più importanti di
garanzia per i più deboli. Tra l’altro con un documento in larga parte
copiato dal precedente presentato dal centrodestra: comprensivo di una
relazione finale identica. Che dire poi della vittoria ai bandi istituiti per
l’ammodernamento dei portali informatici della Regione vinti proprio da
Tiscali, con piccoli appalti, ma che conducono a grandi cifre finali?; o della
scelta di procedere al "risparmio" che conduce l’assessore alla
Sanità a chiudere i piccoli nosocomi locali in favore delle grandi strutture
e nello stesso tempo a chiamare a dirigere le Asl sarde i suoi amici venuti
dalle altre regioni?
Le
dinamiche politiche che hanno accompagnato l’attuale giunta sarda non sono
riferibili ai limiti caratteriali o a particolari attitudini personali, ma
all’insieme degli interessi di classe della borghesia sarda che ora
convergono, perché maggiormente garanti, nell’appoggio incondizionato del
centrosinistra sardo (come succede, sul piano nazionale, con Romano Prodi).
Non
si tratta dunque, a differenza di quanto sostiene l'area dell'Ernesto -i cui
dirigenti sostennero con entusiasmo l'alleanza con Soru- di una questione di
paletti programmatici. E' una questione di interessi di classe che si
rappresentano. Noi e il centrosinistra: noi dovremmo rappresentare il
proletariato, il Movimento Operaio; loro la borghesia. Per questo lo scopo di
questo congresso dovrebbe essere quello di elaborare un programma per
intervenire nelle lotte e costruire dall'opposizione ai governi
dell'alternanza i rapporti di forza per una alternativa di società, quella
vera.
Luca
Belà
Per l’alternativa anticapitalistica e rivoluzionaria
“Un’offensiva
sul fronte delle liberalizzazioni” e “una maggiore apertura del
mercato”: questo è il biglietto da visita che la Gad esibisce a Montezemolo
e alla borghesia italiana in vista della prossima legislatura. Nessun cambio
di rotta è percepibile nelle politiche dell’Ulivo e la cosa non ci
stupisce: maggioranza Ds e Margherita si confermano rappresentanti
privilegiati del grande capitale italiano, col progetto, neanche tanto velato,
di contribuire -nel quadro del rilancio di un polo imperialista europeo- alla
ripresa su larga scala delle politiche concertative.
Lo
stesso leitmotiv ritroviamo negli ambiti che più da vicino riguardano
l’intervento dei Giovani Comunisti, come la scuola: Rutelli si lancia in
sperticati elogi alla scuola privata di stampo confessionale e rivendica per
essa “maggiori finanziamenti pubblici”; Bersani (Ds) ricorda che nel
sistema dell’istruzione pubblica “il privato può e deve dare il suo
apporto”; D’Alema ci spiega che un futuro governo di centrosinistra non
metterà in discussione gli assi portanti della controriforma Moratti. Sono
parole che ci dicono con chiarezza che il centrosinistra si pone in continuità
con le politiche del passato.
Sono
stati proprio i governi di centrosinistra ad avviare i processi di
smantellamento, disarticolazione e aziendalizzazione dell’istruzione che
oggi la Moratti sta portando a compimento. Per fare un solo esempio, nel
’99, in pieno governo D’Alema, la scuola pubblica ha conosciuto uno dei
momenti più bui, con le leggi di Parità e Autonomia Scolastica che hanno
dato il via ai finanziamenti pubblici alle scuole private e all’ingerenza
delle imprese nella gestione dei programmi didattici. Non solo: a livello
locale, come nella regione Emilia Romagna e in molti comuni e province, il
centrosinistra si fa promotore di leggi che ricalcano i principi cardine della
controriforma Moratti.
Lo
stesso si può dire in relazione alla precarizzazione del lavoro, che riguarda
da vicino la vita di tanti giovani. Non solo sono stati proprio i precedenti
governi di centrosinistra, col famigerato Pacchetto Treu (votato anche dal Prc),
a introdurre il lavoro precario e interinale, ma soprattutto anche qui non è
percepibile alcun ripensamento da parte dei liberali dell’Ulivo: nessuno
parla di abolizione della Legge 30, al massimo si propone qualche
“accorgimento”.
Come
Giovani Comunisti/e impegnati/e nelle lotte studentesche e nelle mobilitazioni
che hanno visto scendere in piazza le nuove generazioni crediamo sia
necessario opporsi con nettezza alla prospettiva -devastante per le sorti
delle nostre lotte e della nostra struttura giovanile- dell’entrata in un
nuovo governo Prodi. Per questo sosterremo il 3° documento, che consideriamo
l’unico realmente alternativo alla linea di maggioranza, consapevoli del
fatto che maggioranza Ds e Margherita rappresentano la controparte delle
nostre lotte. Un nuovo governo di centrosinistra sarebbe il governo della 7°
potenza imperialista del mondo: affermare che in quell’esecutivo è
possibile entrare “ponendo qualche paletto” (come sostengono i compagni
del 2° doc) o proporre di appoggiarlo per “abrogare la riforma Moratti”
(come dicono i compagni del 4° doc) significa mistificare la realtà della
natura di classe di quello stesso governo. Per contrastare l'annunciata
dissoluzione del Prc come forza di opposizione, per impedire che i Gc e il Prc
diventino i complici degli attacchi padronali alla scuola pubblica e ai
giovani lavoratori, occorre lavorare per una reale alternativa. Che o è
rivoluzionaria e anticapitalista, o non è.
