VI
congresso Prc, cinque documenti
Solo
Progetto Comunista per l'opposizione di classe,
per
un governo dei lavoratori
di
Francesco Ricci
Conciliare
l'inconciliabile
L'orizzonte
politico della mozione di maggioranza al prossimo congresso è riassunto
efficacemente in alcune frasi di un editoriale di Rina Gagliardi su Liberazione
("Prodi è più forte e ha un disegno", 22/12/04) laddove spiega che
centrosinistra e Prc nella Gad guidata da Prodi possono costruire un
"compromesso sociale e politico" tra gli interessi dei lavoratori e
quelli della "borghesia 'perbene' che riesca davvero a conciliare interessi
sociali e di classe divergenti."
Alla
fin fine, le Quindici tesi di Bertinotti si trovano riassunte in questa (triste)
frase. In questo presunto progetto ("presunto" perché non sappiamo se
qualcuno vi ripone realmente fiducia) in cui la "alternativa di società"
è declassata dall'originario progetto marxiano, rivoluzionario, della
"espropriazione degli espropriatori" alla ricerca di una conciliazione
tra espropriatori ed espropriati.
Come
se non bastasse, questa meta viene ci presentata come una
"innovazione" rispetto a chi vorrebbe attardarsi con le novecentesche
"prese del Palazzo d'Inverno". Ahinoi, nella ottocentesca Critica al
Programma di Gotha Marx scriveva che la posizione da battere era quella di chi
sosteneva "invece di opposizione politica decisa, mediazione generale [coi
liberali]; invece della lotta contro il governo e la borghesia, il tentativo di
conquistarli e di convincerli."
E
-spiace insistere su questo punto-
La
borghesia non pare spaventata da un Prc al governo
Contro
l'utopia (a inizi Ottocento ammirevole e innocente, oggi colpevole e poco
ingenua, dopo centinaia di tragici esperimenti simili) di un governo armonico al
di sopra delle classi si è costruito il movimento comunista a partire dai primi
passi che gli fece compiere Marx.
E'
possibile, allora, leggere in queste settimane che il Prc vorrebbe andare al
governo "per mettere il bastone tra le ruote delle classi dominanti"?
Sì, è possibile: lo ha scritto il compagno Alfonso Gianni. Che poi il governo
di cui sta parlando sia quello che avrà in Prodi il proprio presidente; nei
testi di Prodi e Amato il proprio programma; che quell'alternanza di governo
riceva già oggi l'incoraggiamento di tutta la grande borghesia, Montezemolo in
testa; che la stampa padronale si sia attrezzata per sostenere questo progetto
di governo, affiancando a tal fine alla Repubblica scalfariana nuove
direzioni più vicine all'Ulivo al Corriere (affidato a Mieli), al Sole
24 Ore (De Bortoli), alla Stampa (Sorgi): a tutto questo,
evidentemente, si fanno spallucce. Come se i militanti del partito non fossero
in grado di cogliere l'enormità di certe affermazioni. Mettere il bastone
tra le ruote delle classi dominanti. E, capolavoro di astuzia... farlo con
il consenso delle classi dominanti medesime.
Difatti
non si legge un solo articolo sulla grande stampa non diciamo di timore ma
nemmeno di perplessità rispetto al probabile futuro ingresso dei comunisti del
Prc al governo. Anzi: pare che la borghesia attenda impaziente il bastone di
Gianni. Le classi dominanti vogliono che il Prc vada al governo. E lo vogliono
perché sanno che il "circolo virtuoso" di cui ci parlano i dirigenti
bertinottiani, "governo leggero -movimenti forti", esiste solo sulla
carta sporca di inchiostro delle tesi del Prc, non nella realtà. Nella realtà
è un altro il circolo che si innescherà: rimozione dell'opposizione - ingresso
dei comunisti al governo - passivizzazione e riflusso delle lotte. Un circolo
per la borghesia ben più virtuoso.
L'alternativa
di società è un'altra cosa
E
non ci vengano a dire (lo ha fatto anche con argomenti presentati come
"ortodossi" il compagno Bellotti di Falcemartello: gli riconosciamo
l'ortodossia, se conviene con noi che non si sta parlando di marxismo) che
l'impossibilità per i comunisti di governare nel capitalismo è una fissazione
dogmatica di Progetto Comunista.
