PER UNA PALESTINA LIBERA, LAICA E SOCIALISTA

Dichiarazione dell'Amr Proposta (novembre 2000)

 

Nessun compromesso con lo Stato sionista

L’eroica rivolta del popolo palesti­nese contro la brutale oppressione dello Stato sionista deve trovare il più ampio e incondizionato sostegno del movimento operaio e popolare di tutto il mondo. La nuova Intifada rappresenta il fallimento delle sedicenti soluzioni di “com­promesso” come quelle previste dagli accordi di Oslo. Questi ipotizzavano infatti non la soddisfazione della storica volontà del popolo arabo di Palestina di conquistare una propria patria indipendente, ma la costruzione di un “bantustan” sotto tutela sionista sul 15% (ipotesi originale) o il 20% al massimo (ultima ipotesi) della Palestina storica.

Ma se le proposte dei Rabin, Peres, Barak – sponsorizzate dall’impe­rialismo americano – sono state e sono una vergognosa presa in giro delle aspirazioni del popolo arabo palestinese, non può nemmeno essere una prospettiva accettabile l’ipotesi, fatta ormai propria da Arafat, di un mini-Stato palestinese sulla base dei confini del 1967. Tale ipotesi e la politica di compromesso con l’imperialismo e il sionismo di Arafat hanno provocato all’epoca degli accordi, successivamente ad essi ed oggi la critica esplicita o di fatto di larga parte se non della maggioranza della popolazione palestinese ed in particolare delle masse attive nella lotta di strada contro le forze di occupazione sionista. Questa critica è perfettamente giustificata: un mini-Stato nei confini del 1967, senza continuità territoriale tra Gaza e la Cisgiordania, su un meno di un quarto del territorio della Palestina storica, se può soddisfare gli appetiti della minuscola borghesia palestinese e del corrotto apparato statale in costruzione nei “territori”, non può rappresentare la soddisfazione della giusta volontà del popolo palestinese all’autodeterminazione ed alla unità in una patria indipendente. Questa sistemazione lascerebbe sotto il tallone dell’oppressione israeliana il 30% (oltre un milione) dei palestinesi che vivono sul territorio della Palestina storica. Si tratta dei cosiddetti “arabi-israeliani”, cittadini di serie B in Israele, contro le cui mobilitazioni (novità importante della presente rivolta) si è esercitata la repressione omicida del colonialismo sionista in termini analoghi ai livelli criminali utilizzati contro la popolazione dei “territori”. Inoltre un “mini-Stato” renderebbe una farsa la prospettiva del rientro nella terra d’origine di almeno una parte significativa dei milioni di palestinesi della diaspora.

Per questo la lotta popolare deve continuare, come giustamente deciso dallo stesso comitato centrale dell’Intifada in contraddizione con gli appelli di Arafat, contro ogni cedimento e compromesso-bidone, per il ritiro dell’esercito israeliano e di tutti i coloni dai territori occupati nel 1967 e, al di là di questo, per una vera e compiuta liberazione nazionale con la costituzione di un vero Stato libero di Palestina. Una lotta che deve logicamente svilupparsi sul terreno dello scontro armato (non delle azioni terroristiche di alcuni settori integralisti: esse infatti non aiutano la causa palestinese); da questo punto di vista va respinta con sdegno ogni ipocrita condanna da parte di quei politici e commentatori borghesi e socialdemocratici, presenti anche in questa manifestazione, che hanno appoggiato, quando non organizzato, tra l’altro, il genocidio contro il popolo iracheno o anche di quei “pacifisti” per cui gli oppressi dovrebbero sempre “porgere l’altra guancia” e così restare schiavi.

Per poter vincere la battaglia contro il sionismo e l’imperialismo, tuttavia, la mobilitazione deve estendersi al di là dei confini palestinesi e coinvolgere l’insieme del popolo arabo. Il popolo arabo è da secoli oppresso e dominato da potenze straniere; a partire dall’inizio del novecento dagli imperialismi occidentali (Gran Bretagna, Francia e Usa ma anche Italia, si pensi alla Libia) che lo hanno mantenuto in una situazione di divisione artificiale in stati a volte basati unicamente su confini tracciati con un righello, a Londra o a Parigi, sulle carte della regione.

