Tesi
di maggioranza
Un
documento senza argomenti
di
Francesco Ricci
Già
nell'avvio del dibattito congressuale abbiamo notato che alla fin fine gli
argomenti con cui vengono sostenute le tesi di maggioranza sono pochi e
ricorrenti. Ci pare utile provare a riassumerli qui schematicamente, per fornire
alcune brevissime risposte.
I
dirigenti di maggioranza dicono: Il centrosinistra è cambiato, sotto la spinta
dei movimenti. Grazie a questo nuovo quadro, Prodi ci propone una "nuova
frontiera" [così si è espresso un Bertinotti entusiasta dopo il
discorso di Prodi all'Assemblea della Gad a Milano, poche settimane fa].
Noi
rispondiamo: non c'è nessuna modifica reale del centrosinistra -se non in
peggio e fatta eccezione per il nome (ora si alterna al vecchio Ulivo l'infelice
acronimo Gad). Basta leggere le dichiarazioni quotidiane che tutti i dirigenti
del centrosinistra -senza eccezioni- rilasciano quotidianamente sulle loro
intenzioni rispetto al futuro governo. Nessun tema è lasciato inevaso: dallo
Stato sociale (da "riformare", ovviamente secondo i parametri di
Maastricht), alla flessibilità (da "regolamentare"), alle pensioni
(da "riformare con gradualità"), alla Scuola e al Lavoro (si
preannuncia l'intenzione di ripartire col lavoro dove lo ha lasciato in sospeso
Berlusconi), fino ad arrivare alla politica estera (rilancio dell'armamento
dell'Europa, piena disponibilità a "sostenere la pace in armi" negli
altri Paesi, come rivendica testualmente Romano Prodi). Per tacere del terreno
istituzionale, con D'Alema che propone una riforma elettorale che
sostanzialmente "abolisca la democrazia rappresentativa", secondo il
riassunto efficace datone da Piero Sansonetti, direttore di Libeazione.
Ciò
è peraltro in continuità non solo con le precedenti esperienze di governo che
già hanno messo alla prova le medesime forze politiche (e persino gli stessi
personaggi) ma è fin da ora testimoniato dalle politiche che il centrosinistra
rinominato pratica nelle giunte locali, quasi sempre con il sostegno -più o
meno critico- del nostro partito.
Nelle
giunte dove governa
I
dirigenti di maggioranza dicono: un conto sono le dichiarazioni giornalistiche
un altro conto sarà il programma di governo.
Noi
rispondiamo: il programma non è
semplicemente un testo che può essere "sistemato", aggiungendo
qualche aggettivo o spostando due avverbi. Un programma di governo è dettato
-nella triste realtà- dalle forze sociali, di classe, che sostengono il
governo. Il blocco che si propone un ricambio di alternanza per il
post-Berlusconi è composto dalle principali famiglie del grande capitale
italiano, dalle grandi banche, dalle concentrazioni finanziarie. Saranno loro a
dettare il programma reale, al di là dei testi. I testi, peraltro, esistono già
da tempo e sono le piattaforme programmatiche presentate da più di un anno da
Prodi e da Giuliano Amato.
I
dirigenti di maggioranza dicono: Progetto Comunista ha una visione statica della
realtà, che invece va vista non come una fotografia ma come un film. Il
prossimo governo non sarà solo la sommatoria delle forze politiche della Gad,
esso sarà influenzato dalla società, dai movimenti. Si innescherà -grazie al
lavoro del Prc- un circolo virtuoso: i movimenti influenzeranno il governo e la
capacità di incidenza nelle politiche darà nuova linfa alla crescita dei
movimenti.
Noi
rispondiamo: è una teoria già proposta anche ai tempi del primo governo Prodi.
La realtà ha dimostrato, viceversa, che l'assenza di una forza politica di
opposizione di classe alle politiche borghesi ha portato alla passivizzazione,
alla demoralizzazione, al riflusso dei movimenti (che esistevano anche in quella
fase).
Prodi
può vantare ancora oggi -come principale biglietto da visita esibito alla
borghesia- la capacità che ebbe di imporre politiche anti-popolari in un quadro
di "pace sociale", con un record negativo delle ore di sciopero.
Il
motivo vero per cui la borghesia preferisce un governo di centrosinistra (ed ha
accettato di malagrazia il governo Berlusconi, di cui ora vuole liberarsi) è
appunto perché -come spiegò bene Gianni Agnelli- può fare le stesse politiche
borghesi avvalendosi della collaborazione concertativa dei sindacati e delle
organizzazioni di massa, soffocando il conflitto sul nascere. La grande
borghesia vuole che anche il Prc sia partecipe pienamente del prossimo governo
appunto perché spera così di privare i movimenti di massa -che tanto l'hanno
spaventata in questi ultimi anni- di una potenziale direzione.
I
dirigenti di maggioranza dicono: Bisogna pur fermare Berlusconi, sconfiggere le
destre.
Noi
rispondiamo: anche questo argomento non è nuovo: fu utilizzato per sostenere la
necessità di un ingresso del Prc nella maggioranza del primo governo Prodi; e
lo impiegò anche Cossutta -contro il Prc- per dimostrare che bisognava
mantenere quel sostegno.
Berlusconi
può anche essere battuto elettoralmente nel 2006 dalla convergenza tra Prc e
Ulivo (
Sostituire
un governo Berlusconi con un nuovo governo Prodi significa soltanto sconfiggere
momentaneamente la destra (e non le politiche borghesi), dandole modo di vincere
di nuovo in seguito anche elettoralmente e con gli interessi (come è già
successo con la prima alternanza tra il Berlusconi I e il Prodi I, a cui è
succeduto un Berlusconi II).
I
dirigenti di maggioranza dicono: Progetto Comunista propone una chiusura
settaria, non si pone il problema di dialogare con la "domanda di unità"
che viene dai movimenti, dai lavoratori.
Noi
rispondiamo: in realtà solo la proposta avanzata da Progetto Comunista consente
al Prc di mantenere un rapporto con i movimenti (rapporto già oggi incrinato
proprio per la marcia forzata verso il governo) e di svilupparlo. Progetto
Comunista non propone una chiusura settaria, ma viceversa la costruzione -nel
vivo delle lotte di opposizione a tutte le politiche della borghesia e a tutti i
suoi governi- di un polo autonomo di classe, alternativo ai due poli
dell'alternanza borghese, fondato sull'indipendenza di classe del movimento
operaio e sulle ragioni sociali dei movimenti di questi anni: inconciliabili con
le politiche di Prodi e D'Alema. Propone cioè di entrare da un versante di
classe nelle contraddizioni tra larghe masse popolari e le direzioni attuali:
avanzando la richiesta della "rottura col centro liberale"
(maggioranza Ds, Margherita) a tutte le forze socialdemocratiche che si
richiamano alla stagione dei movimenti. Si tratta della proposta di unificare le
vertenze, le lotte di lavoratori e precari e disoccupati attorno a una
piattaforma di classe che -fin dalle sue indicazioni minimali- necessariamente
è incompatibile con la piattaforma di classe dei liberali. E' una proposta che
può essere rivolta da subito ad un'area potenziale di 11 milioni -quegli 11
milioni che hanno sostenuto l'estensione dell'art. 18 (mentre i liberali con cui
dovremmo ora andare al governo stavano tutti -non casualmente- dall'altra parte
della barricata di classe). E allora cosa ci separa dai lavoratori: la
partecipazione alle lotte o l'ingresso in un governo nemico di quelle lotte?