E'
l'intera esperienza storica -di vittorie e sconfitte- non qualche dogma
religioso che ha portato i rivoluzionari (da Marx in poi) a sostenere come
fondamenta della loro costruzione che i comunisti non possono mai andare al
governo nel capitalismo. E non possono perché il loro scopo non è
semplicemente diverso ma è proprio opposto e non conosce come
tappa intermedia una sosta in un governo liberale. Lo scopo per cui è nato il
movimento comunista è quello di andare al governo, al potere: ma in un governo degli
operai per gli operai. E siccome per fare questo non è sufficiente una
"presa del palazzo" (che pure rimane un passaggio ineludibile, nel '
Non
è una astratta teorizzazione di Progetto Comunista: è l'unico senso che ha e
può avere (ma restiamo in attesa di smentite) il definirsi rivoluzionari oggi,
il parlare di "alternativa di società", di "socialismo o
barbarie" -come pure fa, paradossalmente, la mozione di Bertinotti. Essere
comunisti, insomma, ma nel senso opposto a quello inteso dalle tesi di Claudio
Grassi: essere comunisti non per cercare di introdurre dei "paletti"
nel programma dei banchieri. Essere comunisti perché pensiamo che il
capitalismo non è riformabile, non può essere governato meglio. Bisogna
costruire i rapporti di forza per distruggerlo. Altro che bastoni e paletti!
Le
mozioni "critiche": stessa minestra con più sale
Tra
le mozioni del VI congresso, solo la terza, quella di Progetto Comunista,
presenta una prospettiva di alternativa di società che non fa torto né alla
storia né al vocabolario.
La
mozione dell'Ernesto -che si esibisce in abiti più radicali, più partitisti,
più internazionalisti di quella di Bertinotti- in realtà, dopo aver avanzato
la assurda ipotesi di intavolare una discussione su "punti
programmatici" con Prodi per dettare le condizioni di classe al governo
della classe avversaria... finisce col proporre, in ogni caso, un sostegno
esterno al Prodi-bis, e quindi alle sue politiche anti-operaie.
La
mozione di Erre (ex Bandiera Rossa) dopo aver denunciato l'impossibilità di un
"programma comune" col centrosinistra (anche se solo per il
momento, in assenza -ci spiega Malabarba- "di un movimento
straordinario" in grado di... imporsi ai liberali) propone di tentare
"un accordo politico" su singoli punti (sostanzialmente contro le
leggi berlusconiane, che
Entrambe
le mozioni -che giustamente si definiscono "critiche" di quella di
maggioranza- non propongono dunque nulla di fondamentalmente diverso da quanto
propone Bertinotti, in relazione alla questione del governo. Scodellano la
stessa minestra, con solo un po' di sale in più.
Il
punto vero, infatti, non è se partecipare al governo dei banchieri con propri
ministri, o sostenerlo da fuori, o stare nella maggioranza, o ancora limitarsi a
un sostegno "critico". Il punto vero è costruire e rilanciare una
opposizione di classe a quel governo delle grandi famiglie del capitalismo
italiano che, probabilmente, sostituirà il governo Berlusconi. Questo è il
problema che non può essere aggirato con mezze proposte o tre quarti di critica
ma a cui bisogna rispondere -come cerca di fare Progetto Comunista- con una
proposta realmente alternativa alla mozione bertinottiana.
Questo
dossier
Nello
scorso numero abbiamo analizzato il percorso e le posizioni generali delle due
aree critiche fuoriuscite dalla maggioranza nelle ultime settimane (L'Ernesto ed
Erre). In queste pagine potete leggere tre brevi note di lettura delle varie
mozioni congressuali (con l'eccezione di quella di Falcemartello, a cui abbiamo
già dedicato qualche articolo, e che in ogni caso appare irrilevante in termini
congressuali e anche politici).
Sul
nostro sito (www.progettocomunista.it)
sono disponibili altri materiali relativi al congresso.