La spinta all’unità araba, con forza diversa, è stata sempre presente nelle lotte di massa del secolo appena finito. Essa è stata tradita e svenduta dalle direzioni “nazionaliste” borghesi, feudo-borghesi o piccolo-borghesi dei vari stati arabi. L’obbiettivo dell’unificazione dell’oriente arabo è una prospettiva che deve essere rilanciata e che può essere l’elemento decisivo per la vittoria della rivoluzione palestinese. Lo sviluppo non di una “guerra santa” dei mussulmani – come vorrebbero i fondamentalisti islamici – ma una “guerra nazionale e popolare” del popolo arabo contro il sionismo e l’imperialismo per la sua unità rivoluzionaria. E’ una prospettiva difficile. Ma forse qualche decennio fa il “piccolo popolo vietnamita” non riuscì a sconfiggere (anche con l’aiuto del movimento antibellico negli Usa e negli altri paesi imperialisti) il gigante nordamericano?

Questa prospettiva non può essere slegata da quella di una complessiva trasformazione sociale. Solo una rivoluzione socialista dell’oriente arabo e del medio oriente in generale può permettere la vittoria vera e definitiva della lotta di liberazione palestinese. Senza di essa il dominio dell’imperialismo con le sue conseguenze politiche e sociali renderà ogni indipendenza limitata politicamente e formale socialmente. Senza di essa di fronte al fallimento delle direzioni laiche borghesi e piccolo-borghesi il fondamentalismo islamico avrà buon gioco a trascinare le masse sotto la sua direzione reazionaria. Senza la prospettiva del socialismo sarà impossibile riuscire nel compito difficile ma necessario di strappare all’ideologia reazionaria del sionismo almeno una parte della classe operaia ebrea, che può e deve essere una forza d’aiuto nella lotta antimperialista. E del resto solo un Medio Oriente socialista è il quadro in cui, accanto ad una Palestina araba e socialista nell’ambito di un’unità araba socialista, potrà essere possibile riconoscere al popolo ebraico che vive in Palestina, una volta scacciati i coloni reazionari, i diritti democratici di minoranza nazionale.

Sono queste le posizioni storiche per cui lottarono negli anni trenta e quaranta i trotskisti – arabi ed ebrei – di Palestina, gli unici nella sinistra ad opporsi alla creazione dello Stato di Israele, sponsorizzata non solo dall’impe­rialismo Usa (contro quello inglese, che all’epoca sosteneva i suoi agenti delle monarchie arabe), ma anche, per i suoi stupidi giochi di potenza, dall’Urss staliniana (che fu la prima nazione a pronunciarsi all’Onu per lo Stato “ebraico” separato).

Dopo decenni in cui il sionismo ha confermato senza ombra di dubbi il suo carattere colonialista reazionario e in cui tutte le direzioni del mondo arabo hanno fallito, capitolando all’imperialismo, non ci può essere dubbio sulla prospettiva della rivoluzione socialista. E’ necessario costruire lo strumento per tale prospettiva. Questo è – accanto alla solidarietà – il compito attivo per chi vuole sostenere compiutamente la lotta delle masse palestinesi.

Occorre ricostruire l’Internazionale del proletariato, rifondando una Quarta Internazionale conseguentemente marxista rivoluzionaria. In Palestina questa prospettiva può e deve conquistare l’avanguardia dei giovani che sfidano con un eroismo esemplare gli assassini sionisti; ed anche quell’avanguardia tra la popolazione ebraica che ha il coraggio di ergersi contro il “proprio” Stato in nome della solidarietà internazionale dei proletari e degli oppressi. La via che indichiamo, insieme con i nostri compagni di tutto il mondo e del Medio Oriente in particolare, è certo difficile ma – alla luce dell’esperienza tragica ed eroica di decenni di lotte e, purtroppo, sconfitte – è l’unica realistica.

• Per la sconfitta del sionismo e dell’imperialismo;

• No ai compromessi-bidone, rivoluzione fino alla vittoria;

• Per la mobilitazione delle masse arabe contro Israele e l’imperialismo;

• Nessuna fiducia nei fallimentari regimi borghesi, feudo-borghesi o piccolo-borghesi dei paesi arabi; per il loro rovesciamento rivoluzionario;

• Per l’abbattimento dello Stato sionista d’Israele; per i pieni diritti democratici del popolo ebraico in Palestina  come minoranza nazionale, nel quadro dell’unità del Medio Oriente;

• Per una Palestina libera, laica e socialista nel quadro di una unità araba e socialista;

• Per una federazione socialista del Medio Oriente.

 

Associazione marxista rivoluzionaria Proposta