ROBERTO
CIVINELLI (coord.re GC Cesena), NICOLA IOZZO (coord.re Vibo V.), LEREC
LIVERANI (coord.re Forlì), ALESSANDRO MAZZOLINI (coord.re Cremona), WILLIAM
SANNA (coord.re Cagliari), FRANCESCA TRIVERI (coord.ce Imperia), ALBERTO
FACCINI (coord. reg. Abruzzo), NICOLA FILANNINO (coord. reg. Puglia), DAVIDE
PERSICO (coord. reg. Lazio), TIZIANO LATINI (coll. Univer. Roma), VITTORIO
SACCO (Circ. Univer. Cosenza).
Seguono
194 firme di Giovani/e Comunisti/e
Per
sottoscrivere l’appello scrivere a giovani@progettocomunista.it
Melfi: o con gli operai, o con i padroni amici di Prodi
In
un momento in cui la situazione richiede chiare scelte di classe il nostro
partito si muove in un’orizzonte governista. La grande alleanza democratica,
la deriva moderata del PRC, la costante ricerca dell’unità di governo a
tutti i costi (vedi gli accordi in tutte le regioni) rischia di lasciare il
paese privo di un’opposizione politica di classe sottraendo alla classe
operaia un riferimento certo e liquidando un patrimonio di attese che verso di
noi si è rivolto negli ultimi anni.
Nelle
lotte che abbiamo condotto in Basilicata da Scanzano a Melfi, soprattutto
durante i 21 giorni davanti ai cancelli della Fiat, il nostro partito è stato
a fianco degli operai, conquistando simpatie e aspettative che adesso non
possiamo deludere. Proprio queste lotte ci hanno convinto una volta di più
della necessità di un’opposizione comunista in Italia. La domanda che ci
poniamo è molto semplice: per quali ragioni il nostro partito dovrebbe
entrare in un governo Prodi? Per quali ragioni noi lavoratori dovremmo da un
lato lottare contro Montezemolo e poi sostenere lo stesso governo che lui
sostiene? Noi crediamo che questa alleanza col centro dell’Ulivo sia
un’alleanza innaturale tra rappresentanze del mondo del lavoro e
rappresentanze del blocco dominante.
Come
possono i comunisti da un lato sostenere l’opposizione sociale alla
Confindustria e dall’altro accordarsi con uno schieramento che è
espressione della stessa? E’ davvero paradossale invocare la costruzione di
un nuovo movimento operaio e poi stringere accordi di governo con i bersagli
diretti dei lavoratori.
Compagni,
la demagogia e l’agitazione fine a se stessa non fanno bene a un partito che
voglia dirsi comunista e che intende radicarsi nella coscienza delle grandi
masse. Entrare organicamente nel governo Prodi-Montezemolo (o sostenerlo
dall’esterno come propongono il 2° e il 4° documento), sarebbe un colpo
durissimo al movimento di massa sviluppatosi in Italia negli ultimi anni, un
movimento che ha espresso potenzialità radicali che non vanno disperse.
Torniamo
alla lotta di Melfi. Quella lotta ha dimostrato che si può vincere la
rassegnazione e la sfiducia. Che è possibile superare la tradizione degli
scioperi simbolici e frammentati che non portano risultati e affrontare invece
una mobilitazione prolungata, una vera prova di forza, capace di sconfiggere
la resistenza del padrone. Se questo è stato possibile in una fabbrica con
una classe operaia giovane e priva di esperienza dove tutti lo ritenevano
impossibile, perché non pensare ad uno sciopero generale prolungato di tutto
il mondo del lavoro, su una piattaforma unitaria di lotta, che punti davvero a
piegare il padronato e cacciare Berlusconi? Ma non si può avanzare questa
proposta di opposizione vera e di massa che rompa la concertazione se
parallelamente puntiamo a un governo con Prodi basato sulla concertazione.
Compagni,
gli orientamenti e le scelte del PRC non riguardano solo il partito ma
l’intero movimento operaio di questo paese. In concreto o si lavora per un
progetto anticapitalista che miri strategicamente a un’alternativa di potere
dei lavoratori, oppure si lavora per candidarsi a gestire la modernizzazione
capitalista del centrosinistra.
Per
questo consideriamo la Terza mozione (Per un progetto comunista) l’unica
mozione chiara e coerente.
Tonino
D’Andrea
(Segretario PRC Circolo Sata Fiat Melfi)
Biagio
Stabile (CPF
Potenza)